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di ENZO SCALCIONE
DIECI storie che richiamano momenti di sofferenza, di malattia, a volte con una conclusione felice, a volte in modo drammatico: un’emozione forte che ci si porta dentro dopo la lettura del romanzo intitolato  J. , con il  dottor Francesco Paolo Calciano, medico di medicina generale e responsabile medico dell’associazione Amici del Cuore Grassano e del Club del sorriso. Intanto il titolo: J, una sola consonante, «per individuare tutte le donne, alle quali deve andare la nostra attenzione, il massimo del rispetto», annota il dottor Calciano, che poi evidenzia: «E’ la vita con le sue sfaccettature, con l’epilogo, la fine della storia che non è sempre quella che possiamo desiderare, ovvero il lieto fine. Nella vita – ha evidenziato il dottor Calciano – accade di tutto, il bello, il brutto, l’attesa, il desiderio, la delusione, la felicità e la gioia gridate a polmoni aperti. La vita è una complessità di eventi, questo è una sua peculiarità». “Ci si interroga a volte su quel che accade nella vita. Una storia termina in giovane età, mentre un’altra raggiunge lontani traguardi. E’ il fato, una storia recondita, a noi sconosciuta, che determina avvenimenti allegri, felici, o immani tragedie?”, si legge fra le pagine del romanzo. Poi il dottor Calciano riannoda i tasselli di una patologia che investe in maniera così totalizzante l’esistenza singola: «Spesso quando una persona a noi cara, o noi stessi, siamo colpiti da una malattia importante, una cardiopatia severa o un cancro, ci chiediamo perché. Perché a noi, perché alla persona a noi cara.  E’ umano chiedersi questo. La risposta spesse volte è lì vicino a noi. Non vogliamo vederla o l’abbiamo volutamente ignorata. A volte siamo noi a determinare le condizioni che rendono drammatica la malattia». Infine un messaggio, alla base di qualsiasi azione terapeutica, che voglia considerare il malato come persona, donna e uomo impegnato in una prova che ne condizionerà la sua stessa sopravvivenza: «Non si può accettare – ha rimarcato il dottor Calciano – nel terzo millennio questa violenza. Voglio richiamare quello che ho scritto nelle scorse settimane proprio su questo tema “Un Paese normale, un Paese civile non può tollerare la violenza, la protervia, la pretesa di mariti, compagni, fidanzati che non sono cresciuti, non vogliono crescere e pretendono d’imporre la propria autorità verso le mogli, le compagne, le fidanzate. Uomini ignoranti, presuntuosi, immaturi, che pensano d’essere i padroni. Non accettano che la loro compagna possa crescere, maturare, sviluppare un’autonomia culturale, sociale, economica. Pensano d’essere i padroni del mondo: loro, loro sì possono lasciare la donna, abbandonarla, dirle ora basta. Non tollerano costoro che sia la donna a troncare il rapporto, a dire basta. Intollerabile per costoro, sentono minata la loro autorità basata sull’ignoranza. Alleati di costoro è la paura delle donne, la paura di non essere tutelate, di non essere capite, d’essere additate, laddove prendono loro l’iniziativa di lasciarli, di essere considerate negativamente dalla società in cui vivono. Società che diviene forse omertosa su quest’aspetto, relegando la donna a un ruolo  secondario. Un episodio di violenza, anche solo il primo va denunziato, portato fuori». Leggendolo, sfogliando le pagine di questo stupendo romanzo, impreziosito dalla copertina realizzata dal maestro Franco Artese, si viene messi a parte di una riflessione che concede e a se stessi un pò di tempo per un piacere individuale: un invito all’amore, alla condivisione nei rapporti umani a partire da quelli familiari.

DIECI storie che richiamano momenti di sofferenza, di malattia, a volte con una conclusione felice, a volte in modo drammatico: un’emozione forte che ci si porta dentro dopo la lettura del romanzo intitolato  J. , con il  dottor Francesco Paolo Calciano, medico di medicina generale e responsabile medico dell’associazione Amici del Cuore Grassano e del Club del sorriso. 

Intanto il titolo: J, una sola consonante, «per individuare tutte le donne, alle quali deve andare la nostra attenzione, il massimo del rispetto», annota il dottor Calciano, che poi evidenzia: «E’ la vita con le sue sfaccettature, con l’epilogo, la fine della storia che non è sempre quella che possiamo desiderare, ovvero il lieto fine. Nella vita – ha evidenziato il dottor Calciano – accade di tutto, il bello, il brutto, l’attesa, il desiderio, la delusione, la felicità e la gioia gridate a polmoni aperti. La vita è una complessità di eventi, questo è una sua peculiarità». “

Ci si interroga a volte su quel che accade nella vita. Una storia termina in giovane età, mentre un’altra raggiunge lontani traguardi. E’ il fato, una storia recondita, a noi sconosciuta, che determina avvenimenti allegri, felici, o immani tragedie?”, si legge fra le pagine del romanzo. Poi il dottor Calciano riannoda i tasselli di una patologia che investe in maniera così totalizzante l’esistenza singola: «Spesso quando una persona a noi cara, o noi stessi, siamo colpiti da una malattia importante, una cardiopatia severa o un cancro, ci chiediamo perché. Perché a noi, perché alla persona a noi cara.  E’ umano chiedersi questo. La risposta spesse volte è lì vicino a noi. Non vogliamo vederla o l’abbiamo volutamente ignorata. A volte siamo noi a determinare le condizioni che rendono drammatica la malattia». 

Infine un messaggio, alla base di qualsiasi azione terapeutica, che voglia considerare il malato come persona, donna e uomo impegnato in una prova che ne condizionerà la sua stessa sopravvivenza: «Non si può accettare – ha rimarcato il dottor Calciano – nel terzo millennio questa violenza. Voglio richiamare quello che ho scritto nelle scorse settimane proprio su questo tema “Un Paese normale, un Paese civile non può tollerare la violenza, la protervia, la pretesa di mariti, compagni, fidanzati che non sono cresciuti, non vogliono crescere e pretendono d’imporre la propria autorità verso le mogli, le compagne, le fidanzate. Uomini ignoranti, presuntuosi, immaturi, che pensano d’essere i padroni. 

Non accettano che la loro compagna possa crescere, maturare, sviluppare un’autonomia culturale, sociale, economica. Pensano d’essere i padroni del mondo: loro, loro sì possono lasciare la donna, abbandonarla, dirle ora basta. Non tollerano costoro che sia la donna a troncare il rapporto, a dire basta. Intollerabile per costoro, sentono minata la loro autorità basata sull’ignoranza. Alleati di costoro è la paura delle donne, la paura di non essere tutelate, di non essere capite, d’essere additate, laddove prendono loro l’iniziativa di lasciarli, di essere considerate negativamente dalla società in cui vivono. Società che diviene forse omertosa su quest’aspetto, relegando la donna a un ruolo  secondario. 

Un episodio di violenza, anche solo il primo va denunziato, portato fuori». Leggendolo, sfogliando le pagine di questo stupendo romanzo, impreziosito dalla copertina realizzata dal maestro Franco Artese, si viene messi a parte di una riflessione che concede e a se stessi un pò di tempo per un piacere individuale: un invito all’amore, alla condivisione nei rapporti umani a partire da quelli familiari. 

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