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Angelo Salinardi

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POTENZA – C’erano giornalisti amici di cui la «macchina del fango» dell’ex sindaco di Ruoti, Angelo Salinardi, si serviva per colpire i suoi avversari. E poi c’erano i cronisti del Quotidiano, contro cui l’imprenditore-politico sarebbe stato pronto a scatenare quella «macchina del fango». Perché non si prestavano alle sue macchinazioni. Come già avvenuto con l’attuale prima cittadina, Anna Maria Scalise, che lui stesso aveva candidato, e fatto eleggere, nel 2017.

C’è anche questo negli atti dell’inchiesta che martedì scorso ha portato agli arresti domiciliari per Salinardi e altre 15 persone per accuse che vanno dagli atti persecutori nei confronti di Scalise, considerata una “traditrice” per non essersi piegata ai suoi voleri e aver stretto un accordo con la minoranza in consiglio comunale, alla corruzione tra privati. Passando per la calunnia, il favoreggiamento e l’accesso abusivo al sistema informatico.

Le cattive intenzioni dell’ex primo cittadino contro il Quotidiano sono state evidenziate, in particolare, all’interno dell’informativa conclusiva delle indagini, consegnata ai pm dal referente della sezione per i reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile di Potenza, Pasquale Di Tolla. Lo stesso Di Tolla che sarebbe finito a sua volta nel mirino di Salinardi e dei suoi complici dopo una fuga di notizie sull’inchiesta in corso. Con pedinamenti, reportage fotografici, e un vero e proprio «dossieraggio» mirato a presentare un esposto nei suoi confronti, considerato calunnioso dal gip, in cui veniva accusato ingiustamente di essere animato da «spirito di vendetta» per la mancata assunzione della compagna e della sorella di lei nella polizia municipale del piccolo comune del potentino. Nonostante la compagna non si fosse nemmeno presentata alla prova scritta della selezione.

«Salinardi – si legge nell’informativa – riesce ad ottenere tutto ciò che vuole grazie alle laute ricompense di tutti coloro che si prestano a dare un contributo nelle sue azioni criminose. Tuttavia, raramente, qualcuno si oppone alle richieste del Salinardi, nei confronti dei quali (le donne vengono apostrofate “zoccole” e gli uomini “delinquenti”’), immediatamente mette in atto la macchina del fango con presentazione di querele e/o denunce ed esposti anonimi».

Gli investigatori fanno un primo riferimento a quanto accaduto a un giudice del Tar di Basilicata, che aveva osato rigettare un ricorso dell’ex primo cittadino, per l’annullamento di un atto a firma dell’odiata Scalise. Poi si soffermano su «quanto successo nei confronti di un giornalista del Quotidiano della Basilicata».

«Eh, che figlio di puttana! Hai visto il figlio di puttana? Ha rimesso per la seconda volta il loro… la cosa su facebook; cioè tu hai messo ieri, io oggi ti metto il mio, la replica e basta! No che ha messo di nuovo quello loro, hai capito? Questo figlio di zoccola, delinquente».

Questo lo sfogo di Salinardi, che secondo gli investigatori potrebbe aver messo nel mirino lo scrivente («con molta probabilità si tratta del giornalista Amato Leo»), annunciando che «procederà a presentare querele ogni volta che scriverà un articolo, solo perché non ha pubblicato per il secondo giorno consecutivo il suo comunicato stampa».

Non un comunicato qualsiasi, però, di quelli che secondo i pm avrebbe preparato l’ex consigliere regionale, nonché attuale capo ufficio stampa della Provincia di Potenza, Luigi Scaglione, venendo «remunerato» da Salinardi con bonifici per 33mila euro, soltanto nel 2019. Ma uno di quelli confezionati all’apice dell’offensiva per costringere Scalise alle dimissioni, accusandola di incontri clandestini, a Rionero, con uno dei suoi assessori, Franco Gentilesca, nemico storico di Salinardi. Accuse montate ad arte per gli investigatori, che pure avrebbero trovato ampio spazio, stando a quanto denunciato da Scalise, su altre testate giornalistiche. In particolare i giornali digitali “Cronache lucane” e “Cronache mattino”, e poi per mero rimando, a distanza di qualche giorno, sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

«Si! Ma se lo acchiappo per via Pretoria gli devo dire “str” gli devo dire proprio “tu sei uno stronzo di merda! Ma fesso a te, ti devo denunciare una continuazione! Ogni volta che dici un falso ti devo denunciare». Queste ancora le parole dell’ex sindaco indirizzate al giornalista preso di mira, e intercettate dagli agenti della mobile.

«A Salinardi stava a cuore la questione relativa alla ri-pubblicazione degli incontri extraconiugali della Scalise». Chiosano gli investigatori. «E sì però sempre, il fatto che c’è scritto forse “è ancora distratta da Rionero” a me interessa quella cosa». Insiste l’ex sindaco intercettato. «Eh, quello mi interessa che c’è scritto che forse è distratta ancora da Rionero!» Quindi avrebbe dato disposizioni al suo interlocutore sulla redazione dei prossimi comunicati, chiedendogli di insistere su Rionero e i presunti incontri clandestini della sindaca da un’affittacamere («Quello, quello a noi interessa! Quello ogni volta, ogni volta deve uscire sempre Rionero»).

Ieri, intanto, si sono conclusi nel Palazzo di giustizia di Potenza gli interrogatori di garanzia dei 16 finiti ai domiciliari. Gli interrogatori, iniziati venerdì 11 febbraio, ieri hanno riguardato, tra gli altri, il dirigente dell’ufficio comunicazione del Consiglio regionale della Basilicata, Giuseppe Antonio Lavano, difeso dall’avvocato Savino Murro, che è accusato di favoreggiamento per aver verificato la presenza di microspie nell’auto e negli uffici di Salinardi.

Lavano – ha reso noto il suo difensore – ha risposto alle domande del gip Antonello Amodeo, che, al termine dell’interrogatorio, ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari, sostituendola con l’obbligo di firma. Ha risposto alle domande di gip e pm anche Rosario Famularo, nitpote di Salinardi ed ex responsabile dell’area tecnica del Comune di Ruoti (attualmente in distacco alla Provincia di Potenza), al quale gli inquirenti hanno contestato il reato di corruzione.

Ma sulla richiesta di revoca degli arresti domiciliari che è stata formulata dal suo difensore, l’avvocato Paolo Lorusso, il gip si è riservato. Circa la posizione degli imprenditori piemontesi Marco e Alessandro Massano, accusati di corruzione tra privati per i soldi e le regalie ricevuti da Salinardi in cambio di commesse per le sue aziende nell’ambito dell’indotto ex Fiat, i legali Carlo Mussa e Fernanda Portulano, del foro di Torino, contattati dall’Ansa, hanno dichiarato che i loro assistiti, «hanno fornito importanti chiarimenti».

È stata inoltre chiesta la revoca della misura cautelare sulla quale Amodeo deciderà entro due giorni. Si sono invece avvalsi della facoltà di non rispondere, il dirigente aziendale di Ruvo del Monte, Claudio Di Lucchio, accusato a sua volta di corruzione sulle commesse ex Fiat, e difeso dall’avvocato Leonardo Pace, l’imprenditore di Balvano, Giuseppe Teta, patron delle case di riposo “Il Sorriso”, difeso da Antonio Macellaro, il brigadiere dei carabinieri Davide Maletesta, assistito da Pantaleo Chiriaco e Luigi Claps, e un altro nipote e presunto «prestanome» di Salinardi, Pierluigi Mario Saponara, difeso dallo stesso Chiriaco e da Donatello Cimadomo.

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