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Il comitato organizzatore della festa di S. Cataldo

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CIRÒ (CROTONE) – Non si placa la polemica sulla processione di San Cataldo, su cui si sono allungate ombre di infiltrazione mafiosa in seguito alle soste dinanzi le abitazioni di alcuni condannati per ‘ndrangheta. Il comitato che organizza la festa non ci sta e respinge ogni etichetta di mafiosità. «I tavoli votivi vengono allestiti in modo spontaneo da parte di chiede una grazia al santo, c’è anche chi ce lo dice prima ma il percorso è sempre quello, non c’è stata deviazione», dice Gaetano Fuscaldo, presidente del comitato di San Cataldo. Gli fa eco Erminia Principe, componente del comitato: «Sono 60 anni che seguo la processione e il corteo passa anche da S. Elia, noi nelle nostre comunicazioni indichiamo soltanto le vie principali ma si passa da tutti i vicoli e c’è sempre un programma esposto pubblicamente».

La querelle, si ricorderà, nasce dal fatto che il parroco della chiesa Santa Maria de Plateis, don Matteo Giacobbe, secondo la segnalazione dei carabinieri della Stazione locale alla Dda di Catanzaro, sarebbe fuoriuscito arbitrariamente dal percorso del corteo religioso che, contrariamente a quanto concordato con le autorità, sarebbe passato sotto le case di presunti affiliati al “locale” di ‘ndrangheta di Cirò, già arrestati – e poi condannati – nell’operazione “Stige”.

In particolare, secondo la segnalazione dei militari, la processione si sarebbe snodata anche in via Tafanè, nelle vicinanze dell’abitazione di Basilio Paletta, attualmente in stato di libertà, e in via Canali, per una breve sosta dinanzi all’abitazione di Vittorio Bombardiere, agli arresti domiciliari. Dinanzi casa di Bombardiere era stato allestito un tavolo dove appoggiare la statua del santo per il banchetto. La processione, questo vuole la tradizione, si ferma nei pressi del banchetto, su cui i portantini poggiano la statua; il parroco benedice il tavolo e la famiglia che lo ha preparato. I militari impegnati nel servizio di ordine pubblico hanno quindi richiamato il sacerdote al rispetto dell’itinerario preventivamente concordato. Quindi, mentre lasciavano il luogo della cerimonia per documentare l’accaduto, hanno constatato, passando da via S. Elia, la presenza di un tavolo analogo allestito presso l’abitazione di Vittorio Farao, attualmente detenuto a Trapani e ritenuto esponente apicale della consorteria criminale (è stato condannato a 20 anni anche in appello nel processo Stige).

Poco dopo, la moglie di Vittorio Farao è andata in caserma a protestare perché, a causa del divieto del comandante della Stazione dei carabinieri, il parroco aveva impedito la sosta della processione sotto casa sua. Una ricostruzione rispetto a cui i membri del comitato hanno qualcosa da eccepire. Per esempio, dice Principe, «Il tavolo non era stato allestito presso casa Bombardiere ma da un suo vicino». Ma, soprattutto, come sostiene l’avvocato Maurizio Muto, legale del comitato, «la processione viene organizzata con uno spirito meramente religioso da persone che ci lavorano un anno intero autotassandosi, perché le oblazioni sono di valore modico». Il comitato si schiera, dunque, con il parroco, finito nell’occhio del ciclone. «Esprimiamo fiducia nel suo operato», dicono. Intanto, sul caso l’Arcidiocesi di Crotone e Santa Severina sta facendo accertamenti.

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