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In corso Plebiscito a Cosenza, sulla balconata che guarda la confluenza dei due fiumi, c’è un busto bronzeo dedicato a Giorgio Castriota detto Scanderbeg (1405-1468). L’opera è stata realizzata dall’artista Odhise Paskali (1903-1985) il più importante scultore albanese del XX secolo e numerose copie furono donate nel 1975 dal Governo di Tirana a tutti i centri italo-albanesi di Calabria e Sicilia. Anche la città di Cosenza, dove abitano almeno 5 mila arbereshe, ha ricevuto in dono la scultura. Nel novembre 1978 il bassorilievo fu posto nella piazza XXV Luglio (vicino piazza Cappello), che fu denominata piazza Scanderbeg. Nel 1988, su richiesta di papàs Antonio Bellusci, primo parroco della Chiesa del Santissimo Salvatore, l’opera fu spostata nei pressi della parrocchia di rito greco-bizantino appartenente all’Eparchia di Lungro, per solennizzare il decimo anniversario dell’erezione della parrocchia “personale” degli arberesche cosentini.

Annualmente, sul busto di Scanderberg, i fedeli italo-albanesi il 17 gennaio, nell’anniversario della morte del loro eroe, depongono una corona di fiori a ricordo dell’intrepida resistenza all’invasione ottomana. Scanderbeg, con la sua scaltrezza militare, fermò per 25 anni l’invasione in Albania e il sultano Maometto II ebbe a dire che a causa della sconfitta di Skojpe (1462) tramontò definitivamente il sogno turco di islamizzare Roma e l’Europa.

La scultura raffigura Scanderbeg, «l’atleta di Cristo», come fu soprannominato da papa Callisto III, con uno strano copricapo: un elmo con le corna di capra. Durante una battaglia contro i turchi, che si prolungò oltre il tramonto, l’astuto condottiero ordinò ai suoi soldati di legare delle torce accese alle corna di un branco di capre. Di notte liberò gli ovini nei pressi dell’accampamento ottomano; i turchi, credendo di essere assaliti dalle forze nemiche, batterono in ritirata. Da allora Scanderbeg adottò quale suo emblema le corna delle capre, facendole raffigurare sul suo elmo, che attualmente è conservato nel Museo di Storia dell’arte di Vienna. Scanderbeg morì di malaria nel 1468, una nipote che aveva sposato il principe Sanseverino di Bisignano, accolse in terra calabra tutti quegli albanesi che per amore della vita, della libertà e della fede cristiana dovettero lasciare il paese delle aquile. Da quasi 550 anni gli eredi di Scanderbeg hanno mantenuto intatta la loro identità, non solo linguistica: un esempio di integrazione, ma non di omologazione.

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