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CROTONE – Sicari con parrucca e barba finti, pattugliavano il rione Fondo Gesù armati fino ai denti alla ricerca di obiettivi della cosca avversa da eliminare. Erano anni di piombo e Mario Esposito era un componente del gruppo di fuoco della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto che con il clan crotonese dei Vrenna Bonaventura aveva un rapporto di stretta alleanza. Poi Esposito si è “defilato” dagli ambienti criminali.

Il pentito Luigi Bonaventura, come già riferito dal Quotidiano (LEGGI), ha fornito elementi determinanti per far scattare una nuova ordinanza custodia cautelare per Esposito, accusato dell’omicidio di Giovanni Vatalaro, compiuto nel febbraio ’91 da un commando che inscenò un finto posto di blocco con tanto di paletta delle forze dell’ordine. Sembrava un cold case ma la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri è riuscita, dopo 32 anni, a giustapporre i tasselli che ancora mancavano. Bonaventura, però, va anche oltre. Nelle carte dell’inchiesta sfociata nel provvedimento restrittivo eseguito dalla Dia, ci sono racconti di altri fatti di sangue ai quali Esposito avrebbe partecipato, compreso l’episodio dei sicari che pattugliavano Crotone con parrucca e baffi finti. In un caso rocambolesco poi riuscì a evitare un arresto e scappare perché era sceso da un’auto, armato di fucile, per un bisogno fisiologico proprio al momento dell’intervento dei carabinieri. Del resto, era molto vicino ad Esposito se, come racconta il pentito, era al “tavolo formato” alla cerimonia del suo battesimo di ‘ndrangheta.

FALANGE ARMATA

«All’epoca dei fatti, Mario Esposito era parte integrale di una falange armata del gruppo Arena. Questa falange era capeggiata da Pasquale Nicoscia e Franco Papaleo con un ruolo non di piccolo spessore di Mario Esposito. Lui si può considerare un alto dirigente di questa falange. Questa falange, quando l’ho conosciuto io, questa banda armata, era un po’ in contrasto con l’ideologia degli Arena. Loro, in poche parole, erano il braccio armato della famiglia Arena, erano quelli che si occupavano di tutte le azioni di fuoco, quelle dolose».

CONTRASTI INTERNI

«C’era una parte di questo gruppo che considerava troppo misera la parte che veniva recapitata a loro da parte degli Arena e quindi c’era qualcuno, come per esempio Pasquale Nicoscia, che era intenzionato a muovere guerra contro gli Arena, discorso che propose pure alla mia famiglia, in particolare a Gianni Bonaventura. In questa situazione c’era un ‘altra parte, sempre con la stessa compagine, che optava per l’idea di mediare con la famiglia Arena, mediazione che in quel periodo andò avanti per alcuni mesi fino a quando non venni a sapere che era stata raggiunta e si erano accordati per il 50% di tutti i proventi dei villaggi».

SICARI IN PARRUCCA

«Si stava cercando di colpire, nel quartiere Fondo Gesù a Crotone, la famiglia Gumari Covelli, bersaglio principale era Franco Franco Gumari alias “Amsterdam”, fratello di Enzo Amsterdam. In quella occasione i partecipanti eravamo tanti, eravamo io, Mario Esposito, Franco Papaleo, Gianni Bonaventura, Domenico Riillo, ed altri che ho elencato in altri verbali». E arriviamo al particolare dei sicari con parrucca e baffi finti: «Sfruttando un contrattempo che ebbe mio zio, mi travestii come fece anche Mario Esposito, mi diedero una parrucca, dei baffi e una barba finta e uscimmo in azione con due macchine di staffetta, tra le quali una era controllata da Domenico Riillo e un ‘altra adesso non ricordo chi c’era alla guida. Comunque, una volta là sul posto in località Gesù, nel quartiere Gesù, eravamo con una mitraglietta … una 357 magnum, una 9×21 … un fucile calibro 12 a canna completamente mozzata, a metà, e un fucile calibro 12 a canna lunga nel cofano della… eravamo con una Fiat Uno “Turbo” verde militare, una cosa del genere».

“BISOGNO” PROVVIDENZIALE

«Comunque lì poi ci fu una pattuglia dei carabinieri che individuò qualcosa e ci venne incontro. Esposito era sceso dalla macchina, per fare un piccolo bisogno, da lì forse i carabinieri che erano al posto di blocco su una strada distante avevano notato la luce della macchina che si è aperta quando aprì lo sportello della macchina, la luce vicino lo specchietto, comunque ci vennero incontro per bloccarci e per prendere accertamenti. Esposito si mise a scappare portandosi dietro il fucile calibro 12 e la 9×21 e lui prese il suo percorso a piedi. Io invece comincio a scappare con la macchina, da lì nasce un inseguimento fino a quando non riesco a seminare la pattuglia e a raggiungere a fatica località Papanice, dove trovo man forte in Leo Russelli, Luca Megna e altri ragazzi che all’epoca appartenevano a loro. Poi la sera stessa i papaniciari mi portarono a casa di mio zio Gianni, mi cambiarono di abito, lì raccontai cosa era successo e nel frattempo che ne stavamo parlando arriva Mario Esposito il quale disse che si era dato alla fuga nascondendo il fucile e la pistola lì nei pressi, e di essersi recato a casa di Egidio Cazzato, lì di essersi dato una ripulita per poi mettersi in marcia per la casa di Gianni Bonaventura dove ci siamo incontrati. Poi lui mi indicò dove erano stati seppelliti il fucile e la pistola, nei giorni seguenti andai a recuperarli».

SFASCIACARROZZE UCCISO

«Si occupò pure dell’assassinio di un certo Poerio avvenuto in località Farina per una incomprensione che avevano avuto con i fratelli di Mario Esposito e di Franco Papaleo, precisamente parliamo di Tonino Papaleo e di Ferdinando Papaleo, insomma questo Poerio, quello che ha lo sfasciacarrozze in località Farina, una discussione che ebbero, gli lanciarono un mattone alla testa provocandogli una ferita alla testa a Ferdinando … a Ferdinando Esposito, da lì aspettarono che lui uscisse – la sera stessa è successo – uscisse dal suo stabile perché dove c’è lo sfasciacarrozze ci abitano, come ha fatto marcia indietro con la Golf lo hanno avvicinato con una 7. 65 e lo hanno ucciso».

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