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Il Ministero dell'Interno

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CATANZARO – Primato calabrese per le interdittive antimafia. C’è anche questo nel dossier della Dia relativo al secondo semestre 2021. Con 73 comunicazioni antimafia interdittive, la Calabria è la regione col maggior numero di provvedimenti che rappresentano la spia della pervasività delle organizzazioni malavitose nel tessuto imprenditoriale. Le interdittive, in tutto 373, sono peraltro in crescita, nonostante la stagnazione economica registratasi nel corso della pandemia, non solo rispetto alla prima metà del 2020 (364) ma anche in relazione al medesimo periodo del 2019 (346), antecedente all’emergenza Coronavirus. Un dato che va letto parallelamente all’aumento di segnalazioni per operazioni sospette: 68.955 nel secondo semestre, 58.985 nel primo. In linea con il trend osservato nei precedenti semestri, il primato in questo caso va al Nord, col 41%, mentre al Centro ed al Sud corrispondono rispettivamente concentrazioni di circa il 25% ed il 31%.

Un fenomeno che si spiega col maggior dinamismo imprenditoriale nelle aree più produttive del Paese e col fatto che le mafie vanno dove c’è più polpa da spremere. Ma il dato che balza all’attenzione, se si spulcia la mappa delle interdittive, è che, con 55 provvedimenti, la terza regione, subito dopo la Calabria e la Sicilia, è l’Emilia Romagna. La regione che, secondo i giudici che hanno emesso la maxi sentenza Aemilia, il processo più grande per numero di imputati mai celebrato contro le mafie al Nord, è stata “colonizzata” dalla ‘ndrangheta con testa a Cutro, da dove si sono diramate le proiezioni della super cosca Grande Aracri.

Le regioni d’Italia e le interdittive antimafia

Del resto, secondo gli analisti, le mafie, e la ‘ndrangheta in particolare, come emerge anche dalla mappa delle interdittive, privilegiano ormai una «silente infiltrazione economica anche grazie a forme di connivenza con professionisti estranei a contesti criminali». Ciò grazie alla capacità dei clan di intessere “relazioni” con imprenditori, professionisti e funzionari infedeli che possono agevolare l’ascesa delle consorterie criminali nei mercati finanziari ed economici. «La crescita del fenomeno mafioso in questa direzione – è detto nel dossier – scaturisce dalla capacità dei gruppi criminali di accrescere nel tempo il loro bagaglio “relazionale” rapidamente e intuendo i cambiamenti sociali ed economici per trasformarli in opportunità di guadagno».

Non a caso gli 007 citano uno studio della Banca d’Italia che si sofferma sull’espansione imprenditoriale delle mafie nelle aree del Paese col Pil pro capite più elevato e che associa il maggior livello di corruzione nella pubblica amministrazione alla presenza mafiosa. Ma sono importanti anche alcuni passaggi del Bilancio di responsabilità sociale presentato nel novembre scorso dalla Procura di Milano. Soffermandosi sul contesto criminale lombardo si evidenzia come “…il fattore critico di successo delle mafie capace di distinguerle da altre forme di criminalità organizzata è il cosiddetto capitale sociale, ovvero l’insieme delle relazioni con il mondo esterno. Ciò che distingue la criminalità comune da quella mafiosa è proprio la capacità di quest’ultima di “fare sistema”, creando un medesimo blocco sociale con esponenti della classe dirigente locale, rapporti tra le classi sociali e costruendo legami di reciproca convenienza”. Peraltro nel documento si legge che “…è possibile evidenziare una convergenza di interessi delle tre principali organizzazioni criminali di stampo mafioso nelle attività di riciclaggio, facenti capo ad un’unica “cabina di regia”.

La presenza di collegamenti tra le tre organizzazioni è stata resa possibile, come emerso mediante le indagini della Direzione, dalla presenza di figure di “uomini cerniera” che si pongono come intermediari tra i diversi gruppi criminali nonché di vere e proprie strutture criminali che intercettano le risorse dei tre principali gruppi criminali, facendole confluire in investimenti in attività apparentemente lecite. Tale sistema finalizzato al riciclaggio risulta particolarmente allarmante in quanto permette la creazione e il successivo consolidamento di reti criminali “trasversali”, estendendo il raggio d’azione criminale anche su contesti territoriali nuovi ovvero fino a quel momento scevri dalla presenza mafiosa.”.

Ed è appena il caso di ricordare che la Lombardia, nella cartina dei “locali” di ‘ndrangheta presenti in Nord Italia elaborata dalla Dia, in tutto 46, è la regione col maggior numero di cartelli criminali di matrice calabrese: ben 25. Più della metà.

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