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Antonio Murano

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POTENZA – Nessun addebito al pm Giuseppe Borriello per le perquisizioni e i sequestri disposti a fine marzo nei confronti dell’avvocato Antonio Murano e di alcuni suoi familiari. Indagando sul certificato prodotto poco prima in udienza, per chiedere il rinvio di un processo.

È questo il “verdetto” della I commissione del Consiglio superiore della Magistratura, competente per la cause di incompatibilità delle toghe, che nei giorni scorsi ha trasmesso all’assemblea di Palazzo dei marescialli una bozza di delibera sul caso. Con la proposta di archiviazione dell’esposto trasmesso da Murano allo stesso Csm «visto l’esito delle informazioni assunte». Il testo che sarà al vaglio del plenum dell’organo di autogoverno dei magistrati italiani mercoledì mattina non indica quali siano le «informazioni assunte».

Quasi certamente, ad ogni modo, si tratta delle stesse per cui a giugno i pm che hanno ereditato il fascicolo da Borriello, Giampaolo Robustella e Antonella Mariniello, hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato per Antonio Murano, i figli Donato e Pasquale, pure avvocati, più il medico Donato Labella, un collaboratore di quest’ultimo, Pietro Bellanova, e un sottufficiale dei carabinieri forestali, Donato Paolino, già assistito dall’avvocato Murano “padre” per un’altra vicenda. Tutti accusati, a vario titolo, di aver prodotto e utilizzato dei certificati medici fasulli per ottenere il rinvio di alcuni processi pendenti a Potenza e in altre sedi giudiziarie.

Contattato dal Quotidiano del Sud, l’avvocato Murano non è apparso sorpreso della proposta di delibera della I commissione del Csm. Quindi ha annunciato che a breve dovrebbe ultimare un secondo esposto indirizzato, questa volta, alla procura della Repubblica di Catanzaro, competente per i reati commessi da magistrati in servizio nel distretto giudiziario lucano. Esposto in cui sono raccolte una varietà di anomalie rilevate nella conduzione degli accertamenti nei suoi confronti. Sia quelle emerse nei giorni immediatamente successivi all’esplosione del caso, che ad aprile hanno spinto gli avvocati potentini ad astenersi per oltre una settimana dalle udienze, in segno di protesta, che altre ancora venute alla luce con la desecretazione degli atti d’indagine. A partire dalla difformità tra il verbale sommario e il verbale stenotipico dell’udienza “incriminata”, quella rinviata a causa del presunto certificato medico fasullo prodotto da Murano.

Nel primo, infatti, si legge che viene disposta «con urgenza» la trasmissione in procura del certificato medico sulle condizioni di Murano, per avviare immediate verifiche al riguardo. Mentre nel secondo, quello stenotipico, si legge che il presidente del Tribunale aveva negato la richiesta in tal senso avanzata dal pm presente in aula, Giuseppe Borriello. Una difformità non da poco se si considera che proprio «l’urgenza» di quella trasmissione sarebbe stata alla base degli accessi effettuati poche ore dopo dai carabinieri a casa e nello studio di Murano, che è stato anche visitato da un medico incaricato dai pm di sincerarsi della situazione.

Nei giorni scorsi era previsto l’inizio del processo a carico di Antonio Murano e gli altri, ma è stato rinviato a causa dell’astensione del giudice incaricato di decidere sul caso, Marianna Zampoli. Se ne riparlerà, pertanto, a marzo, quando il dibattimento riprenderà davanti al giudice Barbara Auriemma.

In tutto sono 16 i capi d’imputazione formulati nei confronti dell’avvocato di Rionero e gli altri, per reati che vanno «dal falso in atto pubblico, al falso per induzione fino alla falsa attestazione in atti destinati alla autorità giudiziaria», in relazione «al rilascio, in occasione di udienze penali, nel corso degli ultimi due anni, di plurimi certificati medici» da parte di Labella, medico di base della cittadina del Vulture.

In seguito al clamore suscitato anche a livello nazionale dal caso dell’avvocato Murano anche la procura generale della Corte di cassazione si era mossa avviando accertamenti «in sede predisciplinare» sull’operato dei pm potentini.

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