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Sara Tafuri

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La storia dell’attrice di Catanzaro, Sara Tafuri, a un anno dalla scomparsa, dagli esordi con Fellini all’incidente che la ridusse quasi in fin di vita


C’era un’antica bellezza nel volto di Sara Tafuri. Un corpo minuto colmo di sensualità, un sorriso di chi la sapeva lunga, un lieve strabismo che donava al suo sguardo una potente carica erotica, e riccioli neri, indomabili come lo era lei. Il sole negli occhi, il mare sotto la pelle. Sara era giunta a Roma da Catanzaro in treno il primo maggio del 1979.

Decisa a intraprendere la carriera cinematografica, la giovane ventitreenne si era formata in una scuola di recitazione calabrese messa su dal professore Antonio Panzarella che aveva creato presso il Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) di Catanzaro il Teatro Scuola, tra i cui insegnanti figurava anche il compianto Gianni Diotaiuti. Diversi a quel tempo erano gli studenti iscritti, tra coloro che sarebbero riusciti a fare carriera nel mondo dello spettacolo c’erano Carlo Greco, Diego Verdegiglio, Rosa Ferraiolo, Adele Fulciniti, Franco Grande, Pino Michienzi e Anna Maria de Luca. Di questa squadra faceva parte anche Lillo Zingaropoli che poco dopo avrebbe fondato, insieme ad alcuni compagni di corso, la Compagnia Calabrese del Teatro di Prosa cui poi si unirono, tra altri aspiranti attori, Aldo Conforto, Loredana Verdegiglio e Marina Colonna.

Alcuni del gruppo del Teatro Scuola furono in seguito presi sotto l’ala protettiva del regista Mario Foglietti che, colpito dalla loro bravura, li volle nel cast di diversi sceneggiati prodotti dalla Rai di Napoli.

SARA , CHE ERA ROSARIA, IN OMAGGIO ALLA NONNA


Sara, che di nome faceva Rosaria in omaggio alla nonna paterna, era la figlia di un noto pasticcere catanzarese, Nando Tafuri, il quale aveva il suo laboratorio nel quartiere le Cocole, al centro storico di Catanzaro. La pasticceria, famosa in tutta la zona per i suoi dolci, riforniva i locali più noti della città.
La famiglia Tafuri proveniva dal rione Santa Barbara, è lì che Sara era nata e aveva trascorso la sua giovinezza. Maggiore di cinque figli, la giovane aveva studiato ragioneria all’Istituto Tecnico Grimaldi di Via Alessandro Turco.

Ma prima di approdare alla scuola di recitazione di Panzarella Sara era passata per la gavetta dei lavori pratici, rappresentante di libri, di prodotti per la casa, ragioniera in una concessionaria, programmatrice elettronica in un centro elettronico cittadino, organizzatrice aziendale in una società di Catanzaro, e, al bisogno, modella promozionale per la signora Fittante che aveva il suo negozio di pellicce davanti al Teatro Politeama.

L’AMORE PER IL TEATRO


Il suo interesse per il teatro era nato assistendo alle prove di spettacoli messi in scena dal fratello Pino e dall’amico Mario Mancaruso, futuri attori del teatro vernacolare calabrese. La scuola di recitazione non era solo un luogo di aggregazione, Sara vi vedeva il modo per uscire dalla realtà di provincia. Ma non le sarebbe bastato fare l’attrice, voleva la celebrità. Ad ogni costo.
L’esordio teatrale avvenne nel 1977 con uno spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Cosenza, Chi non à non è, da lì ne seguirono degli altri, La locandiera, con la regia di Diotaiuti, lo spettacolo di cabaret Quelli del Cabaclan, della compagnia di Zingaropoli, un recital di poesie scelte dal titolo Poesia e verità del regista messinese Vittorio Ciccocioppo, e La regina in berlina, diretto dal drammaturgo e poeta Rodolfo Chirico.

DAL TEATRO AL CINEMA FINO ALLA TELEVISIONE


Il passaggio da teatro a cinema passò per la televisione. Nell’afosissima estate del 1978 per la terza rete televisiva si girava a Badolato un episodio della serie A torto e a ragione, e Sara era riuscita a ottenere un piccolo ruolo accanto al protagonista Gabriele Ferzetti. Non sulle tavole di un palcoscenico ma davanti ad una macchina da presa, quello lei sentiva essere il suo posto. Il desiderio di sfondare nel mondo dello spettacolo che si faceva sempre più pressante. Partire per Roma, la capitale del cinema.

SARA TAFURI, LA FIGLIA DEBORAH, IL MATRIMONIO RIPARATORE

Un solo problema, Sara era già madre di una bimba di sei anni, Deborah, avuta durante l’adolescenza da un compagno di liceo, Roberto, più grande di lei di un anno. Un matrimonio riparatore alle spalle, un conseguente divorzio dopo quattro anni di convivenza e gli attriti con il padre Nando, inflessibile e severo anche con la moglie Pierina, questo il clima che Sara respirava nella sua città.

LA VITA A ROMA


Decisa a non cedere al volere paterno che per lei avrebbe voluto una vita più tranquilla e sicura, scommise con i genitori di fare un esperimento di un mese nella capitale, se non fosse andata come voleva sarebbe tornata a casa al suo lavoro di programmatrice elettronica e ad aiutare occasionalmente il padre in pasticceria.

LA STANZETTA A VIA DELLA CROCE


Giunta a Roma con la sua amica e compagna di recitazione Rosa Ferraiolo, Sara prese in affitto una camera in una pensione di Via della Croce, proprio sopra alla famosa Fiaschetteria Beltramme, o “da Cesaretto” come in gergo la si chiamava, luogo di ritrovo, già nel dopoguerra, di tutta l’élite culturale romana. Di casa qui erano Federico Fellini, Mario Soldati, Mimmo Rotella e tanti altri. Proprio tra i tavoli di questo locale Sara conobbe il fotografo Edoardo Fornaciari col quale si accordò per farsi scattare qualche foto per book fotografici da presentare alle varie produzioni cinematografiche.

L’INCONTRO CON FELLINI


Tra queste c’era pure quella di Fellini che da pochissimi giorni, Sara lo aveva saputo per passaparola, aveva cominciato le riprese de La città delle donne.
Fellini non la chiamò, ma Sara, caparbia, non si perse d’animo. Prese il “tranvetto” che dalla Stazione Termini l’avrebbe portata a Cinecittà e si piazzò fuori dal Teatro 5. Attese che il regista finisse di girare e all’uscita lo fermò chiamandolo «Federico!», proponendosi di persona, lì su due piedi. Fellini dapprima perplesso le promise una particina, tre giorni di lavoro in tutto. Finì che Sara rimase sul set un mese e mezzo nella parte di un’ammiccante soubrettina che, accanto alla giunonica Donatella Damiani, faceva girare la testa ad un infiammato Marcello Mastroianni. Non aveva battute Sara in quella veste, recitava solo col suo corpo, sinuoso ma non propriamente “felliniano”.

IL PROGRAMMA CON CORRADO


La strada era aperta. Un altro ruolo l’ebbe nel film di Damiano Damiani L’avvertimento, ma fu con Tre fratelli di Francesco Rosi che Sara diede il suo meglio nella parte di una vedova bianca di un paesino delle Puglie ancora invaghita di un suo amore passato, interpretato da Michele Placido. Il film sarebbe stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1981.
Col film di Rosi Sara si fece notare tanto da essere scelta dal presentatore Corrado per il programma tv Gran Canal, in onda per nove sere sulla Rete 2 nella primavera del 1981. Il suo ruolo consisteva nel recitare con un gruppetto fisso di attori che nel corso delle puntate metteva in scena in tempo reale sketch comici su indicazione dei telespettatori che telefonavano in trasmissione.

SARA TAFURI E LA CELEBRITÀ


La celebrità da lei tanto perseguita era finalmente arrivata, l’attenzione della stampa scandalistica dell’epoca ne fece oggetto di diversi articoli, tutti più o meno esagerati, sul suo passato, sulla figlia “segreta”, sui suoi amanti, veri o presunti.
Terminato Gran Canal Sara ottenne una parte ne In silenzio, da una novella di Pirandello, con la regia di Luigi Filippo D’Amico, girato per la Rete 1 nel 1981 ma andato in onda solo nel 1985. E nel 1982 fu protagonista assoluta, accanto ad Alessandro Haber e Carlo Cartier, nelle riprese dello sceneggiato in due puntate Bebawi – Il delitto di Via Lazio, che sarebbe andato in onda l’anno successivo sulla seconda rete. Nel 1985 Sara fu anche tra gli interpreti de L’arte della semplicità, un mediometraggio dedicato allo scrittore calabrese Mario La Cava, regia di Foglietti su testi del critico letterario e semiologo Luigi Tassoni.

L’INCIDENTE


È di questo periodo la sceneggiatura, da lei scritta, di un film che avrebbe dovuto chiamarsi Arcobaleno. Non vedrà mai luce. Una sera di giugno del 1986, tornando dal mare, nella sua città, un brutto incidente d’auto la strappa alla carriera che ormai le apparteneva. Trasferita da un ospedale all’altro tra sud e nord Italia, Sara si risveglia dopo quattordici mesi di coma quando la speranza sembrava ormai perduta. Torna alla vita, sì, con la forza che la caratterizzava. Non più la stessa di prima però.

UNA DONNA FORTE


Ad un anno dalla scomparsa, di lei ci restano i suoi film, una sceneggiatura ancora chiusa in un cassetto, l’amore di chi l’ha conosciuta, il ricordo di una donna forte, indipendente, donna del sud cresciuta in un contesto sociale maschilista e opprimente, eppure ribelle ad ogni costrizione. La vera bellezza di quella ragazza che sapeva di sole, che sapeva di mare.

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