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Luigi Ancora, agente penitenziario, residente in provincia di Lecce ha tenuto a partecipare alla marcia in Aspromonte

REGGIO CALABRIA –  “Leggendo libri come Dimenticàti e Gotica ho scoperto la storia delle vittime innocenti della ‘ndrangheta e ho deciso di partecipare con la mia famiglia alla marcia in Aspromonte”.

La passione civile di Luigi Ancora, agente penitenziario, sposato, con due figli, residente a Corigliano d’Otranto, in provincia di Lecce lo ha portato in Calabria, a Pietra Cappa, dedicando parte delle sue ferie estive al ricordo di chi si è opposto ai clan in Calabria (LEGGI LA MARCIA IN ASPROMONTE). Insieme alla famiglia è arrivato a Bovalino pronto a mettersi in cammino con i familiari delle vittime. Subito prima di incominciare la marcia ci tiene a mostrarci la sua “letteratura” sulle mafie, che custodisce gelosamente con sé.

Come mai tanto interesse per queste tematiche?

«Da quattro anni frequento spesso i siti internet stopndrangheta.it e antimafiaduemila.com dove è pubblicata diversa letteratura in merito oltre alle sentenze e agli atti processuali. Su questi portali ho scoperto vari testi tra cui “Gotica”, “La nostra guerra non è finita” di Giovanni Tizian e “Dimenticàti”, di Danilo Chirico e Alessio Magro, volume che racconta le storie delle vittime sconosciute della ‘ndrangheta che vengono ricordate qui in Aspromonte e mi sono talmente incuriosito che volevo fortemente partecipare a questa iniziativa. È un dovere morale e civile essere qui oggi».

Cosa l’ha colpita delle storie che ha letto?

«Il fatto che queste persone si siano opposte con coraggio ai clan. La stessa vicenda di Lollò Cartisano insegna che c’è chi ha fatto delle scelte decise non piegandosi alla ‘ndrangheta ed è nostro compito partecipare il più possibile a iniziative del genere e divulgare queste storie».

Oggi è qui con la sua famiglia al completo. Sua moglie e i suoi figli sposano questa sua passione?

«Mi hanno accompagnato con piacere e sono coinvolti anche loro su questo fronte. Ciò che cerco di trasmettere ai miei figli è il significato etico e morale di combattere la ‘ndrangheta. Anche i miei colleghi si sono incuriositi e aspettano il resoconto di questa bella esperienza».

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