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Gli scavi a Rose

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Due campagne di scavi e una terza in programma, un’area archeologica portata alla luce in una proprietà privata e una frana.

Succede a Rose, nella valle del fiume Crati, a pochi chilometri da Cosenza. Ad Area delle Fate, località chiamata anche Santicelli o Sacramento (e i nomi non sedimentano a caso) la prima sensazione che avverti è quella di essere in un luogo sacro.

Scendi nel terrazzamento aiutandoti con un bastone di fortuna, perché potresti incontrare cinghiali selvatici o infastidire le mucche che qui sono di casa, ascolti il mormorio del torrente Iavas e ti ritrovi davanti ai blocchi di pietre che reggevano il tempio alla Dea madre.

Qui hanno scavato la Soprintendenza per i beni archeologici, docenti e studenti dell’Unical, nel 2012 e nel 2013, ritrovando monili d’oro, argento, bronzo, incantevoli statuette, monete delle zecche magno greche e altre testimonianze di comunità che vi abitarono dalla piena età del ferro agli ultimi decenni del terzo secolo avanti Cristo.

Jonathan Paese, talentuoso hair stylist, ha un mantra per i pochi fortunati che visitano la proprietà di famiglia: «Qui deve restare tutto incontaminato, ogni nuovo seme viene piantato pensando a un più vasto progetto di valorizzazione».

Conosce ogni singola pianta e di ognuna racconta la storia. «Quest’ulivo – e indica un albero affascinante nel suo groviglio di rami e fusti , – ha una circonferenza di dieci metri con un tronco madre e altri cresciuti intorno come figli». Quella di Area delle fate è anche una storia di sentimenti di appartenenza, di amore per ogni ulivo secolare, quercia, pioppo, ontano.

E’ la famiglia Paese a custodire il sito archeologico.

«La manutenzione e la protezione sono a carico nostro, ma ne vale la pena. La Soprintendenza ci dà le indicazioni, i carabinieri della stazione di Rose sono molto attenti, l’amministrazione comunale è fortemente collaborativa», spiega l’avvocato Nunzia Paese, che rappresenta la famiglia e presiede un’associazione culturale chiamata anch’essa Area delle fate. «E’ nata con lo scopo di sostenere e tutelare l’area di scavo. Ha sempre partecipato alla vita culturale del paese e ogni anno, nel periodo estivo, organizziamo il Festival delle rose».

E poi c’è la frana, nel camminamento del torrente Iavas. Dannosa ma anche rivelatrice, perché nella sua ferita si erano rifugiati vari esemplari di uccelli e fu proprio un ornitologo, appassionato di siti antichi, Pietro Mirabelli, a scoprire le tracce del tempio. Ne vale la pena, ripete Nunzia, proteggere questo luogo, che per la sua famiglia ha il sapore del passato e del futuro. «Mio padre Mario, insegnante, scomparso da poco, ha sognato mio nonno Giorgio che gli diceva: “In quel terreno c’è il tesoro, devi comprarlo”. E così fece, lo acquistò, a costo di tanti sacrifici ».

C’è un progetto che accarezzano Jonathan, Nunzia, i loro familiari e il sindaco Roberto Barbieri, quello di far rientrare a Rose i reperti che sono attualmente conservati a Sibari. «Abbiamo individuato l’edificio da trasformare in museo, dove attualmente ha sede la biblioteca e pensiamo di coinvolgere la popolazione scolastica e quella universitaria . Ho una forte sensazione: credo che la prossima campagna di scavi – conclude Nunzia Paese, – potrebbe essere decisiva».

Lo dice con la voce bassa e ferma di chi non s’arrende, di chi custodisce uno scrigno che aspetta di essere aperto e valorizzato. Anche Area delle fate aspetta con pazienza. Da queste parti nel 1940 è venuta alla luce la preziosa Kore italiota, una statuetta raffigurante una fanciulla con un misterioso fiore di loto.

Rose, con il suo carico di reperti, potrebbe sorprendere ancora e fare luce su altri percorsi della storia territoriale. La gente del posto chiama Bambinello la località dei ritrovamenti. Come bambinelli in una culla d’acqua sono riaffiorati, per decenni, dal torrente Iavas, i manufatti forgiati dall’antico popolo della vallata.

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