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Il boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri

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‘Ndrangheta e trading clandestino, il boss Nicolino Grande Aracri lucrava su titoli di Stato Usa con la complicità di generali latino-americani

CUTRO (CROTONE) – C’è tutto un sottobosco di piattaforme finanziarie gestite, su scala globale, da un numero esiguo di trader, alle quali si può accedere soltanto con considerevoli disponibilità economiche. Piattaforme clandestine che consentono di generare percentuali di guadagno fino all’80 per cento del valore investito. È là dentro che finiscono gli investimenti finanziari della ‘ndrangheta, che può sfruttare enormi capitali con i quali viene così prodotta ulteriore ricchezza. A fungere da cuscinetto tra i gestori delle piattaforme e gli investitori, tra i quali la ‘ndrangheta ha senz’altro un ruolo privilegiato per le ingenti liquidità di cui dispone, ci sono una serie di facilitatori che vantano amicizie e interessi nel campo finanziario e attendono la positiva riuscita delle operazioni per incassare commissioni che si aggirano intorno a svariati milioni di euro.

‘NDRANGHETA E TRADING CLANDESTINO, LE RIVELAZIONI DEI PENTITI NELL’INCHIESTA GLICINE

Il mondo del trading clandestino e delle false garanzie bancarie, sfruttato dalla ‘ndrangheta, viene messo a nudo dall’inchiesta che la scorsa settimana ha portato all’operazione Glicine Acheronte, con cui la Dda di Catanzaro ha inferto un duro colpo alla cosca stanziata nel quartiere Papanice di Crotone, dove un boss come Domenico Megna, che qualcuno aveva osato chiamare “pecoraro” venendo ucciso per l’affronto, anche se in realtà guardava con interesse a scenari criminali sofisticati riuscendo a muovere fiumi di denaro grazie ai suoi fiduciari e intermediari. Sulla finanza clandestina molto hanno detto alcuni collaboratori di giustizia gravitanti attorno alla cosca di Cutro il cui capo, Nicolino Grande Aracri, sfoggiava competenze tecniche a colloquio con i suoi uomini, nella ormai famigerata tavernetta monitorata dalle Dda di mezza Italia.

Alcuni pentiti sono stati risentiti nel corso delle indagini coordinate dal pm Antimafia Domenico Guarascio e condotte dai carabinieri del Ros. Ed è venuto fuori, tra l’altro, che la cosca cutrese conferiva nelle piattaforme anche titoli di Stato storici, come i Black eagles statunitensi, risalenti ai primi anni del Novecento, grazie ad appoggi di cui la cosca godeva da parte di alti gerarchi militari sudamericani. Ma, forse, non era solo sfoggio di competenze. Perché Grande Aracri asseriva di averla lui una piattaforma. La piattaforma era lui.

LE RIVELAZIONI DI GIUSEPPE ANTONIO MANCUSO

Il misterioso faccendiere di Cropani ha fornito una descrizione tecnica delle piattaforme finanziarie e delle operazioni di trasferimento mediante il cosiddetto “blocco fondi”. Approfondendo quanto sommariamente svelato da Grande Aracri. Si tratta di trasferimenti di fondi o valori immobiliari del tutto fittizi scambiati da una banca all’altra, con la complicità dei due direttori, per truffare l’istituto di credito ricevente. Attraverso la messaggistica interbancaria si invia una somma di denaro virtuale da un istituto all’altro. Il direttore della banca ricevente, oltre ad incassare la sua percentuale di guadagno, reinvia ad una serie di altri conti correnti il resto del denaro entro 72 ore dal primo messaggio Swift. Viene così truffata la banca ricevente, che è quella che perde il denaro avendolo successivamente inviato ad altri conti di altri istituti.

Il collaboratore di giustizia ha anche riferito agli inquirenti della possibilità di svuotare, attraverso carte di credito dedicate, conti esteri utilizzando il Pos in modalità offline. Ossia utilizzandolo senza l’interlocuzione immediata tra la carta stessa e il server centrale della banca di appoggio. Le piattaforme finanziarie hanno però un ruolo anche nel riciclaggio di denaro reale. Mancuso ha evidenziato la possibilità di operare blocco fondi di parecchi milioni attraverso un contratto chiamato joint venture. I fondi vengono dati a un trader, vale a dire al gestore di una piattaforma il quale, nel giro di 40 settimane, offre utili vantaggiosi. I facilitatori incassano una percentuale del 2,5 per cento a volte dopo lotte intestine. Per certificare, falsamente, la natura lecita del denaro investito, una parte degli utili viene camuffata in donazioni a scopo umanitario.

LA ‘NDRANGHETA E IL TRADING CLANDESTINO

Un escamotage per eludere i controlli è quello di trasferire il denaro da un conto all’altro, anche in Paesi diversi. Dopo sette trasferimenti diventa pressoché impossibile risalire all’origine dei capitali. Una miniera di informazioni, Mancuso, sentito più volte dagli inquirenti anche sulle relazioni illecite tra trader e banche. Il limite massimo delle operazioni truffaldine è di 49 milioni, soglia superata la quale scatta un “alert”. Il pentito ha spiegato anche come prosciugare conti dormienti attraverso la falsificazione della documentazione attestante la familiarità col titolare. Ma anche attraverso la possibilità di scaricare conti correnti creati ad hoc, denominati “box”, nei quali le banche facevano confluire un’enorme quantità di denaro. Tutto ciò grazie alle prestazioni di hacker informatici in grado di accedere ai server interbancari in maniera illegale.

LE RIVELAZIONI DI ANTONIO VALERIO

Il pentito che ha dilagato nel processo Aemilia ha spiegato come la cosca Grande Aracri lucrasse su operazioni finanziarie illecite grazie a funzionari di banca compiacenti. Agli inquirenti Valerio si è presentato con un cd rom contenente documentazione finanziaria. Era coinvolto direttamente in operazioni con cui la consorteria criminale otteneva false garanzie bancarie. Garanzie che consentivano poi l’attivazione di linee di credito attraverso cui venivano fatti investimenti nel commercio di carburanti. Con la falsa documentazione veniva attestata l’esistenza di una joint venture tra società fittizie e attraverso il bancario compiacente veniva fatta risultare la garanzia. Insomma, veniva creata disponibilità di denaro là dove non ce n’era per realizzare investimenti commerciali.

Valerio ha spiegato anche come la cosca Grande Aracri lucrasse grazie a conti dormienti. Nonché tramite operazioni di sconti cambiari eseguiti con effetti falsi, ovviamente grazie alla collusione di trader e bancari cospicuamente remunerati dal clan. Valerio ha aggiunto che la creazione di false garanzie era utilizzata dalle cosche crotonesi per investimenti notevoli. Il modus operandi prevedeva l’utilizzo di fondazioni ad hoc per schermare le movimentazioni di denaro. Simulando donazioni a scopo benefico tramite fondazioni e onlus che non destavano sospetto essendo società non a fini di lucro.

LA ‘NDRANGHETA, IL TRADING CLANDESTINO E LE PIATTAFORME “RISERVATE”

Il pentito conosceva bene anche il funzionamento delle piattaforme clandestine – “riservate”, le chiama – gestite, a livello mondiale, da un ristretto numero di investitori e istituti bancari. All’interno delle piattaforme, a scopo d’investimento, venivano effettuati conferimenti di enorme valore come oggetti preziosi, strumenti finanziari, titoli di Stato.

«Quando parlo di titoli storici – ha detto con tono professorale il pentito di ‘ndrangheta – mi riferisco ai titoli pre-guerra emessi da Stati Uniti e Cina. Posso citarvi i Black Eagles emessi dagli Usa ai primi del ‘900. Vengono autenticati da notai appositi e conferiti a istituti bancari come Ubs, City bank e HSBC. Come cosca cutrese avevamo in animo di investire in tali piattaforme. Io stesso ero venuto a conoscenza di due generali, uno venezuelano ed uno cileno, che erano capaci di procurare titoli storici di tale valore». La ‘ndrangheta è “autorizzata” a operare sulle piattaforme clandestine sia per l’enorme disponibilità di denaro che per la “serietà”, dice Valerio, dei suoi componenti, con riferimento all’affidabilità dal punto di vista criminale.

LE RIVELAZIONI DI PAOLO SIGNIFREDI

Il commercialista parmigiano, ex uomo dei conti della cellula mantovana della cosca Grande Aracri, ha spiegato alla perfezione il sistema delle piattaforme in mano a pochi broker a livello mondiale. Il principale investimento sono i bond fresh, acronimo di Floating Rate Equity Linked Subordinated Hybrid Preferred Securities. Strumenti finanziari convertibili in azioni ordinarie e subordinati nel senso che in caso di default vengono rimborsati.

Signifredi ha parlato di un business plan umanitario della ‘ndrangheta, che ha ad oggetto perfino la creazione di ospedali, al fine di aprire linee di credito. Ma anche del ruolo degli hacker in mano alla criminalità organizzata calabrese che se ne serve per alterare la messaggistica bancaria. «Sono piattaforme che generano tra il 70 e l’80 per cento di interessi settimanali. Per parteciparvi bisogna investire almeno dieci milioni… esistono solo cinque piattaforme al mondo capaci di generare questo profitto e sono gestite da cinque broker».

Uno di loro, secondo il pentito, sarebbe riuscito a investire denaro del boss Grande Aracri. Una delle fidejussioni di 600 milioni fornita dalla HSBC di Londra Signifredi sostiene di aver tentato di utilizzarla per il salvataggio finanziario del Parma Calcio per evitare la bancarotta della società calcistica ma l’operazione non andò in porto perché nel gennaio 2015 venne arrestato nell’operazione Aemilia.

LE METAFORE NELLA TAVERNETTA DEL BOSS

Dieci anni fa, quando Grande Aracri veniva intercettato nella tavernetta, nel periodo in cui si era messo in testa di ridefinire equilibri consolidati nella ‘ndrangheta fondato un crimine autonomo da Polsi, già ne parlava. A colloquio con sconosciuti interlocutori diceva: «avete la macchina ma vi manca la benzina, noi ve la possiamo pure mettere la benzina, ma una volta che vi abbiamo mandato un certo che di soldi voi dalla banca non siete guardati bene, vi mando un blocco fondi di una banca grossa e voi potete disporre di un blocco fondi di cento, duecento milioni di euro». Grande Aracri accennava anche alla possibilità di prestare cospicue quantità di denaro a istituzioni statali e accaparrarsi notevoli percentuali di interessi.

«L’affitto allo Stato americano, allo Stato francese, allo Stato inglese, me la vedo io, li metto in piattaforma, perché noi siamo la piattaforma». Basta «un funzionario di banca che avete amico, se una banca qualsiasi mi blocca 500 milioni, io non li tocco, li blocco, prendiamo 75 milioni al mese».

Guardava oltre, guardava molto lontano, il capocrimine ergastolano. «Quei soldi da quella banca li affittiamo nella piattaforma, la piattaforma a sua volta li affitta nell’America, nella Russia… ci sono certe banche che li moltiplicano cinque volte… se vi può interessare noi possiamo interferire nella Cina, nel Congo, nell’America, in Calabria, dove vogliamo… a livello bancario». Il boss diceva di avere una linea di credito in cui si potevano bloccare i fondi: «quanti soldi vuoi mandare… 500, 300, 100 milioni, le percentuali le stabilite con mio fratello, fa tutto lui, tu solo il conto devi portare e noi li investiamo a destra e sinistra». Grande Aracri, però, forse non conosceva solo le procedure. «Io la tengo da solo una piattaforma», diceva. La piattaforma, forse, era lui.

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