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La conferenza stampa degli investigatori a Potenza

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POTENZA – Associazione mafiosa. È questa l’accusa principale per cui ieri mattina a Potenza sono finite in carcere e ai domiciliari 38 persone coinvolte nell’inchiesta “Lucania felix” sugli affari del clan Martorano-Stefanutti. I capi d’imputazione provvisoria sottoposti al gip Lucio Setola dai pm della Direzione distrettuale antimafia, tuttavia, sono molti di più, 98 per la precisione: 51 quelli indicati nell’iniziale richiesta di misure cautelari di novembre del 2020, a firma del pm Gerardo Salvia e del procuratore Francesco Curcio; più 46 indicati in un’integrazione di ottobre del 2021; e un ultimo trasmesso meno di 3 settimane fa. Stesso discorso per gli indagati, che erano 68 nella richiesta di misure cautelari di novembre 2020, a cui a ottobre nel 2021 se ne sono aggiunti altri 15. Per un totale di 83.

IL CLAN

Del clan, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, farebbero parte 27 persone, con Renato Martorano nel ruolo di «fondatore e capo carismatico», affiancato da Dorino Stefanutti, dal «reggente» Donato Lorusso, e dal «contabile» del gruppo, Pio Albano. Come «affiliati a totale disposizione», invece, i pm hanno individuato: Michele Scavone, Alessandro Scavone, Franco Pitta, Giuseppe Arcieri, Saverio Postiglione, Giuseppe Maroscia, Pasquale Ciciriello, Francesco Tolve, Gioele Santangelo, Carlo Troia, Antonio Masotti, Ionut Luchian, Maurizio Finzi, Giambattista Pace (1952), Salvatore Santoro, Nicola Sarli, Domenico Carlucci, Valentino Scalese (genero di Stefanutti, ndr), Franco Mancino, Ettore Todaro, Massimo Di Giuseppe, il ragioniere Aldo Fanizzi e Giuseppe Costantino.

I CONCORRENTI ESTERNI

Per Giovanni Tancredi, ex responsabile operativo della Kuadra srl, che è la società che ha gestito fino al 2017 pulizie e manutenzioni varie all’ospedale San Carlo, gli inquirenti ipotizzano il reato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver sottomesso «le maestranze impiegate (…) agli interessi e alle esigenze convergenti» della società e del clan, considerato «partner criminale e socio di fatto» della prima.

Stesso reato, il concorso esterno in associazione mafiosa, ipotizzato anche nei confronti di Rocco Della Luna, rappresentante sindacale della Uil Tucs, a cui viene contestata una “gestione “addomesticata” della forza lavoro e delle vertenze sindacali (…) nell’ambito delle direttive impartite dai vertici del sodalizio mafioso”. Quindi, ancora, per Francesco Bonelli, che “almeno fino al mese di giugno 2016”, avrebbe contribuito “a sottoporre a estorsione” il suo ex datore di lavoro, ovvero l’imprenditore edile Giovanni Basentini (non indagato, ndr), ma avrebbe anche interceduto con non meglio precisati “pubblici amministratori del Comune di Potenza”, e fatto da intermediario tra i vertici del clan e alcuni trafficanti di droga pugliesi. E poi per l’ex moglie di Stefanutti, Elvira D’Ascoli, la sorella Manuela, e la figlia, Albina, che avrebbero trasmesso “disposizioni, ordini e “pizzini”” del boss durante il suo periodo di detenzione nel carcere di Melfi (tra novembre 2019 e marzo 2020).

Di concorso esterno in associazione mafiosa devono rispondere anche l’imprenditore Giovanni Quarantino, che avrebbe riferito a Pace alcune informazioni sulle indagini in corso sul clan, e Marco Triumbari, che avrebbe messo a disposizione il suo bar “Diva Caffè” in cambio di “protezione” e del sostegno del boss nel tentativo di recupero di un credito da 900mila euro nei confronti di un imprenditore di Palomonte.

L’ASSISTENZA AGLI ASSOCIATI

È accusato di «assistenza agli associati», d’altro canto, Potito Capezzera della “Poticars”, che avrebbe messo a disposizione di Stefanutti “una serie di automobili di media e grossa cilindrata” per consentirgli di muoversi e “sottrarsi alle attività di osservazione, pedinamento intercettazione ambientale e in generale d’indagine”.

IL FILONE “KUADRA SRL”

Martorano, Stefanutti, Lorusso e Tancredi sono accusati anche di trasferimento fraudolento di valori in concorso con i proprietari e gli amministratori della Kuadra srl: Massimo Alemagna, Riccardo Lama, Massimo Elifani e Alfredo Mastella. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, infatti, parte delle quote detenute da questi ultimi, in realtà, sarebbero state riconducibili a Martorano, Lorusso e Tancredi. Come pure i relativi utili. Sempre nell’ambito dello stesso filone d’indagine, quindi, i pm contestano un’ipotesi di favoreggiamento aggravato a un dipendente della Kuadra, Carmelo Alberto Gallicano, che avrebbe mentito agli investigatori sulle ragioni per cui era stato minacciato e ferito con un coltello da Stefanutti, Lorusso, Tancredi e Della Luna. Come pure un’ipotesi di estorsione per Stefanutti, Della Luna, Tancredi e la moglie di Stefanutti, Michele Cerroni, legata alle pressioni per l’assunzione “fittizia” di quest’ultima in una ditta di pulizie.

Tancredi e Ionut Luchian, infine, sono accusati anche di incendio ed estorsione per aver dato fuoco all’auto di una dipendente di Kuadra che dopo il licenziamento aveva avviato un contenzioso con l’azienda e si era rifiutata di chiudere la controversia accettando il trasferimento nel presidio ospedaliero di Pescopagano.

IL MONOPOLIO DELLE VIDEOSLOT

«Ai soli fini della contestazione», compaiono tra i capi d’imputazione una violazione della normativa in materia di armi per Mario Cossidente, figlio del boss pentito Antonio, per la pistola con cui, a giugno del 2013, aveva bersagliato l’auto di Pasquale Ciciriello. A Lorusso, d’altra parte, vengono contestate tre estorsioni: una per aver costretto un imprenditore a versargli una somma non meglio precisata in relazione a un appalto per l’abbattimento di case popolari a Melfi; e altre due per aver costretto il titolare di un bar e quello di una sala giochi del capoluogo a sostituire le loro macchinette video-poker con quelle «gestite dal sodalizio». Dopo un’incursione notturna e il furto di denaro e attrezzature da parte di Luchian.

Sempre «ai soli fini della contestazione», il pm riporta un’ipotesi di usura aggravata per Pio Albano e Gerardo Tramutola, che avrebbero prestato soldi a un imprenditore in difficoltà al tasso d’interesse del 40% all’anno, seguita da un’estorsione commessa dal solo Albano per recuperare le somme in questione. Sempre Albano, poi, avrebbe estorto anche un banchetto “per oltre 100 persone” al titolare del ristorante dove ha festeggiato le sue nozze, nel 2011.

Di estorsione tentata si parla in un capo d’imputazione a carico di Stefanutti, Lorusso, il boss melfitano Vincenzo Di Muro, e Nicola D’Adamo, in relazione a un presunto tentativo di costringere la vedova dell’imprenditore potentino delle videoslot Donato Abruzzese, ucciso nel 2013 in uno scontro a fuoco dallo stesso Stefanutti, a ritirare la costituzione di parte civile contro quest’ultimo. Come pure per il boss di Crotone Ernesto Grande Aracri, ai vertici dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, e il genero Salvatore Romano, che avrebbero indirizzato Lorusso dai referenti della ditta del patron del Crotone calcio Giovanni Vrenna, subentrata nel 2013 nell’appalto per lo smaltimento dei rifiuti speciali delle Asl lucane.

IL RECUPERO CREDITI

Un altro tentativo di estorsione avrebbe coinvolto Lorusso, l’ex agente della polizia penitenziaria Salvatore Santoro e Alberto Carmelo Gallicano, per il recupero di un presunto credito di quest’ultimo, maggiorato del «ristoro» per il coinvolgimento dello stesso Lorusso e di Stefanutti.

Renato Martorano

A marzo del 2020, però, sarebbe stato Martorano in persona a farsi carico del recupero del credito di circa 900mila euro di Triumbari nei confronti di un imprenditore di Palomonte, Alfredo Cruoglio. Per questo avrebbe arruolato Giambattista Pace (1952), Marco Triumbari, Luigi Cancellara, Lodovico Pangrazio e Rocco Basta. Quindi si sarebbero messi in viaggio, da Potenza a Palomonte, con un auto a cui erano state sostituite le targhe, montando quelle di un’utilitaria parcheggiata in strada nel capoluogo lucano. Infine, una volta arrivati di fronte all’abitazione del creditore di Triumbari, avrebbero preso di mira la porta d’ingresso esplodendovi contro 4 colpi di pistola.

Una vicenda scottante, quella del blitz a Palomonte. Tanto che la stessa vittima risulta iscritta sul registro degli indagati, “ai soli fini della contestazione”, per un’ipotesi di favoreggiamento, assieme all’avvocato potentino Raffaele Cioffi, per aver taciuto “in tutto o in parte” con gli investigatori su quello che sapevano al riguardo.

LE ALTRE ESTORSIONI

Un secondo tentativo di estorsione a carico di Martorano, invece, riguarda la richiesta di “risarcimento” che il boss avrebbe avanzato nei confronti del titolare di un noto ristorante del capoluogo lucano, per le dichiarazioni di quest’ultimo nel processo che nel 2010 gli era costato una condanna a 14 anni di reclusione per usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso.

LA DROGA

Stefanutti, Martorano, Lorusso, Michele Scavone, Finzi, Antonio Dandrea, Bonelli, Santangelo, Alfonso Martino, Troia, Antonio Masotti, Nicola e Michele Sarli, Santoro, Federico Orlando, Francesco Forte, Mirco Nucito e Andrea Tortorelli, sono accusati anche di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

Singoli episodi di cessione di droga sono contestati pertanto, “ai soli fini della contestazione”, a Lorusso, Dandrea, Santangelo e l’emiliano Martino, che da Salsomaggiore avrebbe rifornito di cocaina chi saliva in Emilia Romagna per approvvigionarsi, ricevendo i compensi pattuiti tramite ricariche sulla carta di credito prepagata della convivente, Stella Arcuri (indagata per riciclaggio). Come pure a Stefanutti, Lorusso, Masotti, Troia, e i “corrieri” Federico Saccone e Michele Lamonea, che avrebbero fatto la spola con Marano, in provincia di Napoli, per i rifornimenti di cocaina e hashish.

Troia è accusato di estorsione nei confronti dello stesso Saccone per averlo costretto a vendere la sua auto. Per rientrare del debito di 3mila euro per una fornitura mai arrivata a destinazione. Un terzo canale di approvvigionamento per lo spaccio nel capoluogo, inoltre, avrebbe fatto riferimento a Stefanutti, Troia, e Nicola e Michele Sarli, padre e figlio, già indagati anche per una serie di reati di armi.

Quanto alla vendita “al minuto”, tra gli spacciatori più attivi ci sarebbe stato Andrea Tortorelli, che veniva rifornito del necessario da Lorusso, Santoro e Mirco Nucito, ma avrebbe dovuto ripagare questi ultimi consegnando “diversi telefoni cellulari” per un debito non onorato. Di qui un’ulteriore ipotesi di estorsione a carico dei tre.

Un altro spacciatore al minuto rifornito da Lorusso sarebbe stato Federico Orlando. Ma anche nel suo caso, per una fornitura non pagata, sarebbero partite le minacce di Lorusso, che per questo rischia di doversi difendere da un’ulteriore accusa di estorsione.

Così Gerardo Vece e Giambattista Pace (1992), che è accusato anche di aver portato illegalmente un revolver P38 a un incontro con Lorusso “per questioni di debiti assunti nella compravendita di droga”.

IL FAVOREGGIAMENTO DELL’AVVOCATO

A Donato Antonio Bonavoglia e l’avvocato Cioffi viene contestata un’ulteriore ipotesi di favoreggiamento, perché il primo avrebbe informato Cioffi delle intercettazioni sui telefoni di Triumbari, e dei due omonimi Giambattista Pace (uno del 1952 e uno del 1992), e Cioffi, di rimando, avrebbe informato Triumbari delle domande che gli erano state rivolte in un precedente interrogatorio con i pm Antimafia.

I CONTATTI COL MATERANO

Una serie di violazioni degli obblighi della sorveglianza speciale, inoltre, sono contestati a Stefanutti in relazione ai suoi incontri con “soggetti pluri -pregiudicati ed affiliati al proprio clan mafioso”, tra i quali anche due noti “pluripregiudicati della provincia di Matera, esponenti della criminalità organizzata operante lungo la fascia jonica-metapontina” come Vincenzo Mitidieri e Rocco Loscalzo. Come pure a Lorusso, per gli incontri con altri presunti esponenti del clan più il materano Antonio Stasi, pluri-pregiudicato a sua volta.

LE BUGIE DEL VICECOMANDANTE SUL MISTERIOSO POLITICO

Di false informazioni al pubblico ministero, ancora, rischia di rispondere Vincenzo Santarsiero, ex vicecomandante della Polizia penitenziaria di Livorno ma originario di Potenza, che avrebbe negato “di aver portato i saluti e una manifestazione di disponibilità da parte e per conto di un politico non meglio individuato a Renato Martorano, durante il suo periodo di detenzione presso il carcere di Livorno”. Nonostante quanto affermato al riguardo dal pentito Carmelo Navarria.

IL REGALO ALLA FIGLIA DEL BOSS DI CUTRO

Mentre Luigi Pica è accusato di riciclaggio per aver emesso 15 assegni utilizzati da Lorusso per acquistare un anello “trilogy” da 2.650 euro, con tre pietre preziose incastonate uno accanto all’altro, che in seguito ha regalato alla figlia del boss di Cutro, Ernesto Grande Aracri.

Fin qui i capi d’imputazione provvisoria indicati nella richiesta di misure cautelari di novembre del 2020. A seguire, invece, quelli comparsi nell’integrazione di ottobre del 2021.

LE ACCUSE PIU’ RECENTI

Saverio Postiglione, Rocco Benedetto, Lorys Calabrone, Marco Triumbari, Mario Di Giuseppe, Giovanni Barbaro, Lorenzo Bruzzese, Francesco Michele Riviezzi, condiderato un “esponente del clan “Riviezzi” di Pignola”, Giacinto Daniel Tomasco, Giambattista Pace (1992), Saul Amati, Alfredo Lapetina, Mirco Nucito, Gerardo Vece, Domenico Pace, Marco Bruno e Miriam Tomasicchio, sono accusati, a vario titolo, di una serie di cessioni al dettaglio di droga, perlopiù hashish e cocaina. Alcune del valore di poche decine di euro e altre anche di 4mila euro.

IL BARISTA E IL BARBIERE STUPEFACENTI

Ma tra i nomi aggiunti al registro degli indagati compaiono anche Enzo Giordano, e Umberto Lopiano: il primo titolare de “La boutique du barbier” di via del Gallitello, e il secondo del “Madison caffè” di via Mazzini (di fronte all’ingresso della villa del Prefetto). Entrambi già arrestati a febbraio dopo che Lopiano era stato scoperto con 130 grammi di cocaina, 200 grammi di hashish già suddiviso per lo spaccio e 2mila euro in contanti di provenienza sospetta sotto il bancone del bar, e Giordano con 16 mila euro in contanti nel salone da barbiere assieme a 800 grammi di “cocaina”, in parte già suddivisa in più involucri per lo spaccio.

Un altro episodio di cessione è contestato a Lorusso, Santoro e Orlando. Ma il solo Lorusso è accusato anche di aver rifornito uno spacciatore di nome “Vito”, non meglio identificato, e di aver estorto il pagamento di un debito di droga da un altro di nome “Tony”, sempre non meglio identificato. Mirco Nucito, infine, è accusato di estorsione per essersi fatto consegnare 1.300 euro da un ex della sua fidanzata «con la minaccia di picchiarlo».

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