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Un'operazione della polizia

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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Maxi blitz della polizia contro la ‘ndrangheta in tutta Italia. Le squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia, hanno eseguito oltre 100 misure cautelari emesse dalle procure distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze, a conclusione di articolate indagini che hanno riguardato esponenti della ‘ndrangheta operanti in stretto accordo tra loro, in diverse parti del territorio nazionale.

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Le attività investigative, nell’ambito delle quali è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal Sudamerica, hanno riguardato persone di origine calabrese provenienti dalla Piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, attivi anche in Lombardia e in Toscana, e con ramificazioni internazionali.

La maxi-operazione rappresenta la sintesi di tre distinte indagini antimafia condotte in Calabria, Lombardia e Toscana, coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia, che hanno disvelato l’esistenza di un sodalizio mafioso attivo nell’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica, nonché nelle estorsioni e nel riciclaggio dei relativi capitali illeciti.

I reati contestati sono: associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

In alcune intercettazioni ambientali è emersa anche l’esistenza di una “locale europea” (la locale è una sorta di coordinamento delle ‘ndrine), anche se sarà necessario approfondire questo aspetto.

Lombardia, 54 persone coinvolte di origine calabrese

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Il filone milanese delle indagini, denominato operazione “Cavalli di razza”, è stato condotto dalla Polizia e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Como ed ha portato al fermo di 54 persone, indicate come provenienti dall’area della Piana di Gioia Tauro. Tra gli indagati figurano anche l’ex sindaco di Lomazzo Marino Carugati e un ex assessore.

La ‘ndrangheta si era infiltrata nelle province di Como e Varese, aprendo una serie di cooperative e ditte che operavano nei trasporti, nella logistica, nel settore delle pulizie e condizionavano pesantemente l’economia del territorio lombardo.

In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:
• periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali;
• periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;
• periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi, su larga scala, gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Dagli affari alla droga in Svizzera

Le cosche sarebbero riuscite a mettere sotto controllo diversi settori economici, ma le indagini hanno rivelato anche l’interesse per il traffico di
stupefacenti, nell’ambito del quale sono emerse le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si sono stabilmente insediati, dedicandosi prevalentemente ai traffici di sostanza stupefacente proveniente dall’Italia, provvedendo, nel contempo, a radicarsi e ramificarsi allo scopo di costituire in loco nuove strutture territoriali di ‘ndrangheta. In questo filone, le attività d’indagine sono state effettuate avvalendosi di una Squadra Investigativa Comune costituita tra l’Autorità Giudiziaria Italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera.

Dai riti arcaici alla ‘ndrangheta 2.0

L’indagine ha restituito “la fotografia” di quella che è la ‘ndrangheta oggi: da una parte conserva un carattere arcaico, con i riti di iniziazione e le “mangiate” e dall’altra parte c’è la «’ndrangheta 2.0, la ‘ndrangheta società d’affari, attiva nell’economia delle zone tra Como e Varese». Lo ha detto la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci, a capo della Dda milanese, nel corso della conferenza stampa. Anche il procuratore di Milano Riccardo Targetti si è soffermato sull’evoluzione della ‘ndrangheta, evidenziando che «gli esponenti della ‘ndrangheta che sono stati arrestati questa mattina anche in Lombardia, in particolare nelle province di Como e Varese, sono entrati in contatto con gli imprenditori lombardi che hanno insegnato loro “il know how” per quanto riguarda la gestione di affari illeciti e l’evasione fiscale».

Il procuratore Targetti ha lanciato anche un appello alla “società civile”: «La criminalità organizzata non è un fenomeno incentrato solo in certe regioni, qua ha più difficoltà a prendere il controllo, anche politico, ma rischia di arrivare a prenderlo, se non si alza la soglia di allerta». Per Targetti «chi si avvicina a questo mondo, per difficoltà o per timore nell’illusione di guadagnare migliori condizioni, deve sapere che sta giocando col fuoco».

L’imposizione dei boss

«Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa». Sono le parole di uno dei boss legati ai clan Molè e Piromalli. Una frase che, per la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci, a capo della Dda milanese, dimostra “autorevolezza” da parte della ‘ndrangheta anche sul territorio lombardo.

In Calabria 36 arresti

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Nel filone calabrese, denominato operazione “Nuova Narcos Europea”. sono stati 36 gli arresti (31 in carcere e 5 ai domiciliari), due le società sequestrate insieme a 4 terreni e rapporti bancari e finanziari.

Per quanto riguarda il filone calabrese delle indagini, le investigazioni, coordinate dalla Dda di Reggio Calabria, rappresentano lo sviluppo di elementi acquisiti nel corso dell’operazione convenzionalmente denominata “Handower”, condotta dalla Squadra Mobile reggina, che il 20 aprile 2021 era culminata nell’arresto di 53 soggetti indagati per associazione mafiosa, traffico e cessione di sostanze stupefacenti. In particolare, nel corso di quest’indagine furono monitorati rapporti sospetti tra presunti affiliati alla cosca Pesce e presunti affiliati alla cosca Molè.

Per quanto riguarda le estorsioni, le contestazioni riguardano sia somme di denaro consegnate loro da operatori commerciali di Gioia Tauro, che condotte poste in essere nei confronti di operatori del settore ittico, che sulla base delle provvisorie imputazioni, sarebbero stati costretti a consegnare o acquistare pesce da aziende riconducibili agli indagati,

L’indagine ha anche evidenziato rapporti di collaborazione con le cosche di ‘ndrangheta del versante tirrenico. Risultano indagati e destinatari di misura cautelare in carcere, oltre che soggetti riconducibili alla cosca Pesce, anche un esponente della cosca Crea di Rizziconi. Sono stati confermati, inoltre, le relazioni criminali con organizzazioni ‘ndranghetiste della provincia di Vibo Valentia. Diversi i sequestri di droga effettuati durante il periodo dell’inchiesta, individuando anche l’arrivo di carichi di cocaina sia nel porto di Gioia Tauro che nel porto di Livorno.

Il questore di Reggio Calabria Bruno Megale ha spiegato che si tratta «dell’ennesima dimostrazione della presenza della Polizia di Stato e dell’attenzione che ha riguardato il territorio della Piana di Gioia Tauro che da sempre vede la presenza di organizzazioni molto pervicaci e ramificate sul territorio, che hanno inquinato tutti gli aspetti economici di quel territorio. La cosca Molè soprattutto operativa nel settore del traffico di stupefacenti e aveva ramificazioni su tutto il territorio nazionale”.

Chimici esperti e palombari giunti dall’America

Le indagini hanno fatto emergere, nel 2019, la presenza in Italia di soggetti sud americani (quattro peruviani ed un colombiano, anch’essi destinatari della misura cautelare in carcere) due dei quali assoldati ed ospitati a Gioia Tauro con funzione di chimici e tre esperti palombari fatti giungere a Gioia Tauro per il recupero dello stupefacente in alto mare, in modo da ridurre i rischi connessi all’arrivo dei carichi di droga nel porto.

La droga nei risvolti toscani dell’inchiesta

Per quanto riguarda la parte toscana dell’imponente indagine, sono 13 le misure di custodia cautelare in carcere e un obbligo di dimora nel Comune di Livorno.

L’operazione della Dda di Firenze, condotta dalle squadre mobili di Firenze e Livorno, che ha sgominato un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di cocaina proveniente dal Sud America e legata a due cosche di ‘ndrangheta.

Tra i destinatari delle misure, è stato riferito in una conferenza stampa alla procura di Firenze, anche alcuni soggetti che lavoravano nel porto di Livorno dove nel corso delle indagini sono stati sequestrati 430 chili di cocaina. Destinatari degli arresti anche soggetti ritenuti espressione di due cosche calabresi, un presunto broker che faceva da raccordo tra gli esponenti delle ‘ndrine e altri complici in ambito nazionale e internazionale più un dipendente dell’amministrazione civile del ministero dell’Interno che avrebbe falsificato passaporti per alcuni latitanti.

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