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COSENZA – E se non ci fosse nulla di strano? Se la decisione presa da Paolo Zimmaro – che ha lasciato un posto da ricercatore nel dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università della California per tornare a fare ricerca e insegnare all’Unical (LEGGI) – diventasse una condotta ordinaria? «Non sono un cervello in fuga – dice lui – sono un professionista che sta in un mercato del lavoro globale. L’Università della Calabria per me è una grande opportunità». Ma il ritorno ad Arcavacata del 34enne paolano è ancora una notizia e vale la pena conoscere la sua storia. Quantomeno per rispondere alla domanda, per certi versi comprensibile, che in tanti si faranno:

Chi glielo fa fare?

«In Italia c’è una forte componente di esterofilia. Tendiamo a dimenticarci delle eccellenze che abbiamo sotto casa. Un fenomeno di cui non capisco l’origine. Ho sempre cercato di avere la mente scevra da condizionamenti di questo tipo. Anche da studente sarei potuto andare ovunque, ma frequentai l’Unical per scelta, perché era un ateneo di eccellenza. Poi ho scelto di andare all’estero, ma non con la valigia di cartone».

Come ha fatto ad arrivare alla UCLA?

«Mi sono laureato all’Unical in ingegneria civile, facendo la specializzazione in geotecnica. Sempre a Rende ho svolto il dottorato, offerto da un consorzio di università con sede amministrativa a Reggio Calabria. La mia formazione universitaria è calabrese al 100%. Durante il secondo anno di dottorato, nel 2014, ho avuto la possibilità di fare un periodo di studio all’estero previsto dalla mia borsa di studio erogata dall’Unione europea. Scelsi di andare in California, alla UCLA, da visiting student. Ho lavorato nel gruppo di ricerca del prof. Jonathan P. Stewart, un’eminenza sull’ingegneria geotecnica sismica. Mi sono specializzato in analisi della pericolosità sismica con approcci probabilistici, studiando infrastrutture civili, per lo più dighe in terra. Poi sono tornato in Italia e ho finito il dottorato (sotto la supervisione del prof. Giovanni Dente in Calabria e di Stewart negli USA). Dopo il dottorato ho subito ricevuto un’offerta a inizio 2015 per fare un periodo di ricerca post-doc alla UCLA, per studi che riguardavano gli argomenti che mi interessavano: l’analisi della pericolosità sismica sito-specifica e lo studio di infrastrutture geotecniche, principalmente argini fluviali. All’inizio la mia posizione era a tempo (2 anni), poi ho ricevuto una promozione come research scientist con una posizione di ricerca permanente. Successivamente sono diventato anche lecturer (docente), sia a livello di triennale che di specialistica».

Tra le principali motivazioni che l’hanno spinta ad accettare l’offerta dell’Unical c’è il grande interesse scientifico per un territorio molto sollecitato da eventi sismici.

«In Calabria abbiamo una pericolosità sismica elevatissima, il terremoto del 1783 è uno degli eventi più studiati nella letteratura internazionale, ancora oggi analizzato per via della molteplicità dei fenomeni indotti da quel sisma. La Calabria ha, poi, una rete di monitoraggio del moto sismico piuttosto capillare che fa parte della Rete Sismica Nazionale, e un gran numero di infrastrutture civili come ponti, dighe in terra, realtà portuali come Gioia Tauro. Per i miei studi è un laboratorio a cielo aperto. Lo stesso livello di qualità di studi proposto in regioni sismiche come California e Giappone può essere fatto tranquillamente anche in Calabria. Per me era l’opportunità perfetta per far sì che, a un aspetto personale, si potesse sposare una componente scientifica molto stimolante. Poter studiare in prima persona la Calabria, poter stare sul territorio, effettuare osservazioni e misure quotidianamente in campagna, portare gli studenti a osservare gli effetti dei terremoti direttamente sul territorio è un grandissimo privilegio e dà la possibilità di caratterizzare la propria ricerca».

Nella lettera di ringraziamento che ha inviato al rettore Leone ha scritto che non avrebbe accettato altre destinazioni in Italia. Perché?

«Mi piaceva l’idea di raccogliere una sfida, di lavorare in un territorio così complesso dal punto di vista sismico e di poterlo fare sfruttando una piattaforma come l’Unical, che è una grande università con leadership forti in questo momento, come il rettore Leone e il direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, il prof. Giuseppe Mendicino, con idee di lungo termine che mi sono piaciute. Avrò un territorio stimolante e una piattaforma prestigiosa, vista a livello internazionale come un centro di innovazione. Due cose difficili da trovare altrove».

Ci sono anche motivazioni personali?

«Vivere con la famiglia in una megalopoli come Los Angeles offre grandi opportunità ma ha anche criticità. La qualità della vita ne risente. Ho una bimba di un anno e mezzo e mia moglie (anche lei italiana e ricercatrice all’università del Texas, specializzata nell’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’ingegneria sismica) è al nono mese di gravidanza. Nella nostra decisione di tornare ha influito, oltre alla possibilità per me di lavorare in un’università di alto livello, l’opportunità di poter godere di una qualità della vita elevata. Né io né mia moglie siamo andati via dall’Italia perché costretti. Non mi piace questa narrazione. Abbiamo fatto scelte consapevoli. Non siamo cervelli in fuga, siamo professionisti che stanno sul mercato. Non siamo mai fuggiti, abbiamo scelto un percorso e questo è il momento giusto per tornare. Per avere un impatto nella mia terra, a cui tengo moltissimo, a livello di ricerca e divulgativo. Spero che tutto questo possa essere fonte di ispirazione per altre persone».

In Calabria non si è mai realmente affermata una cultura della prevenzione.

«In ambito accademico c’è ovviamente grande contezza e attenzione rispetto al rischio della Calabria, lo testimoniano i molti gruppi di ricerca anche all’Unical e le tante pubblicazioni sulla Calabria. Andrà messo in parallelo anche un discorso di divulgazione su rischio sismico e idrogeologico per sensibilizzare la popolazione. C’è tanto da fare per la messa in sicurezza del territorio dal punto di vista idrogeologico e del rischio sismico. Il nostro problema, ravvisabile anche in altri distretti, è che assistiamo a eventi molto forti ma relativamente rari, che superano una generazione. La memoria si va perdendo e si abbassa la percezione del fenomeno. Di conseguenza, si combatte il rischio sismico solo in forma di reazione all’evento, invece di essere proattivi e fare prevenzione. Da questo punto di vista c’è tanto da fare non solo in Calabria e in Italia. Negli ultimi anni si è fatto molto sulle infrastrutture e sulle opere civili a livello normativo. Ma serve una cultura del rischio sismico e a questo serve la divulgazione, perché è necessaria la consapevolezza della popolazione».

Qual è il primo progetto che avvierà da ricercatore Unical?

«Un progetto che mi sta particolarmente a cuore, a cui sto lavorando già da un anno: uno studio finanziato dalla NASA che punta all’utilizzo di dati radar satellitari per la definizione e il riconoscimento danni a seguito di eventi distruttivi (come terremoti, incendi ed eventi di piena) ed un progetto finanziato dalla Nuclear Regulatory Commission sull’utilizzo (per la prima volta in Ingegneria sismica) di database relazionali per organizzare dati di osservazioni post-sisma. Può cambiare il modo di affrontare le emergenze. Ho vissuto in prima persona quella del centro Italia del 2016 e della California del 2019, perché faccio parte di un’associazione che si occupa della ricognizione danni geotecnici all’indomani di grandi eventi distruttivi. Il progetto finanziato dalla NASA unisce i dati satellitari alla gestione dell’emergenza subito dopo l’evento e alla ricostruzione nel medio termine. Importantissimo capire cosa succede subito dopo per migliorare la risposta per eventi futuri».

Come trascorrerà la prima domenica libera in Calabria?

«Un pranzo con i miei familiari, la famiglia è una delle cose che davvero all’estero manca. Qui a Los Angeles nelle ultime settimane c’è un aumento piuttosto preoccupante di nuovi casi di coronavirus. Ad oggi non ci sono voli diretti per Roma, siamo in contatto con il consolato per capire quale sarà il momento migliore. L’idea è tornare dopo l’estate».

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