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L'ufficio postale di Isola Capo Rizzuto

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ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Caffè per tutti i dipendenti dell’ufficio postale. Due ginseng, due macchiati e uno normale. Offre Martino Tarasi, capo dell’organizzazione criminale – o presunto tale – dedita alle false fatturazioni sgominata dalla Dda di Brescia nei giorni scorsi, finito in carcere nell’inchiesta in cui sono stati arrestati in 33.

Il direttore, Salvatore Rocca, da poco in pensione, ma all’epoca dei fatti contestati dominus della filiale di Isola, aveva appena risolto, secondo la ricostruzione di finanzieri e carabinieri, un problema per il gruppo consentendo la monetizzazione di un bonifico con la significativa causale “Cash”. “Martì”, si rivolgeva confidenzialmente il colletto bianco, residente a San Mauro Marchesato, a quell’uomo che gli aveva chiesto: «allora, l’hai fatta quell’operazione?». Quell’uomo ha sposato la nipote del boss Nicola Arena e a Isola lo conoscono bene. Soprattutto all’ufficio postale. E lui conosce i dipendenti, a menadito, ne sa pure i gusti. «Gabriè, tu vuoi il ginseng? Lo offro io il caffè, vedete quanti siete che ve li porto». Il direttore spiega che ne deve portare cinque. «Due ginseng, due macchiati e uno normale».

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Rocca, però, agli arresti non è mica finito per i caffè. È accusato di associazione a delinquere finalizzata a fatturazioni per operazioni inesistenti con l’aggravante mafiosa e di favoreggiamento. Poiché, in plurime circostanze, avrebbe consentito a Martino Tarasi – ma anche ad altri due indagati, il fratello Alberto Tarasi e Luigi Vrenna – di prelevare somme cospicue senza segnalare operazioni sospette. Operazioni che avvenivano immediatamente dopo gli accrediti. Ma il direttore sarebbe stato anche a disposizione delle esigenze del sodalizio criminoso per garantirne l’impunità per i reati fiscali e le intestazioni fittizie. I prelievi, però, erano anche negli uffici postali del circondario, come si ricava dalle carte dell’inchiesta.

Nelle intercettazioni si parla delle Poste di Crotone, Le Castella, Botricello, Cropani Marina, non solo di Isola: nell’arco di una sola giornata sarebbero stati fatti numerosi prelievi, per un importo complessivo di un milione e 800mila euro.  Il presunto capo delle frodi si vantava di adottare lo stesso metodo anche negli uffici postali del Milanese. Ce n’è abbastanza perché Poste italiane faccia un po’ di controlli, e non solo a Isola e in Calabria.

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Ma torniamo a Isola. Diverse società cartiere collegate al gruppo, e tra loro Milano Service e Multiservice Group, avevano conti accesi all’ufficio postale allora diretto da Rocca. Dalle chat estrapolate dai telefonini degli indagati sarebbe emerso che il colletto bianco avrebbe agevolato la monetizzazione di ingenti somme al fine di renderle immediatamente disponibili per le cartiere. In un caso in cui la cricca teme che non ci siano soldi abbastanza a causa del pagamento delle pensioni, Tarasi si propone di avvisare il direttore che andranno a prelevare. Insomma, trattamenti di favore per prelievi senza giustificazione. Il direttore si mostrerebbe pertanto ben consapevole delle finalità dell’organizzazione. Una volta, a proposito del quantum, utilizzando forse un gergo di copertura Rocca chiede se basterà “un caffè” ma Tarasi pretende il “più possibile”. Il caffè, come si è visto, non era mai uno solo. In un caso, uno dei coindagati precisa che a Isola bisogna andare di “prima mattina” perché a Crotone resterà aperto un solo ufficio.

E mentre altri intermediatori finanziari segnalarono, nel corso delle indagini, varie operazioni sospette, altrettanto non avrebbe fatto Rocca a dispetto della normativa antiriciclaggio. «Senza l’intervento di Rocca il gruppo non avrebbe conseguito il medesimo risultato», ritengono gli inquirenti, anche perché «gli indagati continuano a rivolgersi a lui nel caso abbiano la necessità di superare un ostacolo al raggiungimento del loro fine… ciò comprova – è detto sempre nelle carte dell’indagine – come abbiano sperimentato la necessità dell’intervento del direttore e  ne abbiano tratto conferma che solo attraverso di esso era possibile ottenere ciò che diversamente non sarebbe stato possibile ottenere». Soltanto con l’apporto dei colletti bianchi era possibile un business del genere.

Del resto, nell’inchiesta sono stati arrestati anche quattro commercialisti (Giuseppe Antonio Arabia, di Savelli, Marcello Genovese, di Peschiera Borromeo (Mi), Luca Litta, di Motta Visconti (Mi), Giovanni Tonarelli, di Casorate Primo (Pv) e un funzionario dell’Agenzia delle Entrate (Lia Alina Gabbianelli, di Milano).

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