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Una nave della ong Sos Humanity

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CROTONE – «Siamo contenti perché la decisione del Tribunale di Crotone potrebbe costituire un precedente anche per per le altre ong e per mettere in discussione l’assurdità del decreto Piantedosi. Ma allo stesso tempo denunciamo che in seguito a un fermo basato su accuse false sono stati bloccati soccorsi in mare per 14 giorni e tanta gente in mare è morta». Lo ha detto Laura Gorriahn, componente del direttivo di Sos Humanity, intervenendo alla conferenza stampa tenuta dalla ong tedesca sull’imbarcazione che, in seguito al salvataggio in acque libiche dello scorso 2 marzo, era stata sottoposta a fermo amministrativo a Crotone.

Il giudice Antonio Albenzio, nel provvedimento con cui ha sospeso l’efficacia del fermo della nave “Humanity 1” e fissa l’udienza del 17 aprile per la trattazione nel merito, parla di «travisamento dei fatti e «evidente compromissione allo svolgimento di indifferibili attività a carattere umanitario», in accoglimento del ricorso dell’avvocata della ong, Giulia Crescini. Un principio a cui potrebbero uniformarsi altri giudici, in un contesto in cui il volto duro del ministero degli Interni contro le ong impegnate nella ricerca e nel salvataggio di migranti si è ripresentato a Crotone e non solo. Stessa sorte è capitata nei giorni scorsi alla Sea Eye e alla Sea Watch mentre un’altra tragedia si consumava nel Mediterraneo.

La conferenza stampa della Sos Humanity

«Siamo qui – ha detto Anika, di Sos Humanity, introducendo i lavori– in trenta persone, ma di solito, dopo i salvataggi, ce ne sono almeno 100. Siamo qui in seguito a un fermo, ma il nostro lavoro è stare in mare per salvare vite». «Il Tribunale di Crotone – ha aggiunto Gorriahn – ha evidenziato la legittimità del nostro operato, suffragata da numerose prove di cui le autorità italiane non hanno tenuto conto. Sul luogo del salvataggio siamo arrivati per primi, ma un soccorso che sembrava sotto controllo è stato messo a rischio dall’intervento sconsiderato della guardia costiera libica. Chiediamo all’Italia e all’Ue di non finanziare la guardia costiera libica che non si comporta da guardia costiera ma da criminale di guerra e chiediamo che si interrompa la procedura amministrativa del fermo che mette a rischio la vita di tante persone».

La nave era arrivata a Crotone lo scorso 4 marzo dopo aver soccorso nel canale di Sicilia 77 persone ed era stata sottoposta a fermo per aver violato il decreto Piantedosi nel soccorrere i migranti alla deriva. Secondo la guardia costiera libica, avrebbe ostacolato il soccorso di migranti. Secondo la Ong, invece, i libici avevano anche sparato in acqua per indurre i soccorritori a lasciare la zona di soccorso.

Sui dettagli delle operazioni è intervenuto il comandante, Leo. «La guardia costiera non tiene conto di nessuna delle regole del mare, compie manovre pericolose, mette a rischio la vita delle persone anziché salvarle, fermi amministrativi attuati per questi motivi non hanno nessuna logica». Al timone di uno dei gommoni della ong c’era Guido. «Stava andando tutto bene, avevamo distribuito salvagenti quando un gommone libico proveniente da una motovedetta donata dall’Italia è intervenuto con manovre pericolose facendo spaventare i migranti che si sono buttati in acqua – ha detto – Militari armati hanno preso il controllo di uno dei barchini minacciando gli operatori di Humanity e sparando vicino alla gente che era in mare».

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