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Mi diverto un mondo a scrivere e raccontare storie di calcio. Ne ho viste tante e, sicuramente, continuerò a vederne parecchie, ma una riflessione va fatta sui personaggi che compongono il calcio dilettantistico.
Premessa fondamentale: ci sono tante eccezioni, per fortuna. Si vedono. E si conoscono. Ma gli altri? Stiamo prendendo una brutta deriva.
Partiamo dai dirigenti: di tutto e di più. Pensano di saperne sempre più degli altri, anche dei propri allenatori, che infatti esonerano dopo poche partite, a volta senza criterio. Di recente va di moda la categoria dei bugiardi. “I nostri calciatori sono stati tutti saldati” si affannano a dire. Sì, quelli che sono rimasti, nel tentativo di recuperare qualcosa con dilazioni annuali. E gli altri? Quelli che non ci sono più?
Ecco gli allenatori. Una volta in panchina trovavi quelli bravi. Quelli che vincevano.
E adesso? Vanno di moda i peones, gli illustri sconosciuti, quelli che si accontentano (“tengo famiglia”), pur di avere una panchina. E la dignità? Parola grossa.
Assieme a tanti che lavorano, si aggiornano, si impegnano, ce ne sono altri che sbucano dal nulla. Lo sponsor aiuta. Hai visto mai…
Poi sul campo si gioca a “palla fai tu”.
E i calciatori? Se i tecnici almeno hanno le spalle coperte (con la classica vertenza), qui si è nella terra di nessuno. Ma mi chiedo: perché andate in quella società, se sapete che paga fino a dicembre? Siamo in Calabria, ci si conosce tutti. Non è meglio accontentarsi e andare dove vi danno magari poco, ma almeno vi danno tutto?
E invece nulla. Ci si ostina a dare credito ai fanfaroni. Si continua ad essere dei veri e propri ingenui.
Già che ci sono, ne ho anche per i giornalisti. Oggi siamo nell’era del “copia e incolla”.
Oggi ci si alza la mattina e si diventa all’improvviso giornalisti. Va bene così.
Ci sono giovani, amici e colleghi, che si fanno un mazzo tanto, che sono bravi e ci mettono passione e credibilità, spesso senza alcuna gratificazione. A loro va tutta la mia ammirazione. A prescindere da dove scrivono.
Non voglio insegnare nulla. Casomai imparo. Una cosa voglio però dirla: il giornalista si fa sul campo. Prendendo acqua e grandine, neve e vento, oppure arrostendo al sole. La partita non te la devi fare raccontare dal dirigente o dal tecnico. Ogni tanto vacci sul campo, anche per farti vedere!
Perché ne va della professionalità tua e dell’intera categoria.
Leggo di partite firmate dallo stesso autore, nello stesso giorno: tre, quattro partite! Qui siamo nel mondo del paranormale! Fantasmi. Poco credibili.
È calcio, tutto ciò? O è pallone annacquato?

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