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Antonio Calbi

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Il sanmaurese Antonio Calbi si appresta a raggiungere presto Parigi per dirigere l’Istituto Italiano di Cultura che aprirà alle arti e al rapporto ancora più forte con la Francia

C’è una linea rossa che unisce il lavoro e la vita di Antonio Calbi: è quella che lo lega da una parte alle più differenti forme artistiche, dall’altra alla sua terra d’origine la Basilicata e alla sua città di nascita, San Mauro Forte. Nella sua carriera ultratrentennale, il neo direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, ha unito teatro e arte, musica e moda che a qualsiasi latitudine hanno dato spazio a contaminazioni e espressioni di grande valore, come dimostrato anche dai tanti prestigiosi progetti che ha voluto portare portare anche nella sua terra d’origine.

All’Hotel de Gallifet, sua sede di lavoro parigina dal prossimo settembre, si appresta a portare molto della sua italianità. Che significato ha questo incarico per la sua storia professionale e personale?

«Devo confessare che ho sognato di dirigere l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, il più prestigioso fra quelli di chiara fama, più di venti anni fa, ma poi le altre proposte arrivate mi hanno legato all’Italia e quando a gennaio ho partecipato al bando del Ministero degli Esteri l’ho fatto consapevole delle basse possibilità di farcela. Parigi è città assai ambita, dal momento che prima di Londra e New York è la vera capitale culturale del pianeta. In passato ci sono stati direttori e direttrici nominati per consorterie politiche o addirittura familiari. Il sociologo Banfield avrebbe bollato quelle scelte come ‘familismo amorale’. E invece, ha prevalso il merito e il profilo professionale. La commissione presieduta dall’ambasciatore Terracciano ha scelto 12 potenziali direttori fra le più di 80 candidature di chiara fama arrivate; siamo stati convocati alla Farnesina per un colloquio che ha portato a una rosa di tre nomi, inviati al ministro Tajani che ha fatto la sua scelta e che ringrazio per la fiducia accordatami. E’ un bel segnale, no?»

Quali secondo lei i suoi punti di forza e quanto influiranno le sue origini lucane?

«Mi viene riconosciuta la capacità di tradurre visioni in atti concreti, utopie in progetti, di saper coniugare il rispetto per il meglio della tradizione e la capacità di scovare talenti, di perseguire il rigore e avere coraggio nelle scelte. Al pragmatismo spedito si aggiungano una sana passione, la sensibilità pluridisciplinare, il controllo dei conti e la capacità di fare molto con poche risorse e ne viene fuori un buon manager culturale. Di origini lucane. Quello che sono oggi lo devo all’infanzia vissuta accanto a un padre costruttore e a nonni contadini, in un paese che negli anni ‘60 aveva tremila anime, dunque sono figlio della terra e del costruire con le mani e il sudore, e di questo sono orgoglioso. Credo che il mio profilo professionale abbia convinto la commissione proprio per la sua articolazione: in quasi 40 anni di lavoro mi sono occupato di teatro e musica, design e moda, letteratura e arti visive, danza e eventi, cinema e multimedialità, di architettura e di formazione, sono stato operatore militante e dirigente pubblico. Alla mia nomina ho ricevuto centinaia di messaggi di entusiasmo e in tanti hanno rimarcato come quello del direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi fosse il ruolo giusto per me e quanto io fossi giusto per questo ruolo».

Lo era anche per il ruolo di direttore del Piccolo Teatro di Milano, nel 2020 quando eravate in cinque a concorrere e anche la Basilicata ha tifato per lei. Anche perché ha portato a Matera il celebre Arlecchino di Strehler con il suo interprete per eccellenza, Ferruccio Soleri.

«Anche in quel caso l’intera Italia teatrale riteneva che la scelta naturale dovesse cadere su di me, proprio per l’esperienza accumulata e per il fatto che sono cresciuto a Milano, collaborando con l’intero sistema teatrale della città. E invece la politica e un cda supino e poco trasparente ha imposto un direttore con soli tre anni di esperienza, a dispetto di direttori di lunga carriera come Marco Giorgetti e Filippo Fonsatti, e regista di spettacoli che non hanno lasciato traccia. E’ stata una brutta pagina nella storia culturale non solo di Milano».

Antonio Calbi ha già individuato le sue linee programmatiche e come pensa di promuovere la Basilicata a Parigi?

«Essere ambasciatore della cultura e delle arti a Parigi è ruolo da far tremare i polsi. Nondimeno è sfida energizzante e che giocherò fino in fondo. I rapporti fra Italia e Francia sono stretti da sempre e oggi abbiamo anche uno strumento in più, il Trattato dei Quirinale, firmato da Macron e Draghi il 26 novembre 2021, sotto l’egida del presidente della Repubblica Mattarella, per facilitare e intensificare le relazioni fra le due nazioni. La Basilicata sarà protagonista di una mostra dei suoi tesori d’arte, e non penso solo ai reperti greci ma anche e soprattutto a quelli degli Enotri, popolazione autoctona tutta da scoprire. Pochi sanno che il nome Italia deriva da Italo, re degli Enotri, appunto.
Un sogno? Portare il grande telero di Lucania 61 dipinto da Levi per il centenario della nascita della nazione, magari al Centre Pompidou, prima che vada in restauro. Realizzeremo un focus su Rocco Scotellaro, tenendo conto anche della sua relazione con Amelia Rosselli, nata proprio a Parigi da Carlo Rosselli, che insieme al fratello Nello fu ucciso in Francia da miliziani francesi su mandato dei fascisti. Stiamo lavorando a un convegno con relatori italiani e francesi sulle politiche e le tipologie dell’abitare in occasione del trentennale del riconoscimento Unesco di Matera quale patrimonio dell’umanità ottenuto il 9 dicembre 1993. La città sarà “testimoniata” anche dai pannelli in ceramica creati dal maestro Peppino Mitarotonda. Scrittori lucani, come Mariolina Venezia, che ha vissuto molti anni in Francia, e Raffaele Nigro, si racconteranno, così come racconteremo il poeta Albino Pierro e la poetessa Isabella Morra, il fotografo Domenico Notarangelo, il nostro Cartier-Bresson, ora in mostra al Maxxi di Roma, l’amore del cinema per la nostra regione. Anche i cibi del territorio avranno il loro spazio come ospiti d’onore nella settimana della cucina italiana nel mondo che si terrà il prossimo novembre. Per narrare la nostra regione, e Matera in particolare, non potrò che avere al mio fianco, il decano dei “guerriglieri” culturali, il giovane attivista Raffaello De Ruggeri.
Nel mio mandato, comunque, proverò a dare spazio a tutte le regioni italiane, alle città meno scontate, a tutte le discipline e generi. Sto già lavorando a progetti che promuovano Milano e la Lombardia, in occasione delle Olimpiadi di Parigi della prossima estate: sarà l’occasione per raccontare le Olimpiadi italiane e in particolare i progetti per Milano-Cortina 2026. Stiamo studiando una mostra per i 100 anni della Triennale con 100 pezzi del nostro miglior design; un omaggio a Giorgio Strehler, che insieme a Jack Lang, ministro della cultura con Mitterand, ha fondato il Teatro d’Europa e diretto l’Odéon. Nel 2025 ricorderemo Luca Ronconi in occasione del decennale dalla morte, e stiamo già lavorando a una mostra fotografica su Claudio Abbado, in occasione del decennale della sua scomparsa, il prossimo gennaio. Poi Roma, la mia seconda città, che è gemellata in reciproca esclusività sin dal 1956 con Parigi: ‘solo Parigi è degna di Roma; solo Roma è degna di ‘. Nel 2016 con il commissario Tronca abbiamo lavorato al sessantesimo di questa “relation amoureuse” e illuminammo i ponti sul Tevere e quelli sulla Senna con i colori delle due bandiere. Stiamo studiando un ciclo di incontri sull’arte che accomuna i due paesi e preparando una mostra delle collezioni dell’Accademia di San Luca. Sono tantissime le proposte pervenute in queste settimane.

E il teatro, il cinema?

«Vorrei realizzare palinsesti settimanali con giorni dedicati a teatro, cinema, musica, arti visive, letteratura e poesia, storia e scienze. Vogliamo programmare appuntamenti teatrali non soltanto all’Hotel de Galliffet e nella bella sala dell’ambasciata italiana ma anche nei teatri della città. Hanno già accolto il nostro invito Umberto Orsini, che ci leggerà la biografia di Visconti scritta da Testori, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, Francesca Benedetti reciterà ‘Erodiade’, Luca Zingaretti leggerà ‘Lighea’ di Tomasi di Lampedusa, Fabrizio Gifuni ci porterà il suo bellissimo monologo su Aldo Moro, Massimo Popolizio i suoi monologhi sull’Eneide e Pasolini. Sarà accolto a Parigi anche Ulderico Pesce con il suo omaggio proprio a Scotellaro. Ma penso anche a Anna Galiena, che vive a Parigi, Maddalena Crippa, Laura Marinoni, Viola Graziosi, Isabella Ragonese, Laura Morante, Milena Vukotic, Anna Bonaiuto, Galatea Ranzi, a Carlo Cecchi, Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Tommaso Ragno, Paolo Pierobon fino al più giovane di tutti, Ferruccio Soleri, l’Arlecchino più celebre di tutti i tempi, con i suoi magnifici 94 anni. Per il cinema Bellocchio, Martone, Guadagnino, Moretti, Andò, Frammartino e le sue bellissime elegie dedicate ai territori fra Lucania e Calabria».

Quale ruolo può svolgere la cultura italiana in Europa e in Francia?

«Nell’arco del mio mandato mi piacerebbe andare oltre la retorica sull’Italia delle meraviglie e del più immenso patrimonio artistico dell’umanità. La cultura è oggi ancora più centrale: deve essere come lievito del buono e del bello in ogni contesto e a ogni latitudine. Le diverse forme della cultura, le diverse arti, le diverse tradizioni costituiscono l’antidoto più efficace contro l’impoverimento sociale e economico. Diciamocelo una volta per tutte, stiamo vivendo un periodo di declino a ogni livello, e per arrestarlo e correggere le prospettive serve un nuovo slancio culturale, in forme anche inedite, da mettere a punto e sperimentare. La cultura e le arti rappresentano il luogo del dialogo e dell’incontro, dello scambio dei saperi, della formazione e della crescita umana. Tanto si è fatto ma tanto resta ancora da fare, sia da noi sia all’estero.
Ecco perché mi piacerebbe riuscire a trasformare ancora di più l’Hotel de Galliffet in un vivace centro culturale aperto sette giorni su sette, dalla mattina alla sera, 365 giorni all’anno. Dove si viene con la certezza di godere delle arti e di fare scoperte e incontri. Oltre alle attività in sede, il ruolo dei direttori degli istituti di cultura nel mondo è anche quello di mediatori fra le istituzioni culturali italiane e quelle del paese in cui si opera, e sollecitare, fra il resto, traduzioni di autori o coproduzioni teatrali, cinematografiche, di mostre. Il sistema culturale francese è uno dei più solidi e ricchi al mondo. Tocca a noi ambasciatori di cultura e promotori di nuove pratiche accenderlo di interesse verso l’anima più autentica che abbiamo e che ci ha resi il paese del bello, dell’utile e del giusto quale siamo e che dovremmo essere in ogni istante della nostra vita».

Un altro sogno?

«Amo lo stile italiano così ben incarnato nell’eleganza sobria e senza tempo di Armani. Dopo le sue severe dichiarazioni sull’alta moda francese vorrei dargli carta bianca e far sì che trasformasse l’Hotel de Galliffet in una Maison des Arts, dove gli abiti più belli delle sue collezioni dialogano con gli ambienti neoclassici e con pezzi di arte e design che lui stesso sceglierà dal patrimonio italiano. E che questa sua auto-narrazione, dopo Parigi, approdasse a Palazzo Ducale Malvinni Malvezzi di Matera per dare linfa classica alla città antica».

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