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La cerimonia a Reggio con Minniti, Bindi e Del Sette

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REGGIO CALABRIA – «Una società molle, per nulla reattiva, poco propensa a porre argine non soltanto al predominio ‘ndranghetista ma alla diffusa illegalità quotidiana che deprime la qualità della vita, quasi indolente e rassegnata ad adagiarsi su prassi quantomeno discutibili. In questo contesto, tutto assume una valenza peculiare, e la non tempestiva risposta dello Stato acquista significati più gravi e pesanti». E’ uno dei passaggi della relazione del presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che si sta celebrando a Reggio Calabria alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti, del presidente della commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi, del sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, del magistrato dell’Anm Luca Palamara e del comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette.

ANNO GIUDIZIARIO A CATANZARO: LA ‘NDRANGHETA SI EVOLVE

La cerimonia si sta celebrando all’interno della scuola allievi Carabinieri di Reggio Calabria. «Decenni di crescente presenza ‘ndranghetista – ha detto Gerardis – hanno avuto effetti deformanti anche sul modo di pensare dei cittadini, predisponendone quasi l’habitus all’illegalità diffusa nel convincimento all’impunità. Reggio Calabria – ha aggiunto – è la capitale storica ed attuale di tale organizzazione che, pur diffusa ormai in quasi tutte le regioni italiane e in tutti i continenti, mantiene qui i suoi vertici di comando».

Gerardis ha quindi voluto ribadire l’impegno dei magistrati del distretto, «nonostante la cronicità delle carenze di organico e del personale di cancelleria, che in taluni settori sfiora il 50%, con decine e decine di maxi procedimenti penali trattati e di difficile cernita che riguardano centinaia di inquisiti per reati di mafia». Poi l’appello finale all’opinione pubblica, ricordando le parole del presidente del Cile Salvator Allende rivolte al suo popolo prima di essere ucciso: «Sappiate che molto più prima che dopo si apriranno i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero per costruire una società migliore».

La ‘ndrangheta e il pensiero della gente

Rispetto al ruolo della ‘ndrangheta, secondo il presidente Gerardis, «decenni di crescente presenza ‘ndranghetista hanno avuto effetti deformanti anche sul modo di pensare dei cittadini, quasi predisponendone l’habitus all’illegalità diffusa nel convincimento dell’impunità. Una situazione paradossale: proprio nel territorio che avrebbe maggiore necessità di affermare la presenza dello Stato e di garantire i diritti dei singoli, si denotano i maggiori i ritardi e le carenze dell’azione giudiziaria».

«Il distretto di Reggio – ha sostenuto – è connotato dalla presenza e dalla pervasività della ‘ndrangheta, associazione criminale unitaria, efficiente e moderna, che si incunea nelle pieghe di qualsiasi attività di cui assume il dominio. Da decenni – ha proseguito Gerardis – le stesse famiglie continuano a gestire i traffici e gli organismi criminali, un ramificato sistema di potere che trova a livello di vertice una componente occulta o riservata con funzioni strategiche, composta anche da esponenti delle istituzioni e delle professioni, capace di condizionare la vita politica ed economica della città e dell’intera regione».

La principale agenzia criminale

Molto forti anche le parole del procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, secondo il quale è in atto «un processo di scotomizzazione» della ‘ndrangheta «allo scopo di trasformarla da organizzazione per delinquere di tipo mafioso operante su un territorio a principale agenzia criminale del pianeta». De Raho ha anche rimarcato «l’esistenza ed operatività della componente occulta o riservata avente funzioni strategiche». Un concetto ripreso dal presidente del Tribunale facente funzioni Olga Tarzia, che ha definito «preoccupante il fenomeno che vede intersecarsi la deriva criminale di vasti settori della politica dedita alle pratiche corruttive con il fenomeno dell’acculturazione e della politicizzazione delle elite mafiose che ha dato vita a ‘comitati d’affarì di cui fanno parte soggetti della politica, delle istituzioni, della finanza e i colletti bianchi delle aristocrazie mafiose, che mettono in comune le loro risorse (potere economico, di influenza politica, di intimidazione, capitali relazionali) per colonizzare interi comparti economici ed istituzionali».

Minniti cita Falcone

Nel suo intervento, il ministro dell’Interno, Marco Minniti ha affermato: «La ‘ndrangheta controlla in Italia pezzi del territorio in cui è radicata da moltissimi anni e da qui muove le sue fila e le sue strategie per influenzare anche le grandi capitali economiche del Paese. Oggi occorre ricreare, oltre la repressione, quel clima di prevenzione ideale e culturale, una sorta di afflato nazionale affinché il magistrato che si alza a sostenere l’accusa dentro un’aula di tribunale avverta accanto a se la gratitudine dell’interno Paese».

«Parlare di ‘ndrangheta – ha sostenuto Minniti – non significa parlare male della nostra città e della nostra regione, è invece un atto d’amore verso questa nostra terra». Commentando la relazione del presidente della Corte d’appello Luciano Gerardis, il Ministro l’ha definita «forte e orgogliosa rivendicazione e speranza per il futuro. Se terremo aperta quella porta per una speranza di vita migliore la battaglia contro la ‘ndrangheta verrà vinta. Da parte mia, ritengo doveroso fare di tutto per dare una mano alla mia città e ai nostri concittadini. Ad oggi registriamo una sequenza di straordinari successi contro questa organizzazione criminale e io, da Ministro dell’Interno dico grazie a tutte le forze di polizia che qui operano ed alla magistratura reggina e calabrese. Qui si gioca una partita decisiva per il Paese che va oltre, per le evidenti ragioni che emergono, i confini della nostra terra».

Minniti ha illustrato «una realtà corrotta sarà certamente sempre più esposta agli attacchi della criminalità organizzata. Ma, come diceva Giovanni Falcone, la ‘ndrangheta come tutte le cose umane ha un inizio, una vita di mezzo e una fine». Lo ha detto il ministro dell’Interno Marco Minniti intervenendo a Reggio Calabria alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «Nel Mezzogiorno e in Calabria – ha detto – arriveranno molto presto ingenti risorse che potranno positivamente incidere sulle vite dei cittadini e sul tessuto sociale. Noi dobbiamo impedire che queste risorse pubbliche finiscano per ingrassare i poteri corruttivi e criminali che concorrono a condizionare la vita democratica del nostro Paese. La partita sappiamo essere durissima. Di pari passo bisogna tenere costante l’aggressione ai centri di comando della ‘ndrangheta affinché quelle risorse siano correttamente spese per il benessere della gente».

Attenzione sulle logge massoniche

La presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, a margine della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Reggio Calabria, ha affermato: «C’è la determinazione della Commissione di continuare gli approfondimenti sulle attività delle obbedienze massoniche poiché c’è il rischio, e lo sottolineo, che si possa dare vita a strutture permanenti tra ‘ndrangheta, massoneria deviata e settore dell’economia del Paese».

«Nessuno – ha aggiunto – vuole disconoscere il ruolo storico avuto da queste associazioni, anzi, credo di potere dire che dopo le prime iniziali audizioni, hanno capito l’intento del nostro lavoro. L’appartenenza a qualunque associazione deve comunque avere come obiettivo la rappresentanza dei valori della nostra Costituzione».

«La svolta alla lotta alle mafie richiede che ognuno faccia la sua parte» ha poi detto Rosy Bindi.

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