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Una centrale a biomasse

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Una settantina di persone a giudizio ordinario, rito abbreviato per 26, stralciate le posizioni di altri 5 imputati: prende il via il processo al clan Ferrazzo sul caso biomasse

MESORACA – Maxi rinvio a giudizio, all’udienza del 23 novembre prossimo, dinanzi al Tribunale penale di Crotone, per 68 imputati finiti sotto accusa nell’ambito dell’inchiesta che avrebbe reciso i tentacoli della cosca Ferrazzo di Mesoraca allungatisi, a quanto pare, sulla centrale a biomasse di Cutro, già di proprietà del gruppo Marcegaglia ma rilevata nel 2015 dal gruppo Serravalle, ritenuto dalla Dda di Catanzaro vicina al clan. Questa la decisione del gup distrettuale di Catanzaro Gabriella Pede che, contestualmente, ha fissato il processo per altri 26 imputati che hanno scelto il rito abbreviato per il prossimo 10 novembre, data in cui è prevista la requisitoria. Stralciate le posizioni di altri cinque per difetto di notifica al loro difensore, l’avvocato Franz Caruso. Annunciate alcune richieste di patteggiamento.

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I pm della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio e Paolo Sirleo avevano chiesto il rinvio a giudizio di 98 persone e di Serravalle Energy, società proprietaria dell’impianto. L’inchiesta portò, nell’ottobre scorso, a una maxi operazione, denominata Black Wood, che avrebbe svelato che a controllare l’affaire delle biomasse sarebbe stata la ‘ndrangheta, che disboscava la Sila con tagli intensivi e conferiva di tutto nelle centrali, dalla spazzatura al catrame ai copertoni, con danni devastanti per l’ambiente.

AFFAIRE BIOMASSE E CLAN FERRAZZO: LE ACCUSE

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, estorsioni, turbativa d’asta, reati in materia di stupefacenti. Ma c’è anche il filone del concorso esterno in associazione mafiosa, in relazione al quale la Dda aveva chiesto l’arresto – negato dal gip – dell’ex comandante della Stazione dei carabinieri forestali di Petilia Policastro Costantino Calaminici, che ha scelto il rito ordinario (rinviato a giudizio). La cosca guidata dal boss di Mesoraca, Mario Donato Ferrazzo, a giudizio anche lui, era al centro delle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone e dai loro colleghi del Ros e del Nipaf di Cosenza che dal 2014 lavoravano ai fianchi la consorteria criminale.

Il clan, almeno secondo l’accusa, turbava appalti, vessava con estorsioni imprenditori e commercianti, gestiva le piazze dello spaccio a Mesoraca e Petilia Policastro e, soprattutto, aveva imponenti interessi nell’indotto economico costituito dall’area boschiva silana delle province di Crotone e Catanzaro. Tant’è che molti degli imputati sono titolari di aziende di settore, che operano nel taglio e nella lavorazione del materiale legnoso, che veniva conferito, successivamente, alle centrali a biomasse, di Cutro e a quelle di Crotone e Strongoli di Biomasse Italia.

IL CARTELLO DELLE IMPRESE DEL COMPARTO BOSCHIVO

In questo contesto, come già emerso nel corso dell’inchiesta Stige, è balzato all’attenzione degli inquirenti il ruolo di un cartello di imprese dominanti nel comparto boschivo, Ferrazzo e Serravalle di Mesoraca, Spadafora di San Giovanni in Fiore e Sacchetta di Rogliano (le posizioni di questi ultimi sono state stralciate), e sarebbe stata fatta luce su un regime di sostanziale monopolio che consentiva alle ditte controllate dal clan di perpetrare in maniera sistematica operazioni di taglio non autorizzate, difformi alle norme di settore e comunque pericolose per l’ambiente, e conferire alle centrali di mezza Calabria un cippato non tracciabile e pertanto da considerarsi a tutti gli effetti un “rifiuto”.

Stando al capo d’imputazione relativo all’associazione mafiosa, il boss Ferrazzo avrebbe organizzato i reati fine, in primis il controllo del trasporto del cippato da conferire alle centrali a biomasse, orchestrando in senso oligopolistico la filiera del legno e suoi derivati nel territorio montano della provincia crotonese, anche in maniera illegale. Avrebbe diretto le attività di narcotraffico ed estorsioni dei propri sodali, ricevendo i profitti e provvedendo alla consegna di quote alle cosche limitrofe, relazionandosi con i vertici del “locale” di ‘ndrangheta di Cutro e altre cosche operanti in Calabria e Lombardia.

IL COLLEGGIO DI DIFESA E LE PARTI CIVILI

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Ugo Bonaccio, Renzo Cavarretta, Luigi Colacino, Arduino Foresta, Salvatore Iannone, Francesco Laratta, Valerio Murgano, Mario Nigro, Pietro Pitari, Marco Rocca, Sergio Rotundo, Salvatore Rossi, Tiziano Saporito, Giovambattista Scordamaglia, Giovanni Ettore Sipoli, Antonello Talerico, Aldo Truncè, Armando Veneto, Francesco Verri, Gregorio Viscomi. Parte civile in una precedente udienza si sono costituiti il Gestore dei servizi energetici, la Regione Calabria, il Forum delle associazioni antiusura e Horse Angel Odv, ammessi dal gup con esclusione in riferimento alla posizione di Serravalle Energy.

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