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Un tratto di ferrovia nei pressi del porto

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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Chi pensava che i nemici del porto di Gioia Tauro si trovassero solo al nord, sembra che debba ricredersi, perché a remare contro il sognato (da almeno due decenni e mezzo) avvio dell’intermodalità, punto strategico del futuro sul quale ci credevano e forse ci credono ancora oggi tanti player del settore trasporti, ci sono pensatissime responsabilità anche in Calabria.

Nemici strani, smemorati ed insipienti, che lasciano tutt’ora in balia del destino il collegamento ferroviario che dovrà legare il terminal portuale più grande d’Italia alla rete ferroviaria di Rfi. Una strana storia drammatica che lega il passato con il presente.

Le prime avvisaglie si avvertirono all’indomani dell’arrivo della prima portacontainer a Gioia Tauro che diede il via all’hub di transhipment: «Se fai partire un treno da Gioia Tauro ti caccerò» disse così l’allora Ministro dei Trasporti nel 1995 Claudio Burlando all’allora presidente delle Ferrovie Italiane Lorenzo Necci, che rese pubblica quella dichiarazione, senza essere mai smentito.

L’apertura di Gioia Tauro faceva tremare la portualità genovese ed i porti toscano – liguri, perché pensavano che la partenza dello scalo calabrese facesse diminuire i volumi dalle loro parti. La storia poi ha dimostrato il contrario. Aveva paura Genova che i collegamenti ferroviari da Gioia Tauro bloccassero l’appeal dei nodi logistici del nord anche se a Gioia Tauro il raccordo ferroviario che collegava il porto alla rete ferroviaria venne, si costruito ma in maniera un po’ approssimativa tanto che non potevano essere usate le locomotive elettrice per via di cavi di diametro inferiore rispetto alla norma e le stesse pendenze delle curve del raccordo non rispettavano i limiti di legge provocando il deragliamento dei treni che furono costretti a spostarsi a passo di lumaca su locomotive diesel.

Gli interessi del nord stranamente trovarono strani alleati anche al sud che progettarono malissimo quel tratto di ferrovia e lo lasciarono al loro destino per tantissimo tempo. Scambi usurati e mai sostituiti, interventi di manutenzione che nessuno effettuava, costrinsero a bloccare lo spostamento dei container che arrivavano via nave attraverso la rete ferroviaria gestita per oltre 25 anni prima dall’Asireg e poi dal Corap. Due settimane fa, questo giornale ha denunciato che il tratto ferroviario, consegnato ufficialmente a Rfi dopo anni di battaglie durissime circa due anni fa, ha subito anch’esso strano stop perché Rfi ha scoperto nel programmare i lavori di ammodernamento che esistono alcune particelle catastali che risultano di altra proprietà non bene identificata e per questo ha sospeso gli interventi.

Uno scandalo, sul quale però, è calato come al solito il Calabria, il silenzio più assoluto. Strano come tutti abbiamo cercato di mettere il cappello della rivendicazione politica sulla scelta di passare il raccordo a Rfi mentre adesso tutti tacciono. Non si capisce bene se lo fanno perché non capiscono la strategicità del collegamento ferroviario o per assoluta inerzia.

Non hanno reagito o commentato i politici, i deputati nazionale calabresi, i consiglieri regionali, le organizzazioni sindacali e lo stesso Presidente Roberto Occhiuto che di recente in forma strettamente privata ha fatto visita al porto e non ha potuto non vedere con i propri occhi il raccordo e sapere le ragioni per le quali Rfi non interviene. Parola d’ordine: silenzio e rassegnazione mentre ci si prepara alla grande mega festa parolaia dell’Expo di Dubai dove si andrà a presentare le potenzialità del porto di Gioia Tauro come eccellenza calabrese sul quale però, nessuno dice che resterà zoppo. Condannato a restare un’isola senza collegamenti intermodali chissà per quanto tempo ancora.

Occhiuto non potrà scuotere nemmeno il Commissario del Corap Enrico Mazza, voluto da Confindustria Calabria che nel silenzio più assoluto che si è dimesso due settimane fa senza spiegare i motivi della sua scelta. Altro elemento di stranezza in questa regione. Ne potrà prendere per il bavero nessun altro visto che Mazza non è stato ancora sostituito. I nemici di Gioia Tauro continuano ad essere tanti anche in Calabria dove vige una non strana omertà sui ritardi che bloccano lo sviluppo e l’occupazione.

Tanto qui come cantava il brillante Otello Profazio “si campa d’aria” perché il lavoro i giovani calabresi continuano ad andare a trovarlo fuori. Con buona pace della classe dirigente parolaia calabrese.

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