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Tiziana Mirabelli

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Omicidio di Rocco Gioffrè, il gip di Cosenza rigetta la richiesta della difesa ed evidenzia nelle chat reciproche richieste affettive

QUELLI di Rocco Gioffrè non erano tentativi di «sopraffazione o di molestie sessuali» a cui la Mirabelli «tentava di sfuggire». Al contrario, i dati ricavabili dalla lettura integrale delle chat Whatsapp intercorse tra i due, in particolare nei giorni 11, 12 e 13 febbraio – quelli immediatamente precedenti l’omicidio – evidenziano un atteggiamento della donna «tutt’altro che tendente a sfuggire al Gioffrè quanto, piuttosto, di insistenza rispetto al suo interlocutore e al suo distaccato atteggiamento».

A metterlo nero su bianco è il gip Alfredo Cosenza, chiamato a esprimersi sull’istanza di scarcerazione avanzata dal legale della donna – rea confessa dell’assassinio del suo vicino di casa -, l’avvocato Cristian Cristiano. Quest’ultimo aveva allegato alla richiesta alcuni stralci di conversazioni Whatsapp e Facebook tra Mirabelli e Gioffré, sulla base dei quali aveva sostenuto che l’anziano esercitasse – anche attraverso delle microspie – «una continua ed opprimente gelosia», «un controllo morboso sulla Mirabelli, sulla sua abitazione e sui suoi rapporti sociali», oltre a rivolgere nei suoi confronti «ripetute ed esplicite avances sessuali».

OMICIDIO GIOFFRÈ, IL GIP INVITA AD ANALIZZARE LE CHAT NEL LORO COMPLESSO

Per il giudice Cosenza è una tesi che non regge. Il motivo è racchiuso nelle 12 pagine in cui rigetta l’istanza di revoca della misura cautelare: quel che viene fuori dalla lettura della messaggistica è, infatti, un «complesso quadro di rapporti tra il Gioffrè e la donna con continue ma soprattutto reciproche richieste di vicinanza, di affetto, di contatti fisici, di piccole cortesie come caffè e sigarette, anche il riferimento a pregresse dazioni di denaro delle quali, peraltro, Mirabelli Tiziana non ha fornito, fino al momento attuale, una convincente spiegazione».

Soltanto pochi giorni prima di ucciderlo con 36 coltellate è “Titti” (questo il nickname usato da Tiziana) a scrivere a Rocco alias “Bruno”: «Perché non facciamo pace? Mi manchi», «Potevamo stare un po’ insieme tu voglia di me non ne hai io sì, peccato». Il 13 febbraio è ancora lei a dargli il buongiorno dicendo «ti ho aperto la porta», e lui: «Grazie puoi chiuderla». Ai continui rifiuti da parte dell’uomo, Tiziana sembra non darsi pace: «Delle volte mi viene da piangere perché non ti capisco, almeno se sapessi perché ci starei meno male», e ancora: «Io non ti capisco perché adesso mi eviti, è da stamattina che ci sto male».

«È LA MIRABELLI A CHIEDERE INSISTENTEMENTE ATTENZIONI A GIOFFRÈ»

Insomma, annota il gip, «è la Mirabelli a richiedere al Gioffrè, insistentemente, attenzioni che l’uomo non intende riconoscerle». Una circostanza indicata come «particolarmente significativa in quanto temporalmente riferibile proprio alle ore immediatamente precedenti l’omicidio». Quanto alle microspie che Gioffré avrebbe piazzato nell’abitazione della Mirabelli per spiarla, esse vanno lette, a parere del gip, nel quadro complessivo di «un rapporto malato i cui esatti termini ancora sfuggono a una compiuta ricostruzione».

Inoltre, i dati indicati dalla difesa a fondamento della richiesta di revoca della misura in atto «non possono indurre a trascurare il dato oggettivo di quanto accertato in ordine alla dinamica dell’azione lesiva, condotta con ben 36 fendenti, inferti con un coltello da cucina, al corpo di Rocco Gioffrè anche dopo che questi era caduto in terra ormai esanime». Tiziana Mirabelli, dunque, resta in carcere, in attesa di nuovi, imminenti risvolti investigativi.

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