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L'orami ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra

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L’ascesa della ‘ndrangheta al Nord, per la commissione parlamentare antimafia uscente, sarebbe legata ad una pianificazione della massoneria

CATANZARO – L’espansione al Nord della ’ndrangheta? Tutto pianificato dalla massoneria, in cui da tempo la ‘ndrangheta si è infiltrata. Tanto da creare accanto alla “provincia”, organo di vertice della mafia calabrese, una struttura sovraordinata, la “santa”. Composta da pochi eletti che, muovendosi nell’ombra, gestiscono i rapporti con la politica, l’economia e le istituzioni facendo leva proprio sulle relazioni massoniche dei suoi componenti.

C’è questo e molto altro, compresa la proposta di innalzamento delle sanzioni edittali per violazione della legge Spadolini Anselmi, nella relazione, ora consultabile perché pubblicata, approvata nel settembre scorso, sul finire della legislatura che stava per terminare, dalla Commissione parlamentare antimafia sui “Rapporti tra la criminalità organizzata e le logge massoniche, con particolare riferimento alle misure di contrasto al fenomeno dell’infiltrazione e alle doppie appartenenze”.

IL “CAPOLAVORO” REALIZZATO DALLA ‘NDRANGHETA

Il dossier, approvato su proposta della senatrice crotonese Margherita Corrado, si apre con un interessante resoconto dell’audizione di Giuliano Di Bernardo, prima gran maestro del Grande Oriente d’Italia (Goi) e poi fondatore e gran maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia. Di Bernardo si è soffermato sull’inchiesta svolta dalla Procura di Aosta che, a suo dire, ha fatto emergere la raffinatezza criminale del modus operandi della ’ndrangheta, che non esita a definire un vero «capolavoro».

«Il progetto perseguito dai massimi esponenti della ’ndrangheta, già presenti in logge massoniche, di conquistare determinate posizioni di potere pubblico nella Regione è stato pianificato e puntualmente realizzato. Sfruttando abilmente la stessa rete di relazione massonica, cioè coltivando opportuni contatti con i «fratelli», posti in posizioni chiave negli assetti locali di potere, iscritti alle logge aostane».

Le risultanze dell’inchiesta, secondo un profondo conoscitore del mondo massonico, riattualizzano quindi quanto già teorizzato dal procuratore di Palmi, Agostino Cordova, che negli anni Novanta, senza essere creduto, aveva sostenuto che «il progetto di espansione al Nord della ’ndrangheta facesse perno su una pianificata infiltrazione nelle logge massoniche». Fu, infatti, questa la spiegazione che il magistrato diede all’audito quando questi gli chiese le ragioni per cui la Procura di Palmi era interessata ad acquisire gli elenchi di tutti gli iscritti all’obbedienza massonica di cui egli era all’epoca gran maestro.

LE INFILTRAZIONI DELLA ‘NDRANGHETA NELLA STRUTTURA DELLO STATO

Alla luce di quanto emerso nel corso delle audizioni, del dibattito parlamentare e del copioso materiale istruttorio acquisito dal XII Comitato, secondo la Commissione antimafia presieduta da Nicola Morra permangono, dunque, «gravi elementi di criticità e, conseguentemente, di incompatibilità, in seno all’ordinamento giuridico, tra talune forme associative e lo Stato democratico», così come segnalato dallo stesso organismo, allora presieduto da Rosy Bindi, anche nel corso della precedente legislatura.

Il dossier passa in rassegna le indagini più recenti – da “‘Ndrangheta stragista” a “Gotha”, da “Geenna” ad “Artemisia”, per citarne alcune – che farebbero luce sul «vivo interesse da parte della ’ndrangheta, di cosa nostra, ma anche di autonomi comitati di affari vicini a tali ambienti criminali, di infiltrarsi nel tutt’altro che impermeabile sistema massonico, al fine di curvare i cardini di solidarietà, obbedienza e riservatezza tipici delle associazioni a carattere iniziatico ai fini illeciti e alla realizzazione di disegni criminosi di ampio respiro, tesi all’acquisizione, gestione o comunque al controllo di attività economiche, appalti e servizi pubblici – secondo il tipico paradigma delineato dal comma 3 dell’articolo 416-bis c.p.– alla manipolazione del voto nelle consultazioni elettorali e all’inserimento di propri referenti nei gangli della pubblica amministrazione e nelle assemblee elettive locali».

PROCESSI AGGIUSTATI TRA LE MODALITÀ OPERATIVE DI ‘NDRANGHETA E MASSONERIA

Modalità di infiltrazione, quelle delle mafie nella massoneria, che prevedono anche l’avvicinamento di magistrati iscritti o vicini alle logge al fine «aggiustare» l’esito dei processi, e ciò nonostante le sanzioni disciplinari connesse alla iscrizione ad associazioni massoniche in cui gli stessi magistrati rischiano di incappare, scenario analogo a quello emerso dal processo Genesi (inchiesta non citata nella relazione), istruito dalla Dda di Salerno dopo la trasmissione di atti da parte della Dda di Catanzaro.

Massoneria regolare e deviata si intrecciano e si confondono, talvolta. Un aspetto che, secondo la Commissione antimafia, merita un’«attenta riflessione» è «la riproduzione del modello “circolo Scontrino–loggia Iside 2” accertato negli anni Novanta, ed evidentemente mai passato di moda, che vede l’annidamento di logge segrete nell’ambito di logge regolari anche appartenenti ad obbedienze diverse, e in “centri studi”, circoli e associazioni del tutto palesi nello svolgimento della loro attività culturale e di promozione sociale».

«Significativa» viene poi ritenuta la circostanza che la riproduzione di questo modello sia stata accertata di recente dalla magistratura proprio a Castelvetrano, feudo del principale latitante di mafia Matteo Messina Denaro, considerato il nuovo capo di cosa nostra, nell’ambito di un’indagine nella quale è stato contestato il reato di cui alla legge Spadolini-Anselmi.

GLI INVISIBILI

Ma i riflettori sono anche su quanto sta emergendo nelle aule giudiziarie calabresi, con riferimento ai processi Gotha e ‘Ndrangheta stragista, poiché «merita la massima attenzione» la cupola degli invisibili scoperchiata dalla Dda di Reggio Calabria. Il riferimento è a quella «componente estranea a quelle tradizionale (detta «visibile») avente ruoli o cariche “riservate” formata dagli “invisibili” o “massoni”» e che, unitamente agli esponenti apicali della cupola “visibile”, forma la «direzione strategica» della ‘ndrangheta, dettandone le modalità di infiltrazione nella politica, nell’economia, nelle istituzioni.

‘NDRANGHETA E MASSONERIA, LE PROPOSTE PER COMBATTERE LE INFILTRAZIONI

Un quadro preoccupante che induce la Commissione a proporre nuove previsioni normative che garantiscano il corretto funzionamento dei poteri pubblici. A partire dalla necessità di ampliare la nozione di associazione segreta, tanto più che le segnalazioni in tal senso veicolate nella relazione precedente, sulle infiltrazioni di cosa nostra e della ’ndrangheta nella massoneria in Sicilia e Calabria, approvata nel 2017, non sono state ascoltate nel senso che immutato è rimasto il quadro giuridico.

Alla Commissione antimafia della XIX Legislatura quella uscente segnala un progetto di legge di iniziativa dei senatori Lannutti, Lezzi, Sileri, Castellone, Fattori, Morra e Di Nicola, comunicato alla Presidenza il 24 aprile 2018, che propone una modifica della Spadolini Anselmi con l’innalzamento dei limiti edittali delle sanzioni previste per l’ipotesi di reato di cui all’articolo 2, relativo alle condotte di chi promuove, dirige o partecipa ad una associazione segreta, ma anche con l’introduzione di limitazioni ulteriori per coloro che svolgono delicate funzioni pubbliche (magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine ed in genere coloro che svolgono pubbliche funzioni di particolare rilievo).

Il tutto mediante «il divieto di prendere parte, a qualunque titolo, ad associazioni che comportano un vincolo di obbedienza assunto in forme solenni, nonché in associazioni fondate su giuramenti o vincoli di appartenenza, attesa l’incompatibilità dei vincoli così assunti con gli obblighi di soggezione solo alla Nazione, che la Costituzione gli attribuisce».

LE INSIDIE NASCOSTE NELLA LEGGE ANSELMI

Non a caso viene annotato un particolare dell’audizione di Di Bernardo che raccolse, nel marzo del 1993, circa un mese prima delle sue dimissioni da gran maestro del Goi, una confessione del professor Paolo Ungari. Questi gli avrebbe riferito di aver «partecipato attivamente» all’elaborazione del testo della legge Spadolini-Anselmi e di avere la consapevolezza che quella legge non avrebbe realizzato lo scopo a cui era diretta.

«(Ungari) mi dice che quella legge, che è stata voluta per impedire la formazione delle logge coperte, in realtà le tutela». Una «insidiosa perfezione» che si anniderebbe nel fatto che l’articolo 1 della legge 17 del 25 gennaio 1982 consta di due parti, una che vieta le logge, l’altra che le ritiene condannabili soltanto a condizione che tramino contro lo Stato. Ungari, a quanto pare, se la rideva con soddisfazione, avendo concorso come tecnico alla redazione di quel testo. «Della legge del 1982… voglio vedere quando se ne accorgeranno!». Quarant’anni dopo alcuni se ne sono accorti, ma chissà se saranno ascoltati.

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