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PAOLA (COSENZA) – Una cicca di sigarette gettata in mare e il successivo richiamo al villeggiante incivile da parte del carabiniere. È questo il motivo alla base del litigio che, ieri sera, ha portato al decesso di Antonio Carbone (LEGGI), militare dell’Arma originario di Paola e in servizio a Torino, in convalescenza per un intervento chirurgico all’anca.

L’uomo, che si trovava presso il lido con parenti e amici, ha notato il villeggiante gettare in acqua la cicca di sigaretta e, dopo averlo richiamato con educazione, è stato trattato in malo modo dall’uomo, cosentino, ed anche dal figlio di quest’ultimo.

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Un botta e risposta degenerato in gravi minacce, anche di morte, udite dai presenti e rivolte al carabiniere che, poco dopo, alterato per quanto accaduto, è stato colto da un infarto fulminante.

Sul posto è poi intervenuta la Polizia di Stato, agli ordini del vice questore Giuseppe Zanfini, che ha verbalizzato i fatti, ascoltando numerose testimonianze. Si indaga a carico del cosentino. Gli atti saranno trasmessi in giornata presso la locale Procura della Repubblica.

IL DOLORE DEL FRATELLO

In un lungo post su Facebook il fratello del carabiniere ha voluto raccontare il suo dolore: “Ieri 16 Agosto 2021 è morto un uomo, è morto un calabrese, è morto un maresciallo dei carabinieri di 56 anni. Nell’esercizio delle “sue funzioni”, se così si può dire. Naturalizzato piemontese, in vacanza da appena un giorno, voleva solo difendere il mare di Paola dalla ignoranza violenta e barbara di un clan di bagnanti calabresi che invece lo stava distruggendo. Un gesto da poco, un gesto banale, chiedere con gentilezza di non buttare rifiuti in mare. Ma l’ignoranza violenta e la protervia minacciosa hanno avuto la meglio. Alla fine di un violentissimo assalto verbale da parte del clan, a cui lui non ha potuto opporre alcuna resistenza, il suo cuore non ha retto. Soccorso immediatamente da altri turisti, quando sono arrivato ho potuto solo assistere alla incredulità e allo sconforto di chi c’era. Morto sulla spiaggia”.

“Si è trattato di un piccolo gesto – prosegue il fratello – ma nei fatti rivoluzionario, chiedere a un gruppetto di calabresi di non distruggere la bellezza della Calabria. Una valanga può nascere da un piccolo fiocco di neve, una rivoluzione può nascere da un piccolo gesto, come scrive papa Francesco: ‘Prendersi cura dell’ambiente significa avere un atteggiamento di ecologia umana. […] Non si può separare l’uomo dal resto; c’è una relazione che incide in maniera reciproca, sia dell’ambiente sulla persona, sia della persona nel modo in cui si tratta l’ambiente; ed anche l’effetto rimbalzo contro l’uomo, quando l’ambiente viene maltrattato’. Assistiamo tutti gli anni ai roghi che distruggono i nostri boschi, e sono calabresi quelli che appiccano gli incendi. Vediamo tutti gli anni il sudiciume del nostro mare, e sono calabresi quelli che inquinano. Fino a quando dovremo assistere, inermi, a questo scempio? Fino a quando si potrà violentare impunemente la nostra terra e distruggere la nostra casa? La violentissima reazione verbale rende evidente la nullità e il vuoto assoluto di alcuni calabresi, non più preoccupati neanche dei possibili guadagni. Solo gratuita violenza senza scopo e senza senso. Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria. È morto un carabiniere nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano, si chiamava Antonio Carbone, mio fratello”.

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