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Domenico Lucano

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Dopo sei anni di processi per l’indagine Xenia, le motivazioni della sentenza d’Appello svelano i dettagli del caso e la riabilitazione di Mimmo Lucano.


RIACE (REGGIO CALABRIA) – Xenia, ovvero l’inchiesta sulla gestione dei fondi pubblici destinati all’accoglienza dei migranti a Riace. È il 4 ottobre del 2017 quando la Guardia di Finanza di Locri notifica a Domenico Lucano un decreto di perquisizione e sequestro nonché all’informazione di garanzia. Le Fiamme Gialle, coordinate dalla Procura della Repubblica di Locri indaga su presunti illeciti nei progetti di accoglienza di Riace. Lucano, allora sindaco di Riace, insieme al presidente dell’associazione “Città Futura”, Antonio Capone, sono indagati a vario titolo di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, concussione e abuso d’ufficio, in concorso.

Dal blitz negli uffici del Comune di Riace e in contemporanea nelle sedi delle varie associazioni di Riace superiore e della frazione marina.
Dopo un anno, all’alba del 2 ottobre 2018 scatta l’operazione Xenia. Il sindaco di Riace Domenico Lucano finisce ai domiciliari, e la compagna nigeriana Tesfahun Lemlem è raggiunta dal divieto di dimora. Il giorno dopo il Prefetto di Reggio Calabria sospende Lucano dalle sue funzioni di primo cittadino. Il successivo 16 ottobre, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria revoca gli arresti domiciliari nei confronti del principale indagato dell’operazione. Per Lucano, però, è divieto di dimora nel suo paese. Sceglie di vivere nella vicina Caulonia, in una casa di fortuna nella frazione marina. Fino al 5 settembre del 2019 non può entrare sul territorio di Riace.

Intanto la Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza del Riesame ma tale tribunale conferma la sua linea ribadendo il “divieto di dimora” nei confronti di Lucano. Il 31 marzo del 2019, davanti al Gup del Tribunale di Locri, Amelia Monteleone, inizia il processo preliminare nei confronti di Domenico Lucano e gli altri 29 imputati.

Il successivo 11 giugno inizia il processo. Le udienze vanno avanti per oltre due anni, tra testimoni, periti, avvocati. Fino alla requisitoria dei Pm Michele Permunian e Marzia Currao, che hanno ricostruito i fatti e messo in evidenza il ruolo del principale imputato Lucano. «Dominus di un sistema che garantiva un importante afflusso di denaro» e il «sistema clientelare costruito da Lucano» sull’accoglienza degli stranieri – secondo l’accusa.
A maggio 2021 la requisitoria dei Pm e alla fine di settembre, dopo 842 giorni, viene emanata la sentenza di primo grado. La sentenza contro Lucano è pesante. In tutto ventitrè condanne e tre assoluzioni.

I legali dell’ex sindaco di Riace non ci stanno e annunciano l’appello. Il 25 maggio del 2022 si apre a Reggio il processo d’appello. Dopo circa sedici mesi, verso la metà di ottobre del 2023, arriva la sentenza di secondo grado. Una sentenza che aveva demolito quasi tutto l’impianto accusatorio del processo Xenia e la condanna a Mimmo Lucano. In particolare quasi del tutto ribaltata la sentenza di primo grado dei giudici del Tribunale di Locri. Dopo circa sei mesi, venerdì 14 aprile 2024 vengono depositate le motivazioni della sentenza del processo d’Appello nei confronti di Domenico Lucano e altri 17 imputati. In 300 pagine, i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria (Palumbo, Lauro e Minniti) ripassano le posizioni di ogni singolo imputato. Spiegando così i motivi che hanno portato il collegio alla sentenza.
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