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Nel tondo il lavellese Pietro Sanua, ucciso il 4 febbraio del 1995 all'età di 47 anni (foto dalla pagina fb «Vogliamo la verità sui mandanti dell'omicidio mafioso di Pietro Sanua»)

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Del suo omicidio nel ‘95, subito archiviato, quasi non si parlò. Ma da Milano a Lavello si cerca di riportarne alla luce la storia

POTENZA – Un eroe. Sì, un eroe. Di chi muore opponendosi alla violenza mafiosa spesso si dice: «Non era un eroe, ma solo una persona che ha fatto il proprio dovere».
Beh, no: di Pietro Sanua vogliamo dire che è stato un eroe. Perché l’eroe è chi mette a repentaglio i propri interessi e le proprie sicurezze, fino al rischio dell’incolumità personale, per interessi pubblici.
Questo ha fatto Sanua: combattereo un sistema iniquo – quello del racket degli ambulanti nell’hinterland Milanese negli anni Novanta – e non certo solo per se stesso; per questo è stato ammazzato a colpi di lupara, davanti a suo figlio, che porta nel cuore ancora la scena, i rumori, il sangue, l’orrore.
Ed ecco perché possiamo dire senza tema di smentita che Pietro Sanua fu – ed è – un eroe.
Un eroe dimenticato, purtroppo. E anche in fretta: nel 1995, quando fu trucidato da una mano ancora anonima e per volere di persone ancora anonime, non c’era la sensibilità di oggi. Non c’erano marce, cortei e giornate dedicate alla legalità. Un concetto che ha travalicato il comune senso dato alla parola e però sviluppatosi, in questa direzione, solo in tempi più recenti.
All’epoca c’erano sì, uomini giusti e associazioni attente – ad esempio la stessa Sos Impresa che lui contribuì a fondare in Lombardia – e che percorrevano questa strada. E anzi fu un periodo in cui le pionieristiche forze antimafia trovavano energia e motivazioni, ma ancora in nicchie da cui sarebbero emerse con forza più tardi.
Sanua nasce a Lavello nel 1948. Come molti altri della sua terra, a tredici anni sale a Milano. Destinazione una panetteria in cui comincia la propria avventura lavorativa.
Trova poi un posto in un supermarket e, in quello che noi chiameremmo “tempo libero”, va al mercato ad aiutare un ortolano fra cassette e ortaggi.
Dieci anni dopo, oramai uomo fatto, rileva una bancarella e comincia un nuovo mestiere: fruttivendolo ambulante.
Ha successo: è sempre disponibile e gentile, la fatica non lo spaventa mai. Gli basta qualche ora di sonno ed è di nuovo per le strade, a cercare clienti e dispensare frutta e sorrisi.
Siccome è anche una persona capace e intelligente, diventa in poco tempo un punto di riferimento per i colleghi. Il passo verso il sindacalismo è naturale. Diventa il “fiduciario” dei mercati di Buccinasco, Corsico e Quarto Oggiaro. Non il ras prepotente che fa il bello e il cattivo tempo, ma il salomonico garante delle regole: tu hai questo spazio e non quello, tu hai diritto a questo, tu invece devi fare quest’altro.
Diviene segretario e poi presidente dell’Anva – Associazione nazionale venditori ambulanti – di Milano. In questa veste comincia a frequentare il Municipio e le commissioni comunali del settore. Il suo naso comincia a prudere: sente che sotto quelle stanze austere, in fondo ai protocolli, dietro i formalismi si annida lo sporco. Il malaffare. Per questo, comincia a sfornare una serie di proposte volte a rimettere il settore nei giusti binari: più vigili urbani e regole durante le feste; lotta all’abusivismo; spazi più piccoli per far lavorare tutti gli ambulanti.
Continua a darsi da fare. Raccoglie le denunce di amici e associati che, rassegnati, non riescono mai a ottenere lo spazio giusto per vendere i fiori. Capisce che intorno alle postazioni migliori gira un vero e proprio mercimonio, con tanto di tangenti corrisposte a dipendenti pubblici.
In particolare è il commercio dei fiori in cui vede prosperare un sottobosco che fa male a chi invece rispetta le leggi. Chiede che ne siano contenuti i prezzi.
Nel 1994 contribuirà, fra l’altro, a portare a Milano Sos Impresa, associazione nata a Palermo nel 1991 dopo l’omicidio di Libero Grassi per combattere la richiesta del pizzo.
Nel frattempo, il 14 luglio 1992 esce un documento intitolato “Relazione conclusiva del Comitato di iniziative e vigilanza sulla correttezza degli atti amministrativi e sui fenomeni di infiltrazione di stampo mafioso”, organismo presieduto dal professor Carlo Smuraglia, ex partigiano, avvocato e docente universitario, più volte senatore, persona integerrima e competente. Nel documento – parte del quale è frutto del lavoro di Sanua – si parla chiaramente di estorsioni all’interno delle amministrazioni comunali.
Fatti e denunce che poi entreranno nella Commissione comunale d’inchiesta sulla corruzione nel commercio, nata nel maggio 1995 e presieduta da Nando dalla Chiesa dopo un’inchiesta specifica della procura della Repubblica di Milano.
Ma allora sarà già stato consumato l’omicidio di Sanua.
Pietro un giorno esce di casa che il sole è appena un ventaglio di raggi all’orizzonte, come ogni mattina. Sale sul furgoncino che lo porterà a Corsico. Accanto a lui il figlio Lorenzo: ha vent’anni, accompagna il papà nel lavoro.
Lungo la strada vedono una Fiat Punto di colore bordeaux venire verso di loro. Poco prima di incrociarli, con una sgommata fa inversione, rallenta e li precede. Pietro la supera. L’auto li segue per una quindicina di chilometri. Poi, poco prima del mercato, li affianca. Partono due colpi di fucile a pallettoni. Pietro è colpito in pieno volto e si accascia sul volante.
Il furgoncino va a sbattere. Il figlio Lorenzo esce. Coperto di sangue e vetri, chiede aiuto. Arriva dopo poco un’autoambulanza. C’è ancora un barlume di vita in Pietro.
Lo abbandona durante il tragitto verso l’ospedale. E’ il 4 febbraio del 1995.
La Punto bordeaux sarà ritrovata, come di prammatica bruciata, vicino al luogo dell’omicidio. Era stata rubata a Genova.
Le indagini durano poco: il 7 agosto dello stesso anno vengono archiviate. «Non sono emersi elementi utili per l’identificazione dei responsabili o comunque per l’ulteriore prosecuzione delle indagini preliminari», era stata la conclusione della richiesta, evidentemente accolta, del sostituto procuratore. Poche parole e l’omicidio di una persona onesta, di una persona che si batteva contro soprusi che emanavano lezzo di mafia, non è più un caso per la giustizia italiana.
Nel 2010 Pietro Sanua viene ufficialmente iscritto fra i nomi delle 900 vittime di mafia che, ogni anno, il 21 marzo, Libera legge pubblicamente. Bella ma amara consolazione del figlio Lorenzo, che continua a battersi perché si conosca la verità.
Il 18 maggio dell’anno scorso rinasce – nel frattempo si era dissolta – Sos Impresa a Milano, con molto voglia di fare e il pensiero sempre rivolto al suo eroe: Pietro Sanua.

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