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Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri

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CATANZARO – L’immagine che ritorna è quella di una ‘ndrangheta vestita in giacca e cravatta, capace di stringere «accordi con le istituzioni», in una terra in cui occorre «una nuova classe dirigente». Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, ha affrontato più volte questi temi, tracciando le caratteristiche della più potente organizzazione criminale che ci sia al mondo.  

Il suo è il ruolo di un personaggio scomodo, inviso a quelli che lui stesso definisce «centri di potere» e che in questi ultimi mesi stanno analizzando ogni singola mossa sperando in un piccolo passo falso del magistrato più esposto d’Italia. Gratteri ha raccontato questo clima in una intervista a Tg2 Storie, andata in onda la scorsa notte: «C’è molta pressione da parte di centri di potere – ha detto – noi dobbiamo stare attenti, essere concentrati, non reagire, non fare falli di reazione, avere nervi saldi e spalle larghe». 

L’idea è quella di un procuratore che divide e questo accade perché, come ha spiegato, «sono me stesso, dico sempre quello che penso. Quando non posso dire la verità sto zitto. Molte volte – ha aggiunto – dico cose che non sono particolarmente gradite a certi centri di potere, quali la massoneria deviata». 

Ed è proprio questo il punto cruciale spiegato da Nicola Gratteri: «Non c’è un confine tra ‘ndrangheta e massoneria, con la creazione della Santa, che è la prima dote della società maggiore della ‘ndrangheta, è possibile che lo stesso soggetto sia ‘ndranghetista e massone». 

«Questa è la vera forza della ndrangheta – ha sostenuto il procuratore di Catanzaro – che non ha partecipato in modo corale allo stragismo chiesto più volte da Cosa nostra. La ‘ndrangheta già dagli anni Settanta aveva accordi diretti con le istituzioni. È l’unica mafia presente in tutti i continenti, con i “locali” e cloni uguali in tutto il mondo». 

E se da un lato Gratteri attira l’azione di vendetta della malavita, dall’altra ha un grande seguito tra i calabresi e non solo: «Cerco di impegnarmi per trasmettere i valori che mi hanno trasmesso i miei genitori semianalfabeti – ha sottolineato – ma che avevano due grandi valori: quelli dell’onestà e della generosità». Gratteri si definisce, come padre e marito, una persona «fisicamente molto poco presente, con i miei figli che non vivono più in Calabria», ma sarebbe felice di poterli fare tornare «se solo ci fossero le occasioni di lavoro». 

Un uomo normale, dunque, ma che vive una vita complessa e difficile, sotto scorta da oltre trenta anni e con la consapevolezza di convivere con la paura: «Io parlo con la morte, so che potrebbe capitare di morire, però addomestico la paura e arrivo alla conclusione che se dovessi morire non sarebbe un dramma. Ho avuto tantissimo dalla vita. Sono partito da un paesino di duemila abitanti, con genitori semianalfabeti. Dall’89 sono con la scorta, per fare dieci metri devo discutere con loro. Non posso prendere un gelato o fare un bagno al mare». 

Il procuratore mostra anche le idee chiare su quali potrebbero essere gli interventi da applicare nella sua terra: «La Calabria ha bisogno di una nuova classe dirigente fatta da persone che hanno studiato. Capita – ha spiegato – di imbattersi nella pubblica amministrazione calabrese in persone che sono entrate come usciere o autista e si ritrovano dirigenti». Per questo, si dice favorevole allo spoil system per riorganizzare gli apparati amministrativi. 

Teorie per nulla lontane da una ipotesi di rinnovato percorso della sanità, definita da Gratteri come luogo di «denaro e potere, gestito in modo clientelare e certe volte anche mafiose. C’è da smontare tutto», ha incalzato.  

Solo una domanda lo blocca, il giudizio sulla classe politica calabrese: «Non posso dare giudizi – ha chiosato davanti alla domanda del giornalista – dopo l’estate ci saranno le elezioni. Potrei orientare da un lato o dell’altro. Non è un segreto che tutti mi chiedono di candidarmi».  

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