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La testimonianza del brigadiere Tievoli

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Strage di migranti di Cutro, la deposizione del brigadiere Tievoli, tra i primi soccorritori a Steccato: «Abbiamo tirato fuori dall’acqua decine di vivi e tanti morti»

CROTONE – «Mi trovavo a Rocca di Neto per un intervento in seguito a un furto in abitazione quando la centrale operativa mi ha avvisato di un possibile sbarco. La posizione approssimativamente indicata era alla foce del fiume Tacina, a Steccato di Cutro. Erano le 4.15. Quando siamo arrivati, alle 5, era buio completamente, c’erano diversi morti sotto i resti di un’imbarcazione alla deriva. Ci siamo immersi in acqua per evitare che venissero risucchiati ma abbiamo visto che tanti erano vivi, e abbiamo tratto in salvo almeno una ventina di persone».

Questa la drammatica testimonianza del brigadiere dell’Arma dei carabinieri Gianrocco Tievoli, uno dei primi soccorritori intervenuti in occasione del naufragio del 26 febbraio dello scorso anno, a Steccato di Cutro, una strage dove sono morti un centinaio di migranti. Il militare, uno dei testi del pm Pasquale Festa nel processo contro i presunti scafisti, ha ripercorso, davanti al Tribunale penale di Crotone, le primissime fasi della tragedia. «Una situazione straziante, abbiamo recuperato decine di persone morte, non so dire quante».

LA DEPOSIZIONE DEL BRIGADIERE TIEVOLI SULLA STRAGE DI CUTRO

La deposizione è stata utile sotto diversi profili. Innanzitutto perché, nel confermare che l’allarme è scattato alle 4.15, il teste ha precisato, rispondendo a una domanda dell’avvocato Francesco Verri, che rappresenta alcuni familiari delle vittime, che nelle ore precedenti non c’era stata allerta. Il presidente del collegio giudicante, Edoardo d’Ambrosio, ha poi stoppato la successiva domanda del legale su obiezione del pm. Era una domanda volta a fare emergere se in occasione di altri sbarchi era stata diramata l’allerta. Un punto, questo, su cui si gioca molto nel parallelo procedimento su presunte omissioni nei soccorsi, che viaggia verso la conclusione delle indagini ed è volto ad appurare eventuali responsabilità istituzionali.

L’attivazione in ritardo della macchina dei soccorsi anche da terra, circostanza emersa peraltro dalle testimonianze dei superstiti nel corso dell’incidente probatorio, sembra essere confermata anche dall’udienza di ieri. Rispondendo sempre a una domanda dell’avvocato Verri, che ha chiesto se risultasse che alle 6.50 vi erano ancora persone in mare, il teste ha affermato di non poter essere «preciso» perché il luogo dello sbarco era molto ampio – «circa due chilometri» – e non è in grado di dire con esattezza a che ora fossero arrivati volontari e forze dell’ordine.

IL RACCONTO DEL MEDICO LEGALE MASSIMO RIZZO

Anche il medico legale Massimo Rizzo, che ha coordinato sia i soccorsi che le attività di identificazione delle salme, ha rievocato la scena del disastro. «Abbiamo allestito un campo necroscopico secondo la metodologia già sperimentata in altri disastri in Calabria». Ma «Quello di Steccato è stato il più grande», a detta di un professionista che ha visto di tutto, dall’alluvione di Soverato all’affondamento della nave spagnola agli undici dispersi nelle acque della Locride. L’urgenza era quella di «salvare quante più vite possibili».

La causa del decesso di «gran parte» delle vittime è l’asfissia da annegamento. Il medico legale, rispondendo all’avvocato Verri, ha affermato che «non risulta» che vi siano morti da ipotermia. Eppure proprio l’avvocato Verri assiste un giovane che ha perso il fratellino col quale è rimasto tre ore in mare, nelle gelide acque di Steccato. Il medico legale ha ipotizzato l’attacco di panico tra le cause della morte. Ma i soccorritori hanno continuato a recuperare salme fino a 50 giorni dopo la tragedia, e il medico legale ha precisato che dopo due settimane i segni di annegamento non sono evidenti ma «aspecifici e indiretti».

Non ha aggiunto molto, rispetto a quanto è già in atti, l’ammiraglio in pensione Salvatore Carannante, consulente della Procura la cui relazione è stata data per acquisita. Il perito ha fatto una precisazione su un refuso nei decimali delle coordinate dell’avvistamento della Summer Love, il caicco affondato quasi un anno fa. La sua consulenza, come si ricorderà, è incentrata sulla tesi dell’approssimazione delle informazioni fornite da Frontex, ritenute «poco attendibili e fuorvianti», circa la determinazione della rotta e della velocità dell’imbarcazione poi schiantatasi contro quella maledetta secca.

LE CONTESTAZIONI DELLA DIFESA

L’avvocato Salvatore Perri, difensore di Ishaq Hassnan, di 22 anni (dichiaratosi inizialmente minorenne ma poi smascherato), uno dei presunti scafisti, ha sollevato una questione sulle modalità di attribuzione di alcune chat. Gli inquirenti ritengono che l’imputato fosse a disposizione di un’organizzazione transnazionale dedita alla tratta di migranti lungo la rotta balcanica e che, oltre ad aver avuto un ruolo nella traversata terminata tragicamente il 26 febbraio scorso, avrebbe reclutato migranti per altri viaggi della speranza.
Per questo, tra i nuovi atti depositati dal pm, c’è la trascrizione dei messaggi audio scambiati dall’imputato con persone che “prenotavano” i viaggi sulle carrette del mare. Alla prossima udienza, ha replicato il pm, relazionerà un investigatore della Squadra Mobile sulle modalità di attribuzione dei messaggi, ma il legale ha preannunciato che potrebbe chiedere una perizia per la traduzione del contenuto.
Intanto, si sono costituiti altri due superstiti pakistani, assistiti dagli avvocati Gianfranco D’Ettoris e Nicola Colacino.

In apertura di udienza, il presidente D’Ambrosio ha augurato buon lavoro alla giudice Chiara Daminelli, che soltanto il giorno prima aveva giurato e che da ieri compone il collegio giudicante in seguito alla destinazione ad altra sede di un altro magistrato. Il suo primo processo è proprio quello sul naufragio di Cutro. Non a caso i vertici della magistratura crotonese, durante la cerimonia di insediamento, hanno sottolineato che un Tribunale di frontiera come quello di Crotone è una palestra formativa per i giudici di prima nomina. L’esordio in aula della giudice Daminelli lo conferma.

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