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Saarebbero tutti affiliati al clan dei Cerra-Torcasio-Gualtieri e sono accusati di estorsioni e spaccio di stupefacenti

LAMEZIA TERME – I carabinieri di Catanzaro hanno arrestato, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia, 52 affiliati alla cosca di ‘ndrangheta “Cerra – Torcasio – Gualtieri” attiva nella piana di Lamezia. Sono tutti ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina.

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Le indagini del Nucleo Investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme, hanno permesso di documentare le estorsioni e i danni a imprenditori e commercianti del territorio, più una intensa attività di spaccio di stupefacenti. Nel corso delle indagini, inoltre, sono stati recuperati e sequestrati ingenti quantitativi di armi e droga (GUARDA IL VIDEO).

 Come Falcone e Borsellino

«Facciamo Falcone e Borsellino a Lamezia Terme»: così il reggente della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, Antonio Miceli, si rivolgeva, in un dialogo che é stato intercettato, ad alcuni affiliati per spiegare la sua strategia per creare un «clima di terrore» nella città calabrese. L’intercettazione è contenuta nel provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro nei confronti di 52 persone accusate di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato e rapina.

LEGGI I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE CRISALIDE
NEL FASCICOLO AD AGGIORNAMENTO DINAMICO

I dettagli dell’operazione, denominata “Crisalide”, sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato il procuratore Nicola Gratteri; l’aggiunto Giovanni Bombardieri; il generale Vincenzo Paticchio, che comanda la Legione carabinieri Calabria; il comandante provinciale Marco Pecci ed il comandante del Reparto operativo provinciale, il tenente colonnello Alceo Greco, insieme ad altri ufficiali dell’Arma. Una intercettazione che «ci indigna», hanno detto i magistrati e i vertici dell’Arma durante la conferenza stampa.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Miceli avrebbe spinto per l’acquisto di un grosso quantitativo di esplosivo da utilizzare per commettere danneggiamenti: “…. tra oggi e domani … mi fa sapere quanto vogliono. Gli ho detto o Ci quanto vogliono vogliono tu bloccali tutti … che … facciamo Falcone e Borsellino a Lamezia …”. Il messaggio, dunque, è quello di una cosca capace di acquisire esplosivo in quantitativi imponenti. Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha evidenziato: «Si stavano preparando a creare un clima di terrore perché avevano già comprato ed erano arrivate a Lamezia armi da guerra, oltre che esplosivo».

Secondo il generale Paticchio, il riferimento alle stragi di Capaci e via D’Amelio «è raccapricciante, ma proprio operazioni come quella di oggi dimostrano come il testimone lasciato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è stato raccolto».

 I rapporti con la politica

I carabinieri stanno svolgendo indagini su presunti rapporti tra ambienti politici di Lamezia Terme e le cosche di ‘ndrangheta Cerra-Torcasio-Gualtieri. L’inchiesta, secondo quanto ha reso noto il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, ha consentito di fare emergere «i rapporti tra le cosche e alcuni referenti politici in relazione alle ultime elezioni comunali a Lamezia, svoltesi nel 2015. Siamo riusciti, tra l’altro – ha detto Bombardieri – a monitorare l’incontro tra i vertici della cosca e un candidato che per paura di essere riconosciuto si presenta nel quartier generale del gruppo criminale tenendo sempre il cappuccio della felpa sulla testa».

Proprio per approfondire i legami tra ambienti politici di Lamezia Terme e la criminalità organizzata questa mattina i carabinieri hanno effettuato alcune perquisizioni. Tre avvisi di garanzia sono stati notificati proprio per questo filone giudiziario. Si tratta di Giuseppe Paladino, attuale vicepresidente del Consiglio comunale, Pasqualino Ruberto e Giovanni Paladino, quest’ultimo si è dimesso nelle ore successive dal Consiglio Comunale. L’ipotesi è quella di una influenza della cosca sulle ultime elezioni comunali.

I nomi

Questi i nomi dei fermati: Antonio Miceli, Nicola Gultieri inteso “Nicolino”, Giuseppe Grande “U pruppo”, Vincenzo Grande, Daniele Grande, Teresa Torcasio, Antonio Domenicano, Mattia Mancuso, Danilo Fiumara, Luca Salvatore Torchia, Ottavio Muscimarro, Paolo Strangis, Rosario Muraca, Domenico De Rito inteso “Tutu'”, Alessio Morrison Gagliardi, Emmanuel Fiorino, Fortunato Mercuri, Carloalberto Gigliotti, Vincenzo Brizzi, Michele Grillo, Alessandro Gualtieri, Claudio Vescio inteso “caio”, Vincenzo Strangis, Alex Morelli detto “ciba”, Antonio Torcasio detto “pallella”, Davide Cosentino, Ivan Di Cello detto “Ivanuzzu”, Alfonso Calfa detto “paparacchiu”, Pino Esposito, Smeraldo Davoli, Antonio Perri detto “Totò, Antonio Muoio, Giuseppe De Fazio, Antonio Mazza, Antonio Saladino detto “birricella”, Antonio Franceschi, Massimo Gualtieri, Vincenzo Catanzaro, Antonio Francesco De Biasem Giuseppe Costanzo, Antonio Gullo, Guglielmo Mastroianni, Antonio Paola “satabanco”, Antonello Amato, Daniele Amato, Flavio Bevilacqua, Salvatore Mazzotta, Concetto Franceschi, Saverio Torcasio, Maurizio Caruso.

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