X
<
>

Le bufale web vengono rilanciate dai social network

Condividi:
11 minuti per la lettura

POTENZA – Una persona che mangia tanto aglio e tanti agrumi, beve tanta acqua, indossa tre o quattro mascherine una sull’altra, fa i gargarismi con la candeggina, si inietta un dito di disinfettante nelle vene, prende la tintarella, se uomo si rade regolarmente e fa l’amore non più di un quarto d’ora: sarebbe – se le più strampalate teorie circolate nei mesi scorsi sul coronavirus fossero vere – il perfetto prototipo di individuo impermeabile al Covid-19, invulnerabile alla pandemia che terrorizza il mondo.

Ma sono ovviamente tutte frottole. Alcune anche pericolose e potenzialmente mortali, come i gargarismi con la candeggina e il disinfettante per via endovenosa (copyright Casa Bianca).

Eppure di fandonie (chiamarle fake news non rende) ne abbiamo sentite di ogni tipo. E quelle che abbiamo elencato qui sopra sono in fondo le meno strampalate.

LA CASTA DEI “SENZA MASCHERINE”

C’è chi ha visto la mascherina come affronto alla propria dignità. Come fosse non un presidio di protezione ma il simbolo evidente di una grande dittatura planetaria volta a tappare simbolicamente la bocca di ogni cittadino.

Negli Stati Uniti ha circolato un tesserino plastificato, scritto in un credibile burocratese e sotto l’egida di una di quelle leggi americane che fanno tanto “terra dei Padri Fondatori” (l’Ada, Americans with disability act, che invece dal 1990 è una serissima istituzione legislativa d’Oltreoceano). Vi si leggeva che il possessore era legibus solutus e quindi abilitato a girare senza mascherina. Non si sa bene chi avrebbe dovuto avvertire il virus di rispettare i privilegi del titolare di tesserino.

DAGLI ALL’UNTORE

Nulla di nuovo: dagli untori manzoniani a quelli attuali la distanza è breve. Anche perché, in entrambi i casi, si tratta di invenzioni.

Come quando si è propalata la convinzione – per fortuna di vita breve – che a portare il virus in Italia fossero stati gli stranieri arrivati con i barconi sulle coste della Sicilia. Quando invece “l’untore” – inconsapevole, ovviamente – pare proprio fosse italianissimo e attivo dalla parte opposta del Paese.

I RIMEDI DELLA NONNA

Come fare a sapere se ho il coronavirus? Semplice: provo a trattenere il respiro per dieci secondi. Se non ce la faccio, i miei polmoni sono preda della malvagia sferetta con le ventose.

E dunque, dopo averlo capito, cosa faccio? Mah, niente di che: mi preparo una bella tisana calda, molto calda. Il coronavirus non sopporta le temperature alte. E muore.

Ma non è preferibile evitare di prenderlo, per non dovermi sorbire una tisana calda magari ad agosto? Beh, certo. In questo caso, niente di meglio che consumare tante arance, tanti kiwi, una bella spremuta di limoni. Eh, si sa: la vitamina C è fumo negli occhi per il Covid-19. Ma, a pensarci, anche la vitamina D non è da meno. E allora ogni giorno pesce spada a gogò, funghi a profusione e fegato a non finire.

Però, per stare proprio tranquillo, perché non aumentare anche le proteine che assumo? D’altronde, è noto: il coronavirus non le può proprio vedere, le proteine. E dunque giù con le bistecche, le uova sode, il salmone. E se il fegato si affatica un po’, vabbe’, poi penseremo alla dieta.

Avete appena letto le fandonie “consolatrici”, basate su rimedi della nonna, ahimè, del tutto inefficaci nella lotta al coronavirus.

LA FESSERIA SI FA SOCIAL

I social, regno delle fake news, stagno prediletto in cui lasciare imputridire le peggiori cavolate (purtroppo spesso ascoltate e redistribuite dagli internauti), è diventato l’oceano in cui hanno navigato i più maestosi transatlantici della panzana sul Covid-19.

Stefano Montanari, medico e divulgatore delle teorie no-vax, a marzo assicura che il coronavirus è assai poco pericoloso, che la mortalità è bassa, che l’allarme è una grande montatura e che alla fine il vaccino sarà «una truffa colossale».

Judy Mikovit, biologa, in passato al centro di teorie scientifiche screditate e valente no-vax, ha invece assicurato che il coronavirus lo hanno inventato di sana pianta alcuni cospiratori per farsi i soldi con i vaccini. Non può mancare Bill Gates ma c’è anche l’immunologo Anthony Fauci.

Shiva Ayyadurai, esempio di genio (è plurilaureato al Mit) sprecato nel complottismo più estremo, sedicente “inventore delle email”, ha dichiarato su Twitter che il coronavirus è stato creato dal Deep State, un Governo segreto al confronto del quale i servizi segreti deviati sono il Club delle Giovani Marmotte. Anche per lui, sole e vitamina D sono toccasana contro il Sars-Cov 2.

Patrizia Rametta della Lega si dice certa che il solito Bill Gates avesse «il brevetto del Coronavirus già da prima della pandemia», mentre Cesare Sacchetti, attivista del blog LaCrunaDellAgo.net, va oltre e stende la trama del fantathriller che Stephen King non ha mai avuto il coraggio di scrivere e Steven Spielberg di girare: «Bill Gates e Rockefeller hanno investito su ID2020, un microchip sottopelle per le vaccinazioni digitali. La crisi da coronavirus è perfetta per obbligarci a usare ID2020. Quando usciremo di casa, potrebbero obbligarci a indossare il marchio della Bestia». Più modestamente il senatore Elio Lannutti (M5S) consiglia: «La vitamina C per via endovenosa può aiutare a curare la polmonite e prevenire la replicazione virale».

A LETTO COL CRONOMETRO

Quella che segue non è tecnicamente classificabile come fandonia. A dirla è un medico italiano, con una lunga carriera alle spalle, conosciuto e apprezzato nell’ambiente sanitario: Fabrizio Pregliasco. Fra gli esperti che più hanno invitato la popolazione alla prudenza costante e al rispetto scrupoloso delle misure di sicurezza. Ed è stato anzi lui a smontare più di una bufala sul tema.

A giugno, su un settimanale popolare, fra un articolo di gossip e l’altro compare un’intervista al dottor Pregliasco. Il titolo: “Amore: amatevi ma solo per un quarto d’ora”.

E non è una forzatura rispetto al testo, nel quale il medico ricorda che il contagio avviene, secondo la comunità scientifica, quando ci si trova a meno di un metro e per oltre 15 minuti e dunque afferma: «Per evitare di correre rischi, l’intimità non dovrebbe durare oltre un quarto d’ora, avendo sempre l’accortezza di usare il preservativo e di igienizzare bene le mani prima e dopo».

Non si contano insulti e prese in giro scatenatisi sui social. C’è chi ha scherzato in maniera leggera (“Un quarto d’ora? Dove si firma?”). Ma i lazzi si sono fatti spesso pesanti (e per questo ingiustificati) nei confronti di Pregliasco.

Per quanto le premesse scientifiche siano coerenti con l’affermazione, è oggettivamente difficile pensare a incontri sessuali con l’orologio in mano (“Ma se faccio l’amore 15 minuti e un secondo mi ammalo?”, chiedeva ironicamente un internauta), cercando di capire se i preliminari facciano parte del quarto d’ora o meno, per poi separarsi bruscamente quando la sveglia suona i 14 minuti e 59 secondi, indossare le mascherine, lavarsi le mani e andarsene ognuno a casa propria, ben distanziati. Oppure basta un minuto di pausa e poi si può ricominciare a contare il quarto d’ora? E bisogna cambiare stanza, provando magari lo studio o la cucina?

L’ACCOZZAGLIA

Infine, una carrellata di bubbole dal mondo. Da sottolineare che molte di queste sono anche pericolose, perché invitano ad assumere o inalare sostanze dannose per l’essere umano.

Il sapone di colore rosso disinfetta meglio dei saponi di altro colore (Facebook). Si può preparare un ottimo disinfettante mescolando rum, candeggina e ammorbidente (notizia girata nelle Filippine). Le mani si possono lavare con la vodka (per la precisione di marca Tito’s). Una lampada fluorescente vicino al lavandino aiuta a disinfettare meglio le mani. Un fazzoletto bianco blocca il virus meglio di uno colorato. Bisogna starnutire o tossire nel gomito perché l’angolo del gomito “uccide i virus”. Tagliarsi la barba tiene lontano il virus.

E poi, via con gargarismi all’acqua di mare e all’acqua ossigenata, suffumigi alla candeggina, spruzzi d’acqua salata sulla porta di una chiesa (la River of Grace Community Church in Corea del Sud), saune calde e rotolamenti nella neve

E – mentre gli scienziati impazzivano per trovare una cura e salvare chi entrava nelle sale rianimazioni – impazzavano sul web medicine e rimedi acquistabili comodamente da casa come lo spray nasale Corona-Cure, le chiavette Usb “5G Bioshield” contro il virus trasmesso via onde radio (grazie alla “tecnologia del catalizzatore olografico quantistico”), i ciondoli “Virus Shut Out Protection” (una piastrina con otto buchi da appendere al collo), dentifrici commercializzati negli States, soluzioni all’argento colloidale, stravaganti macchine bioenergetiche a soli 14.990 dollari pubblicizzate da chef internazionali (che poi hanno dovuto ritrattare), pillole californiane (è in piedi un grosso processo per frode), la Miracle Mineral Solution (una sorta di candeggina che la Chiesa Genesis II definisce “sacramento” per i propri fedeli), la Shuanghuanglian (mix di erbe della medicina tradizionale cinese).

Kyriakos Velopoulos, leader in Grecia del partito di estrema destra Greek Solution, noto telemarketer che vende olio di serpente e altri preparati (ad esempio uno per la calvizie, che lui propone in tv mostrando tranquillamente la propria pelata), ha pubblicizzato il balsamo Vyzantinon consigliando di spalmarlo sulle mani due volte al giorno contro il virus. Pubblicizzate anche misture di erbe dello Sri Lanka e un cordino che purifica l’aria (per questo una donna della Georgia è stata condannata).

Per chi gradisce la categoria merceologica, ci sono anche vaccini fatti di anfetamine, cocaina e nicotina mescolate, in vetrina sul dark web. Un toccasana contro il Covid-19.

María Alejandra Díaz, dell’Assemblea costituente del Venezuela, ha proposto una ricetta (letteralmente: citronella, sambuco, zenzero, pepe nero, limone e miele), il presidente del Madagascar Andry Rajoelina ha lanciato Covid-Organics (bevanda a base di artemisia e altre piante). Come sa tutto il mondo, non si è sottratto nemmeno il presidente degli Stati Uniti Donald Trump: a parte il celeberrimo invito a spararsi nelle vene il disinfettante, ha ricevuto alla Casa Bianca industriali che promuovono l’uso dell’oleandrina (elemento della linfa dell’Oleandro, letale per l’uomo).

Swami Chakrapani, politico dell’India, ha affermato che bere urina di mucca e applicare sterco di vacca sul corpo potrebbe curare il Covid-19. Ma solo e soltanto, ha tenuto a specificare, di mucche indiane. Nel marzo del 2020, l’All India Hindu Union ha organizzato una grande festa a Nuova Delhi. Duecento persone a bere pipì di mucca.

Paese che vai, urina che trovi: Mehdi Sabili, presentatosi in un video come esperto di medicina islamica, ha raccomandato quella di cammello (che, en passant, può infettare con un coronavirus più mortale del Sar-Cov 2).

Kenneth Copeland, evangelista catodico, ha invocato “il vento di Dio” per eliminare il coronavirus attraverso la tv (ricordando poi che avrebbe potuto guarire gli ammalati nella sua chiesa con le sue mani, altro che ospedali e raccomandazioni scientifiche).

Ci sono anche i “vaccini spirituali” venduti (a un prezzo fra i 100 e i quasi 500 dollari) da Happy Science, gruppo religioso segreto che piazza i propri prodotti alle conferenze di Ryuho Okawa (oggi divinità suprema, fino a ieri agente di cambio a New York).

Il parlamentare indiano Ramesh Bidhuri si è detto certo: basta salutarsi dicendo “Namaste” per inibire il contagio da coronavirus. L’uso di altro tipo di saluti invece è pericoloso: porta troppa aria alla bocca.

Per finire in gloria: “Bisogna mangiare il frutto della datura”. Lo si diceva in alcuni video su TikTok. Molti sono finiti in ospedale: è un frutto velenoso. Ma come mai sarebbe stato così efficace (e non lo è, ovviamente)? Perché, si diceva sulla piattaforma di messaggistica, quel pomo «assomiglia un po’ al virione del coronavirus».

IL DANNO

Ma, messo così, questo è solo un lungo elenco (lungo ma non esaustivo) delle castronerie generate dalla lotta anti-Covid 19. Nulla di nuovo sotto al sole: ogni guerra, ogni crisi, ogni momento particolare dell’umanità ha generato le sue bufale.

Però non è così semplice. Non è solo l’aggravio di un fenomeno già noto alle cronache del mondo.

Le fandonie hanno fatto del male. Lo ha studiato la University of New South Wales in Australia, che ha analizzato le voci che correvano impazzite sui social tra il 31 dicembre 2019 e il 5 aprile 2020 e ne ha tratto un articolo pubblicato sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene dal titolo “Infodemia correlata a Covid-19 e suo impatto sulla salute pubblica: un’analisi globale dei social media”.

Il termine “infodemia” è un mix fra “informazione” ed “epidemia”. E’, secondo definizione Oms, “quell’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”.

I dodici studiosi hanno identificato 2.311 “rumors” in 25 lingue da 87 paesi su trasmissione della malattia e mortalità (24%), misure di controllo (21%), trattamento e cura (19%), causa della malattia (15%), violenza (1%) e altro (20%). Su 2.276 rapporti per i quali erano disponibili valutazioni testuali, 1.856 affermazioni erano false (82%), 176 contenevano informazioni fuorvianti (8%), 31 non erano provate (1%) e il resto era corretto.

Il risultato di questo piccolo ma agguerrito bailamme di fesserie? Eccolo: circa 800 decessi collegati alla disinformazione e 5.876 ricoveri e infortuni gravi. Tanto per dirne una, 60 persone hanno perso la vista perché, fidandosi di ciò che avevano letto, hanno bevuto metanolo. E questo è solo ciò che questi studiosi hanno legato a poche migliaia di bufale. Che si sono diffuse a milioni e hanno evidentemente fatto molto, molto male. E questa purtroppo non è una bufala.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE