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Ottima annata in arrivo per il vino di Cirò dal raccolto del 2022, ma le quantità scarseggiano. E i viticoltori denunciano: “Siamo allo stremo delle forze”

CIRÒ MARINA (KR) – La buona notizia è che dalle uve doc cirotane si otterranno vini eccellenti. Le previsioni per l’annata 2022 sono state rispettate: produzione sana, qualità elevata, mentre il caldo, la siccità e i cinghiali hanno determinato il calo del raccolto.

Ma, c’è un’altra faccia della medaglia. I vignaioli avvertono a conti fatti: «Siamo alla fame». Com’è andata intanto la vendemmia a parere dei produttori locali? Il presidente del Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei vini doc Cirò e Melissa, Raffaele Librandi, risponde: «La qualità delle uve è ottima, molto buona, la quantità è in linea con quella dell’anno scorso. È dipeso dalla zona, in quanto alcune sono state particolarmente colpite dalla siccità e dal problema dei cinghiali».

Vino di Cirò annata 2022, qualità buona ma quantità in calo

Il viticoltore Nicodemo Amoruso, che ha presieduto per lunghi anni la cooperativa Cavic, rappresenta, dal canto suo, il malcontento della categoria: «Non è andata bene per due motivi, per la lunga siccità e per il prezzo troppo basso dell’uva. Un chilo di fagiolini costa 3,50 euro, un chilo d’uva, invece, nemmeno un euro. Quando c’era la lira, con il ricavato della vendita di un quintale di uva riuscivo a pagare la giornata lavorativa a quattro persone che mi aiutavano a vendemmiare».

Arrivando ai giorni nostri, Amoruso osserva: «Quest’anno, ho venduto l’uva 80 euro al quintale e ho pagato 50 euro la giornata lavorativa ad ognuno dei lavoratori occasionali, che mi hanno aiutato a vendemmiare. Se faccio la somma dei costi, che sono alle stelle per l’aumento del prezzo della nafta, dei concimi. Di tutti i prodotti per la viticoltura, dei pezzi di ricambio e della manutenzione dei nostri mezzi, dico che siamo alla fame».

L’esperto viticoltore cirotano si è ripromesso di interloquire con il sindaco Ferrari. «Io ho avuto sempre ottimi rapporti con tutti i sindaci – ricorda -. Vorrei parlare con il sindaco Ferrari, spiegargli il motivo per cui la vendemmia per noi lavoratori non è più una festa. Se ci vogliamo organizzare, non c’è tempo da perdere. Stiamo facendo parecchi passi indietro». Il Consorzio di tutela – aggiunge – dovrebbe essere composto «per l’80% da vignaioli e per il 20% dalle cantine. Adesso è un Consorzio gestito solo dalle cantine».

I viticoltori di Cirò: «Scarsa attenzione dalla Regione»

Amoruso rispolvera un suo “vecchio” cruccio: «La Regione Calabria continua a finanziare progetti e opere, persino le siepi elettriche per tenere lontani i cinghiali, soltanto alle cantine. Non tiene in nessuna considerazione chi lavora materialmente le vigne». Il suo collega viticoltore, Aldo Scilanga, tocca, quindi, il tema del mercato delle uve, cosiddetto “reggino”, che include compratori provenienti in prevalenza da Reggio Calabria, Catanzaro, Corigliano Rossano. «I compratori forestieri sono ormai pochi, ma buoni. Portano liquidità, perché pagano ad un prezzo buono e subito. Da circa quattro-cinque anni, c’è una grande richiesta di uve bianche. Anche le cantine stanno pagando in tempi più rapidi», puntualizza Scilanga, che esprime moltissima preoccupazione per la presenza dei cinghiali quasi dappertutto e per l’aumento dei costi di coltivazione delle vigne.

Lui, prima della vendemmia, aveva avvertito: «Se, quest’anno, l’uva Cirò doc non viene pagata cento euro più Iva al quintale, è preferibile che rimanga appesa alla pianta». Il suo diktat è caduto nel nulla, perché la categoria dei viticoltori non è mai stata compatta e perché l’uva è un prodotto deperibile. «Il problema è che, adesso più di prima, i ricavi sul prodotto uva non riescono a coprire i costi di produzione. L’anno prossimo saremo costretti a cambiare mestiere», afferma oggi lo stesso Scilanga.

A Cirò in tanti vendono i loro vigneti

Nel comprensorio cirotano cooperative e cantine sociali non hanno avuto vita lunga. Pertanto, malgrado la forte vocazione vitivinicola dell’area del Cirò, tanti piccoli e piccolissimi produttori di uva sono stati costretti a vendere i loro vigneti. E, sempre per questo motivo, non si registra purtroppo un significativo ricambio generazionale in viticoltura. Amoruso ribadisce: «Noi coltiviamo le vigne. Se si producono ottimi vini è grazie ai vignaioli qualificati, capaci di portare nelle cantine uve di ottima qualità, anche sotto costo, se rapportiamo le spese ai ricavi. Se dovessimo crollare, di gloria ce ne sarebbe ben poca per i vinificatori e per il territorio del Cirò».

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