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Il Policlinico Mater Domini di Catanzaro

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CATANZARO – Il presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, pigia forte sull’acceleratore. Non a caso nel primo Consiglio regionale, prima di presentare il suo programma di governo, ha esposto un resoconto dei suoi 50 giorni di attività.

Un racconto intessuto di incontri romani soprattutto, ma non solo, per delineare le strategie che dovrebbero modernizzare la nostra regione, a partire dalla sanità. Sul piatto Occhiuto ha messo le sue ottime entrature romane (al governo, ma anche nelle grandi aziende di Stato) e una serie di idee innovative.

I ritardi da recuperare sono molteplici, per questo bisogna correre forte. Si veda il caso della cosiddetta “Azienda zero” portata in Consiglio senza passare dalle commissioni che ancora non erano costituite e che ha lasciato spiazzati gran parte dei consiglieri.

La velocità è quella giusta, ma per correre bisogna avere una macchina affidabile e questo è il grande rebus di questa legislatura: la macchina burocratica regionale riuscirà a stare al passo di Occhiuto e delle due idee?

Il dubbio è legittimo se guardiamo quanto accaduto intorno alla fusione, che il Consiglio regionale insegue da anni, fra l’azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e l’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini” di Catanzaro. La legge prevede che l’unificazione avvenga mediante fusione per incorporazione dell’azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” nell’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini: l’azienda “Mater Domini” assume la denominazione di azienda ospedaliera universitaria “Renato Dulbecco” e subentrerà nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio”.

Si dispone poi che «l’attuazione della fusione è affidata al protocollo di intesa» tra il commissario della sanità calabrese e il Rettore dell’Università di Catanzaro, da sottoscriversi entro un anno dall’entrata in vigore della legge. Tutto a posto quindi? Fino alla curva perché il 17 dicembre scorso il direttore generale del ministero della Salute, Andrea Urbani, ha scritto al commissario Occhiuto, al dg del Dipartimento Salute Iole Fantozzi e alla dottoressa Adduce, responsabile del tavolo interministeriale di controllo.

Poche righe ma pesantissime nel contenuto e anche nella forma. Urbani nella missiva chiede infatti la trasmissione in via informatica della legge approvata sulla fusione. Scrive di aver saputo dalla stampa di questa normativa anche se ne era certamente venuto a conoscenza qualche giorno prima visto che il 13 si era tenuto il tavolo di verifica al quale avevano partecipato tutti i soggetti in indirizzo della lettera.

Ma Urbani non si limita a questo. Nella lettera rammenta a tutti che ogni provvedimento che in qualche modo vada ad intaccare il Piano di rientro deve essere preventivamente sottoposto al nulla osta dei ministeri della Salute e delle Finanze. In questa fattispecie sembra rientrare anche “Azienda zero” anche se non è espressamente citata.

Insomma in poche righe un vero e proprio knock out alla burocrazia regionale. Possibile che dopo dodici anni di commissariamento nessuno degli uffici si sia ricordato di quest’obbligo? Chi ha assistito il consigliere proponente nella stesura del testo non sapeva nulla? L’idea possibile che non sia balenata nemmeno ai consulenti del presidente?

Non sappiamo adesso quali saranno le conseguenze di questa missiva, ma la storia sembra sintomatica della discrasia fra la velocità del presidente e il corpo molle della Regione.

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