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Nicola Ramagnano gestisce da 20 anni la Casa alloggio per anziani a Marsicovetere

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VILLA D’AGRI (POTENZA) – «Ora è facile puntare il dito e trovare un capro espiatorio a tutti i costi». E’ affranto e si sfoga Nicola Ramagnano, il responsabile della Rsa – Casa alloggio per anziani, sotto sequestro preventivo per disposizione della Procura della Repubblica di Potenza che indaga attualmente per un ipotesi di epidemia colposa.

All’interno della struttura, a fine settembre, è scoppiato uno dei più grandi focolai lucani con circa quaranta positivi e 6 decessi (LEGGI LA NOTIZIA). Ramagnano rompe il silenzio e spiega la sua versione dei fatti.

Quando è nata la struttura?
«La struttura è nata nel 2000, ed è da 20 anni che la gestisco. Sono stato uno dei primi ad aprire in Basilicata quando ancora non c’erano neanche i Piani di zona sociale, esistevano soltanto le case di riposo ma non in una formula come la casa alloggio o la casa famiglia».

Attualmente, quanti dipendenti lavorano all’interno?
«In totale undici, mentre il giorno che si è verificato il caso del contagio, erano in servizio 5 dipendenti. Quasi tutti sono operatori socio-sanitari (Oss) e poi ci sono io come infermiere h24».

Come funziona la procedura di ingresso per i pazienti?
«Si parte dall’inizio con la collaborazione dei vari medici e con i familiari. Poi tramite il medico curante si ha l’anamnesi del paziente: cioè la raccolta della storia clinica, le condizioni e le patologie e se il soggetto è stato sottoposto a ricoveri».

Ogni quanto il medico veniva a controllare lo stato di salute dei pazienti?
«Ogni giorno il medico veniva a verificarne lo stato di salute».

Parliamo del focolaio che si è innescato all’interno della struttura. Che ipotesi si è fatto sul contagio, come è entrato il virus nella struttura?
«E’ una mia idea personale. Era tutto sotto controllo. Abbiamo ricoverato una persona che non stava bene, la prima paziente positiva al Covid-19. Noi avevamo fatto i tamponi a settembre. La donna prima di entrare nella Casa alloggio era stata già ricoverata all’ospedale di Villa d’Agri, dove le avevano fatto il tampone sia all’ingresso che all’uscita, ed era negativo. Sulla fiducia la signora è stata ospitata nella Casa alloggio, solo che dopo una decina di giorni, l’anziana ha iniziato ad avere la febbre ed è stata ricoverata nuovamente, allora si è trovata positiva».

Cosa è accaduto in quei dieci giorni?
«Io non voglio accusare nessuno, perché adesso è facile puntare il dito verso tutti, come hanno fatto in molti conto i miei dipendenti che fino all’ultimo giorno sono stati encomiabili ed hanno lavorato allo stremo. Ma ritornando al fatto in sé: io a fiducia ho ospitato la paziente, anche perché proveniva dall’ospedale e poi le persone che venivano dall’esterno, comunque le isolavamo».

E cosa dice sulle voci circolate che nella struttura c’era massima libertà ed entrava chiunque?
«Assolutamente no. Posso confermare che sono entrati al massimo 3-4 familiari, altre persone no. Il tutto era comunque basato su un rapporto di fiducia, perché erano i familiari. Avevo vietato l’ingresso a tutti fino a settembre. Infatti se volevano vedere i parenti, dovevano parlare al di fuori della struttura, attraverso la finestra. Infatti, per molti l’importante era rassicurarsi della salute del proprio caro».

Però qualcosa è accaduto e qualcuno dall’esterno ha portato il virus.
«Qualcuno sì, il problema è proprio questo. Sicuramente ogni volta i miei dipendenti hanno mostrato sempre le dovute attenzioni e precauzioni. Però con tutte le cautele che vuoi, ancora oggi si conosce poco di questo virus».

Cosa è accaduto dopo il primo caso di positività al Covid – 19?
«Dopo il primo caso, hanno fatto i tamponi ai pazienti e ai dipendenti che sono risultati positivi. Tutti i miei dipendenti che erano nella casa alloggio sono rimasti tutti bloccati all’interno».

Quando la struttura è stata dichiarata zona rossa, quanti dipendenti e ospiti vi erano all’interno?
«Cinque i dipendenti e i pazienti. Poi c’erano altri anziani che “circolavano” intorno. Venivano alla struttura per vedere se si liberava un posto. E altri portati dai familiari per qualche giorno, per necessità urgenti e non sapevano dove lasciare la propria madre o il padre o un parente stretto. Mi chiedevano di dargli ospitalità. Poi c’è chi si è trovato benissimo e non è voluto più tornare a casa. Anche perché da noi venivano accuditi e monitorati su tutto».

Quando è scoppiato il caso, le è stato contestato il fatto del sovraffollamento all’interno della struttura. Quanti ne può ospitare?
«Ventidue persone».

Ma nei controlli sono risultati il doppio?
«Erano tutti quelli che gravitavano intorno alla struttura. Quando è scoppiato il caso, non ho fatto fare a tutti i tamponi. Ho pensato all’inizio di far fare un primo screening. Poi visto che sono risultati tutti positivi, tranne io e un’altra persona, ho deciso di farli fare a tutti».

Insomma, in totale quanti ospiti hanno ritrovato in più nella struttura?
«Quarantaquattro. Il problema più grave non è tanto il sovradimensionamento quanto l’ipotesi di colpa per epidemia colposa. Cosa che per me non è giusta. Ora è facile puntare il dito, intanto in tanti posti e locali a Villa d’Agri, tutte le sere c’erano assembramenti, con gente senza mascherina. Certo è semplice puntare il dito come ha fatto un sindaco che ha detto che ci troviamo in questa situazione per colpa della casa alloggio per anziani. Ora sono il capro espiatorio di tutto. Nel frattempo la paura era passata e c’è stata l’incoscienza da parte di ognuno, anche dei Comuni che hanno permesso ogni cosa».

Parliamo dei suoi dipendenti, alcuni hanno lasciato la struttura nonostante l’ordinanza di restrizione?
«Voglio innanzitutto spiegare che i dipendenti che stavano all’interno della struttura, se ne sono andati solo qualche giorno fa, perché sono stati all’interno, bloccati fino all’ultimo. Sfido chiunque a restare in una situazione in cui si ha febbre, preoccupazioni per le condizioni e i tamponi effettuati sui propri figli e la propria famiglia, psicologicamente sei bloccato. Non si potevano cambiare e alcuni di loro hanno dormito in auto. Vorrei vedere chiunque al posto loro. Hanno avuto timore e paura, perché parliamo chiaro tutti abbiamo paura verso questo virus ed è incontrollabile. Ci possono essere tutte le direttive che vuoi. Oltretutto alcuni di loro avevano anche la febbre e non stavano bene e comunque sono stati ligi al dovere fino all’ultimo ed hanno aiutato. Io alla fine non me la sono sentita di trattenerli e comunque non sono scappati di notte, ma sono rientrati a casa il giorno, perché davvero non ce la facevano più, erano stremati. Ancora adesso chiamano per sapere come stanno gli anziani, nonostante alcuni di loro non stiano bene. Hanno resistito fino alla fine, ma poi abbiamo deciso insieme, stavano male. Fino all’ultimo hanno fatto il loro servizio. Per me sono stati straordinari. Reclusi oltre una settimana e alcuni di loro con febbre, senza cambiarsi e demoralizzati. Ora è facile puntare il dito. Ma io posso garantire che i miei dipendenti sono consapevoli di quello che fanno e che sono».

Quando sono arrivati gli aiuti?
«Molto tardi. Tutti a promesse, ma siamo stati giorni ad attendere. La pandemia ha creato altre situazioni e poi c’è stata una riunione e grazie anche al sindaco che ha fatto pressione, dopodiché sono arrivati gli aiuti della Protezione civile».

Le sono arrivati avvisi di garanzia?
«Ancora no. Il reato più grave che mi contestano è epidemia colposa. Ora la Casa alloggio si chiude e si farà la sanificazione e poi si vedrà. Per me è un dispiacere. Molti dei nostri anziani non volevano lasciarci, gli vogliamo bene e ci vogliamo bene, noi non gli abbiamo mai fatto mancare niente. In tutta questa storia, la gente è stata brava a gettare veleno, però non ha mai chiesto veramente come stavano gli anziani».

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