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I due aggressori filmati dalle telecamere di videosorveglianza

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ROCCABERNARDA – Finiscono nel carcere minorile con le accuse di tentato omicidio, violazione di domicilio e porto ingiustificato di un bastone i due diciassettenni che avrebbero ridotto in fin di vita Francesco Coco, l’ex sindaco di Roccabernarda ricoverato in prognosi riservata dopo l’aggressione compiuta l’altra sera ai suoi danni nelle immediate pertinenze della sua abitazione.

Ridotto in fin di vita, Coco, soltanto perché rimproverava da tempo uno dei due aggressori, nipote del boss locale, che scorrazzava pericolosamente con una minicar e dal quale aveva subito minacce mafiose per cui dovrà celebrarsi un processo. I due erano già stati portati al Centro di prima accoglienza di Catanzaro (LEGGI) in stato d’arresto dai carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro, che hanno condotto l’indagine lampo, su disposizione del sostituto procuratore presso il Tribunale di minorile del capoluogo calabrese Michele Sessa.

L’arresto è stato convalidato dal giudice Donatella Garcea che ha contestualmente accolto la richiesta del pm di applicazione della misura cautelare in un istituto penitenziario per minori. Alla richiesta del pm si era opposto il difensore, l’avvocato Antonio Ierardi, che aveva proposto in subordine il collocamento in comunità o la permanenza in casa dopo che i suoi assistiti si erano avvalsi della facoltà di non rispondere.

Il movente dell’aggressione, secondo quanto emerso dagli accertamenti dei militari, sarebbe riconducibile a una vendetta – per questo è anche contestata l’aggravante dei motivi abietti – nei confronti di Coco che aveva denunciato i genitori di uno dei due aggressori, il nipote del presunto capo cosca, per una minaccia telematica inviata con un profilo falso dal computer del padre del ragazzo che risultava accoppiato al telefonino della madre.

“Bastardo, devi morire”, era scritto, tra l’altro, in quel messaggio in relazione al quale il gip distrettuale, respingendo la richiesta di archiviazione della Procura, dispose l’imputazione coatta per minacce con l’aggravante mafiosa nei confronti dei genitori di uno dei due aggressori.

Pare che a inviare la mail sia stato proprio uno dei due ragazzi, anche se si ritrovano imputati i genitori nel procedimento innescato dalla querela del sanguigno sottufficiale dei carabinieri in pensione, noto anche per le sue numerose denunce contro la criminalità organizzata in seguito alle quali in passato ha subito varie intimidazioni.

Per vendetta, dunque, i due minorenni, agendo con premeditazione e in concorso, col volto coperto da passamontagna, armati di un bastone, nottetempo, avrebbero colpito più volte alla testa e al viso Coco procurandogli un’emorragia cerebrale a livello fronto-parietale per la quale è stato giudicato in prognosi riservata (le sue condizioni sarebbero però in via di miglioramento tant’è che ha lasciato il reparto di terapia intensiva dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro, dove resta in osservazione).

Francesco Coco

I ragazzi sarebbero stati inchiodati dagli impianti di videosorveglianza della zona, le cui immagini sono state esaminate dagli investigatori nell’immediatezza del fattaccio. Uno è stato addirittura immortalato mentre si pulisce le scarpe prima di entrare a casa di un amico subito dopo il raid.

Sono stati sequestrati un bastone, scarpe e abiti scuri abbandonati dai due durante la fuga: i carabinieri hanno rinvenuto nei pressi dell’abitazione di Coco, sotto un albero, una busta con gli indumenti riconoscibili nelle immagini filmate dalla videosorveglianza. Ma è stato filmato tutto il tragitto battuto dagli aggressori, dal momento in cui uno compie a piedi preliminarmente una ricognizione dei luoghi per accertarsi della presenza di Coco a quello in cui i due arrivano sul posto scendendo da una minicar, sequestrata anche quella.

Gli indagati sarebbero stati rintracciati presso l’abitazione di un coetaneo che dista 50 metri circa dalla residenza di Coco, dove li aveva indirizzati, subito dopo aver dato l’allarme mentre il marito perdeva vistosamente sangue dalla testa, la moglie dell’ex maresciallo della Stazione locale dell’Arma sospettando che potessero essersi nascosti proprio là quei ragazzini che da qualche giorno avevano atteggiamento provocatori e di scherno nei confronti del marito.

I sospetti sono stati confermati da Coco in persona, sentito dai militari: «Da sempre – ha detto l’ex maresciallo – rimprovero un ragazzo minore degli anni 18 che è solito guidare un motociclo in modo spericolato per le vie del paese, lamentavo l’accaduto ai genitori ma gli stessi, vantando le loro parentele appartenenti alla ‘ndrina locale, sia di persona che sui social mi minacciavano di morte». Il ragazzino a bordo della mini car sarebbe passato più volte con atteggiamento di sfida dinanzi a Coco e pare che la cosa fosse di dominio pubblico in paese.

L’avvocato Antonio Ierardi, che difende anche i genitori di uno dei due nel procedimento per le minacce telematiche, tiene a precisare, in relazione al processo per le minacce, che «nessun contesto mafioso può essere contestato poiché i miei assistiti – dice al Quotidiano – non sono mai stati coinvolti nelle inchieste sulla cosca di ‘ndrangheta locale e sono assolutamente estranei agli ambienti della criminalità organizzata».

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