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Antonio Carbone

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PAOLA (COSENZA) – E’ accusato di “morte o lesioni come conseguenza di altro delitto” e pure di “minacce” il cosentino che, lunedì scorso, in un lido di Paola, avrebbe provocato il decesso per infarto del Carabiniere 56enne Antonio Carbone, aggredito verbalmente per aver difeso il mare.

Carbone aveva infatti contestato, educatamente, il lancio di una cicca di sigaretta in mare da parte del figlio dell’indagato, ma il genitore e il ragazzo, anziché prendere atto dell’errore commesso, facendo un passo indietro e magari scusandosi, si sono scagliati contro l’uomo, aggredendolo ferocemente e proferendo minacce di morte nei suoi confronti.

L’indagato, un 28enne noto alle forze dell’ordine, risiede nella zona vecchia di Cosenza. Gli uomini del vice questore Giuseppe Zanfini, dirigente del locale Commissariato di Pubblica sicurezza, con il prezioso supporto del commissario capo Tonino Pastore, lo hanno identificato con certezza incrociando una serie di video, ripresi sia dentro la struttura balneare ove si sono consumati i fatti, sia nel piazzale della Stazione ferroviaria, e vagliando anche testimonianze di persone ascoltate a sommarie informazioni.

L’indagato frequentava saltuariamente il lido dove sono avvenuti i fatti, giungendo da Cosenza in treno. La Polizia ferroviaria lo aveva fermato il giorno prima per controlli di routine, trattandosi di soggetto noto alle forze dell’ordine, senza però rilevare nulla a suo carico.

Molti bagnanti hanno riferito dettagli su quanto avvenuto e, soprattutto, sulle minacce e la durissima reprimenda contro il carabiniere, da parte del villeggiante cosentino, per essersi permesso di far notare che il mare non poteva essere usato come una pattumiera.

Un bagnante ascoltato a sommarie informazioni ha riferito di essere stato attratto da un tatuaggio che l’aggressore portava su un braccio, circostanza poi riscontrata dalla Polizia e quindi tornata utile per la identificazione dell’attuale indagato.

Adesso saranno effettuati accertamenti per stabilire l’esatta causa del decesso. Un medico intervenuto sul posto per soccorrere la vittima, colta dal presunto infarto dopo essere ritornata sotto il suo ombrellone, ha parlato di arresto cardiocircolatorio. Si attendono sviluppi. Antonio Carbone, maresciallo dei Carabinieri, coniugato, padre di tre figli, aveva 56 anni.

Originario di Paola, era stato comandante dei carabinieri delle stazioni di Lanzo e Chialamberto, ed aveva prestato servizio anche a Venaria Reale e Ciriè. La sua è una famiglia molto conosciuta a Paola e nella provincia di Cosenza, la sorella Maria Rosaria è un apprezzato dirigente sindacale e in città gestisce un importante Patronato, mentre un altro fratello, Vincenzo, è docente all’Unical.

Quest’ultimo, tra l’altro, scriveva: «…voleva solo difendere il mare di Paola dalla ignoranza violenta e barbara di un clan di bagnanti calabresi che invece lo stava distruggendo. Un gesto da poco, un gesto banale, chiedere con gentilezza di non buttare rifiuti in mare. Ma l’ignoranza violenta e la protervia minacciosa hanno avuto la meglio. Alla fine di un violentissimo assalto verbale da parte del clan, a cui lui non ha potuto opporre alcuna resistenza, il suo cuore non ha retto…».

E ancora: «Si è trattato di un piccolo gesto, ma nei fatti rivoluzionario, chiedere a un gruppetto di calabresi di non distruggere la bellezza della Calabria. Una valanga può nascere da un piccolo fiocco di neve, una rivoluzione può nascere da un piccolo gesto (…). Fino a quando si potrà violentare impunemente la nostra terra e distruggere la nostra casa? Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria».

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