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Stasera a Potenza e domani a Cosenza la band ospite del tour della Cgil per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare “Carta universale dei diritti del lavoro”

di FRANCESCO ALTAVISTA
POTENZA – Non sarà un vero e proprio concerto, ma quando sul palco ci sono i Modena City Ramblers anche solo un’ora diventa un percorso colmo di divertimento e riflessioni politiche e sociali. Il gruppo sarà ospite del tour della Cgil per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare “Carta Universale dei diritti del lavoro”. I MCR appoggeranno questa iniziativa a Potenza, questa sera, in Piazza Don Bosco dalle 20 (domani si replica a Cosenza in piazza Kennedy). Il 2016 è l’anno in cui i Modena City Ramblers festeggiano i 25 anni di carriera. Parliamo di questi anni e di cambiamenti con Davide “Dudu” Morandi, la voce e il frontman della band in un’intervista per il Quotidiano del Sud.

Davide, dagli esordi irlandesi, la band è passata a una poetica più “politicizzata” e cioè di lotta, di “combat folk”. Dal disco “Dopo il lungo inverno” però sembravate più addolciti, con uno stile poetico che si stava trasformando. Poi siete tornati più combattivi di prima. Quanto siete cambiati in questi anni 25 anni?
«Lo spirito e il modo di proporsi, credo sia rimasto lo stesso. “Dopo il lungo inverno” è stato l’unico disco in cui c’era una voce femminile, anche per questo era più dolce. Ci sono però anche altri dischi in passato con canzoni molto dolci. Se fosse una questione di anzianità e di stanchezza, dovremmo farli ora i pezzi più “calmi”, ed invece vengono delle cose ancora più arrabbiate. Non c’è una strategia ben precisa. Dipende da quello che sentiamo di dover dire. L’ira di fondo rimane sempre la stessa».
Certamente uno dei momenti di svolta è stato nel 2006, con il suo ingresso nel gruppo a sostituire la voce di Cisco, nella band dal 1992. Quanto è stato difficile sostituire il frontman storico e quanto far ripartire il gruppo?
«Non avevo assolutamente idea di ciò che andavo a fare. Lavoravo in una birreria e cantavo per hobby. C’era tanta incoscienza, forse per questo è stato anche più semplice. Se non andava sarei tornato a vendere birra, non l’avrei presa come una sconfitta personale. Se dopo dieci anni sono ancora qua, vuol dire che forse qualcosa di buono riesco a farlo anche io. Non era facile e non lo è stato. Con l’aiuto di tutti, il gruppo ha resistito. E’ stata sempre più importante l’idea e non chi andava sul palco a esibirsi. Noi siamo ancora qua a fare concerti davanti a ragazzini che potrebbero essere i nostri figli, evidentemente il messaggio è ancora forte e valido».
Tra i motivi che pare portarono all’abbandono negli esordi di Alberto Morselli, la prima voce del gruppo, c’era la propensione sempre più forte “a far politica della band”. I MCR sono ancora oggi una band politica?
«La politica la facciamo a nostro modo. Anche essere con la Cgil è fare politica, lo è anche raccontare certe storie. E’ partito tutto da un’ideologia forte di sinistra, poi dopo, come diciamo in “Mia dolce rivoluzionaria”, l’utopia è rimasta ma la gente è cambiata. Anche noi siamo cambiati insieme ai tempi. L’etichetta di gruppo comunista in questo momento, a nostro modo di vedere è anche un po’ riduttivo, molto spesso la gente si ferma a questo. Molti non si avvicinano pensando che siamo capaci solo di cantare “Fischia il vento ” e “Contessa” e questo ovviamente non è vero».
Concludiamo. Per lei cosa è la Bellezza?
«La Bellezza è qualcosa di difficile da cogliere, ma che ci circonda quotidianamente. Ovunque puntiamo lo sguardo c’è sempre qualcosa di bello. Noi forse non siamo più abituati a cogliere la Bellezza che ci circonda. Le cose belle che sono le cose più semplici e quotidiane le diamo per scontate, dovremmo riscoprirle».

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