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CATANZARO – In trent’anni la Calabria ha visto sparire sotto i suoi occhi un quarto della terra coltivata (l’equivalente del territorio dell’intera provincia di Crotone), con effetti negativi di trascinamento negativo tanto in termini di paesaggio rurale, quanto di salvaguardia idrogeologica di intere porzioni di territorio.

E’ un vero e proprio grido d’allarme quello che emerge dall’analisi stilata da Coldiretti Calabria in occasione della Giornata mondiale del suolo che si è svolta recentemente. I numeri non si prestano ad equivoci: nel periodo si è registrata una riduzione del 35% della superficie aziendale totale (Sat) mentre la superficie agricola utilizzata (Sau) ha perso il 25%.

«Dati preoccupanti che devono farci riflettere – commenta Franco Aceto, presidente di Coldiretti Calabria – in merito alle scelte fatte dall’ultima generazione che, di fatto, hanno provocato una perdita netta di area coltivata. E adesso, se non si interviene subito con la Legge sul consumo del suolo, ferma in Parlamento dal 2012, l’emorragia di suolo fertile è destinata ad aumentare».

Un’emergenza non fine a se stessa, lascia intendere il leader della Coldiretti calabrese perché le conseguenze di tutto questo sono pericolose per tutti essendo portatrici di fenomeni quali l’erosione, la diminuzione di materia organica (perdita di fertilità), la contaminazione locale o diffusa, l’impermeabilizzazione, la compattazione, la perdita della biodiversità, la salinizzazione, assieme a frane, alluvioni e desertificazione, ultima fase del degrado del suolo.

«Si tratta – sottolinea Aceto – di minacce da sventare immediatamente: tempo fa avevamo calcolato che negli ultimi tre decenni è come se fosse sparita in Calabria l’equivalente superficie territoriale dell’intera provincia di Crotone e l’11.5% della superficie dell’intera Calabria. Oggi il calcolo è da aggiornare in peggio. La nostra Sau è stata coperta da edifici e capannoni per il 30%, strade asfaltate e ferrovie 28%, altre strade 19%, piazzali, parcheggi, aree di cantiere, aree estrattive, discariche 14% e altre aree consumate per il 9%. Questo modello di sviluppo sbagliato va modificato perché la disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico oltre che lavoro per migliaia di calabresi».

La preoccupazione poi cresce quando si considera il fatto che su un territorio come quello calabrese, debilitato e reso più fragile in presenza di un rischio idrogeologico che tocca la totalità dei comuni, si abbattono i cambiamenti climatici con precipitazioni sempre più intense e frequenti e vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. «Per proteggere la terra e i cittadini – dice ancora il presidente di Coldiretti Calabria – dobbiamo difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola. Il consumo “suolo zero” non deve restare un sogno e anzi deve essere un impegno chiaro e praticabile per il prossimo Governo regionale».

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