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I vigliacchi, i bulli, i mafiosi non si fermano nemmeno davanti ai luoghi dello stare insieme: posti dove anche i loro figli e parenti sono stati accolti. Dove si gioca al calcio, come è successo ieri a Catona, che sta dentro il comune di Reggio con la sua spiaggia e la sua splendida rassegna teatrale. Dove si impara a difendere l’ambiente, come è successo sulla collina di Arghillà che guarda a Messina, dentro il Parco ludico di Ecolandia, pochi chilometri sopra Catona. Dove semplicemente si va a fare un bagno o un’ora di surf, come è successo per ben due volte a Pellaro, sull’altra bocca dello Stretto, ai danni dello stesso Lido; pochi giorni fa è saltata anche una paninoteca, in un’area che sta crescendo in turismo, visitatori e qualità della vita grazie al boom degli sport del vento. E sempre a Pellaro, il parco giochi in costruzione fu vandalizzato quando era ancora un cantiere: oggi per fortuna è stato riqualificato e aperto. 

I violenti colpiscono la periferia, e quindi i più deboli e i meno garantiti. A chi non piace un polo sportivo con ottocentomila euro di investimento, 3-400 mila solo per il prato che è stato bruciato? Sono soldi pubblici, sono soldi nostri. I criminali hanno agìto di giorno, perché l’altra notte ha piovuto. E dove c’è un cantiere – e in questa fase ce ne sono tantissimi – c’è il rischio: che venga chiuso prima, che venga danneggiato. I lavori pubblici, gli appalti sono sempre stati una calamita per le cosche, inutile girarci intorno. Certe vicende estenuanti, a partire dal Palazzo di Giustizia fermo ormai da dieci anni fino ai marciapiedi sfasciati o al famoso piccolo ponte sul Calopinace che non c’è, raccontano com’è difficile operare in quel settore.

Le fiamme divorano tutto, anche un pezzo del futuro di questa regione: sì, perché il linguaggio del fuoco si parla anche a Corigliano-Rossano, nell’alto e medio Tirreno, e periodicamente in altre zone. Davanti ai rotoli del prato sintetico ancora fumanti, il sindaco di Reggio resta senza parole, e offre il suo silenzio alla cittadinanza: è una scena drammatica che dura più di un minuto, come sono drammatiche le sue parole. «Siamo stanchi, mi verrebbe da dire non ci arrendiamo e non ci fermiamo: ma non ce la faccio». E fa giustamente un appello a tutte le forze politiche, perché qui non c’è maggioranza e opposizione, non c’è destra e non c’è sinistra. C’è solo voglia di una città e di una vita normale.
Eppure ci sono risposte possibili. Prima di tutto quella delle forze dell’ordine, della magistratura. I cittadini devono sentirsi più protetti. E poi quelle di ognuno di noi, nel nostro piccolo, nel sostenere esperienze sane (vedi sottoscrizione per Ecolandia), non avere paura di frequentare i luoghi che si sono ribellati al pizzo, sostenere le imprese, i negozi, le botteghe equo-solidali. Anche questa è una forma di partecipazione, provare a riprendersi gli spazi e il futuro che ci vogliono togliere. Il consorzio cooperativo Goel, che accoglie imprese sane che danno il giusto salario, per anni ha fatto una festa dopo ogni intimidazione. E va avanti così.

La violenza, l’intolleranza, le estorsioni scoraggiano i piccoli imprenditori che non vogliono scendere a patti, allontanano le grandi aziende che vorrebbero investire in Calabria. Insieme a loro se ne vanno i giovani, gli operai e i laureati. Ogni anno 15 mila abitanti in meno, secondo i dati dell’Istat. E facciamo fatica a non chiamare eroi i “restanti”, quelli che costruiscono percorsi economici, sociali, sportivi, culturali senza rassegnazione, nonostante tutto, creando lavoro e difendendo il buon vivere contro ogni intolleranza. Altrimenti, come ha detto con un’espressione felice e tragica lo scrittore Santo Gioffrè resteranno solo le guardie e i ladri.

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