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Il ricercatore Ferdinando Baldacchino nell'allevamento di tarma della farina in Trisaia

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POTENZA – Si può essere di bocca buona, capaci di assaggiare tutto ciò che troviamo nel piatto, ma è davvero difficile non storcere il naso (e il muso) a leggere la notizia della nuova sperimentazione all’Enea di Rotondella: produzione di farine alimentari dagli insetti.

Eppure c’è poco da fare gli schizzinosi: ad ascoltare il mondo della scienza la domanda più giusta, in tema di insetti come risorsa alimentare per il pianeta, non è “se” diverremo tutti entomofagi, ma “quando” lo diverremo. Perché la cara, vecchia terra pare non ce la faccia più ad accontentare le bocche sempre crescenti che vogliono bistecche e polpette di mammiferi, e – per salvare l’ecosistema – bisognerà giocoforza adottare alcune delle pratiche più salutari per l’ambiente. Fra queste, mangiare insetti e non chianine, podoliche e Angus. Gli scozzesi prima o poi dovranno dimenticare l’haggis, i lucani lo gnumm’riedd’, gli statunitensi i loro hamburger grondanti salse. Forse non noi, ma i nostri figli pare dovranno piano piano adeguarsi.

Ed ecco che arriva la notizia dal centro ricerche lucano della Trisaia: si sta sperimentando come ottenere nuove farine ad alto valore nutraceutico da un particolare coleottero. “Nutraceutico” è un neologismo che mette insieme le parole “nutritivo” e “farmaceutico” per dire di un alimento che nutre e fa anche bene alla salute.

Questa la notizia che viene dall’Enea: “Un team di ricercatori specializzati in attività di ricerca di frontiera sull’economia circolare è riuscito ad allevare con scarti alimentari e cerealicoli un insetto noto come tarma della farina – il Tenebrio molitor  – al fine di ricavarne farine proteiche utili per la produzione di mangimi animali ma anche nuovi prodotti per l’alimentazione umana (novelfood)”.

Il nome scientifico dell’insetto sembra preso da un romanzo di Stephen King o di H. P. Lovecraft e significa, più o meno, “Mugnaio amante delle tenebre”. E’ già allevato dall’uomo con lo scopo di nutrire rettili, roditori e altri animali predatori e insettivori che ogni tanto necessitano di “cibo vivo”. Ma lo si trova anche nelle dispense: mangia qualunque cosa ma predilige farine e farinacei che spesso infesta e rovina, depositandovi anche uova.

Qualche anno fa se ne parlava per un altro possibile utilizzo. Si era scoperto che può sopravvivere nutrendosi di polistirolo e altri tipi di polystirene, materiali normalmente considerati non biodegradabili e certamente non commestibili. Uno studio dell’Università di Stanford cercava di scoprire il segreto della sua capacità di metabolizzare la plastica per produrre su vasta scala gli enzimi digestivi da sfruttare per lo smaltimento dei rifiuti.

Le ricerche dell’entomologo della Trisaia Ferdinando Baldacchino vanno invece in tutt’altra direzione: «L’allevamento di insetti con sottoprodotti dell’industria agroalimentare – dichiara – risponde pienamente ai principi dell’economia circolare: partendo quindi dalla crusca (l’alimento principale del Tenebrio molitor) siamo riusciti ad ottenere nuovi prodotti dal maggior valore aggiunto».

Questi nuovi prodotti sono farine ricche di vitamine e minerali importanti nell’alimentazione dell’uomo e che è possibile variare in base a cosa si dà da mangiare agli insetti. Insomma, cambiando la dieta del Tinebrio se ne possono ottenere farine  differenti per rapporto in acidi grassi, contenuto in omega 3 e biodisponibilità di vitamine e minerali come ferro, zinco e calcio.

Baldacchino interviene da qualche tempo ai convegni internazionali più importanti, come quello del progetto “Insect feed chick” nel 2018 in cui ha dimostrato i vantaggi che gli insetti hanno spesso apportato alle attività dell’uomo o come l’evento Agroinsecta del settembre 2019.

Ma già nel 2016, in un numero del giornale “Agrifoglio”, Baldacchino scriveva: «Mangiare insetti non è una novità per l’uomo poiché, secondo uno studio della Fao, sono oltre 1.900 le specie di insetti che vengono mangiate dall’uomo nel mondo; più di 300 specie sono cibo comune in alcuni paesi (Messico, Sud Est Asiatico e Centro Africa). In comunità presenti nella foresta amazzonica, gli insetti rappresentano oltre il 70% della componente proteica della loro dieta. L’utilizzo di questa nuova (o vecchia) fonte proteica in mangimi per animali d’allevamento o come cibo per l’uomo ha creato nuove prospettive imprenditoriali e di mercato».

La legislazione italiana non è ancora pronta. Ma, si sa, la legge spesso segue il bisogno. Se un giorno – magari non lontano – il pianeta riuscirà a sfamare i suoi miliardi di abitanti in più con gli insetti, un ringraziamento dovrà indirizzarlo anche dalle parti di Rotondella.

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