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Demetrio Naccari Carlizzi

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REGGIO CALABRIA – Oltre all’arresto di Sebi Romeo, ex capogruppo del Pd in Consiglio regionale oggi sospeso dal partito, l’operazione “Libro Nero” realizzata dalla polizia e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria (LEGGI LA NOTIZIA) ha coinvolto, solo come indagato, anche un altro politico di primo piano del Partito democratico reggino, l’ex assessore Demetrio Naccari Carlizzi.

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«Sono svariate le conversazioni – scrive il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza “Libro Nero” – nel corso delle quali l’indagato è ritenuto un politico serio, affidabile, disponibile ad assecondare i desiderata dell’amico Tortorella (il dentista nel cui studio secondo l’accusa si delineavano le strategie politiche della cosca Libri, ndr) e su impulso di questi, del conclamato ‘ndranghetista Stefano Sartiano».

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Anche per Naccari Carlizzi la procura aveva avanzato richiesta di arresto per concorso esterno in associazione mafiosa, ma il gip ha ritenuto non necessaria la misura cautelare.

Già vice sindaco a Reggio Calabria, vice presidente del Consiglio regionale e assessore regionale, Demetrio Naccari Carlizzi è il cognato del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà.

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Nell’ordinanza, il gip sottolinea che «nonostante Naccari fosse ben consapevole dell’appartenenza del Tortorella alla locale criminalità organizzata, sono stati registrati numerosi contatti telefonici, incontri tra presenti, addirittura una visita presso il domicilio dell’indagato da parte dello ‘ndrenghetista Sartiano e di Tortorella».

Dagli atti, prosegue poi il gip, «emerge una certa disponibilità di Tortorella nell’appoggiare la candidatura di Naccari».

Inoltre viene citato l’episodio di una cena alla quale Naccari avrebbe partecipato a poco più di un mese dalle regionali del 2010, all’epoca era assessore nella Giunta regionale di centrosinistra, alla quale erano presenti anche i fratelli Lampada «espressione della cosca Condello».

«Tutti gli elementi passati in rassegna – scrive infine il gip – dimostrano la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza di un solido e reiterano vincolo sinallagmatico che in occasione delle competizioni elettorali d’interesse, veniva sistematicamente rinnovato tra l’indagato e gli esponenti delle più temibili cosche cittadine. Occorre però affermare, con il livello di certezza richiesto in questa sede, che non appaiono sussistere indici rivelatori di uno stabile inserimento dell’indagato nel tessuto organizzativo dell’associazione».

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