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Giovanni Aiello

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CATANZARO – Morte per cause naturali: è questa la conclusione della perizia effettuata sul corpo di Giovanni Aiello, l’ex agente della squadra mobile di Palermo ritenuto vicino ai servizi e indicato da alcuni collaboratori di giustizia con l’epiteto “Faccia da mostro”, morto il 21 agosto scorso sulla spiaggia di Montauro (LEGGI).

La Procura di Catanzaro dopo l’autopsia aveva disposto anche un esame tossicologico. Le analisi, confluite in una relazione consegnata in questi giorni al pm titolare del fascicolo, Vito Valerio, hanno dato esito negativo confermando il decesso per un malore cardiaco.

Ora la salma – conservata al cimitero di Montauro dove il 24 agosto scorso sono stati già celebrati i funerali proprio in attesa dell’esito degli esami disposti – verrà riconsegnata ai familiari e nei prossimi sarà cremata così come aveva richiesto lo stesso Aiello.

Appena ieri, è proseguito dinanzi alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, il processo scaturito dall’indagine della Dda denominata “ndrangheta stragist” che vede alla sbarra il boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, capobastone di Melicucco, nella piana di Gioia Tauro, “uomo” di fiducia dei Piromalli.

Il collaboratore di giustizia Consolato Villani, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Lombardo, ha detto di avere incontrato in una occasione l’ex poliziotto della squadra mobile di Palermo Giovanni Aiello, “faccia di mostro” giunto a Reggio Calabria con una donna per contattare alcuni componenti del suo clan.

Villani ha anche riferito di «avere brindato con Giuseppe Calabrò dopo l’uccisione dei carabinieri Fava e Garofalo a Scilla nel 1994». Graviano e Filippone rispondono come mandanti del duplice omicidio, avvenuto in un contesto di attacco generalizzato contro lo Stato. Il collaboratore di giustizia, apparso anche oggi con il volto travisato da un cappuccio di colore amaranto, ha affermato di avere chiamato i carabinieri da una cabina telefonica della zona sud di Reggio Calabria per rivendicare l’agguato mortale per conto di una fantomatica organizzazione terroristica, la “falange armata”.

Villani, infine, ha confermato di avere conosciuto di persona anche Rocco Santo Filippone. «Mi recai – ha detto – a casa sua a Melicucco. In un’occasione, mio padre gli disse chiaramente che mi stava rovinando, e successivamente, mi incontrai con uno dei suoi figli il quale mi diede un kalashnikov che provammo nei pressi di un distributore di carburante, vicino alla loro villa».

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