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L'aula del Consiglio regionale della Calabria

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REGGIO CALABRIA – Doveva essere la seduta dedicata all’utilizzo dei fondi europei e all’attuazione del Por 2014/2020. Sembra però che il Consiglio regionale in programma oggi pomeriggio vedrà tutta l’attenzione (o almeno una sua buona parte) calamitata invece dal terzo punto all’ordine del giorno: la proposta di legge “omnibus”, presentata dal centrodestra calabrese, che contiene al suo interno una norma di modifica della legge 15 del 2006, quella che disciplina le fusioni tra i Comuni.

Norma che ritocca l’iter e su cui finora si è fatta un po’ di confusione. C’è chi ha detto che la proposta vuole rendere meramente consultivo il referendum destinato ai residenti dei comuni protagonisti di una fusione.

Non è così, perché il referendum era consultivo anche prima: la Costituzione si limita a dire che le Regioni, a cui spetta la competenza legislativa in materia, devono “sentire” le popolazioni e la legge regionale che in Calabria disciplina gli appuntamenti referendari (risale all’83) nel caso di fusioni parla di «referendum obbligatorio consultivo».

C’è anche chi ha detto che la proposta di legge del centrodestra cancellerebbe  il referendum. Anche in questo caso non è così: l’articolo che viene rimaneggiato manterrà nella nuova versione la previsione del referendum. Non potrebbe essere diversamente del resto, perché si scontrerebbe con il dettato costituzionale.

Su cosa interviene allora questa contesa “riforma”? Sul ruolo dei consigli comunali, che fin qui adottavano una delibera sulla fusione, per prassi considerata l’atto d’impulso dell’iter. Questo ruolo, nel caso in cui passasse l’omnibus, verrebbe cancellato.

La norma vigente dice così: «L’istituzione di un nuovo Comune mediante fusione di uno o più comuni contermini deve essere preceduta da un referendum sulle delibere consiliari di fusione svolto secondo le vigenti disposizioni legislative regionali».

Il centrodestra cancellerebbe le parole “sulle delibere di fusione”, sostituendole con “consultivo”. Unici attori resterebbero quindi il Consiglio regionale e i residenti dei comuni interessati (da “sentire” via referendum).

I consiglieri di centrodestra non vogliono neppur sentire parlare di “modifica”, per loro è un mero «adeguamento» al disposto costituzionale, che si basa anche sul fatto che nel resto della normativa regionale che disciplina le fusioni non c’è altro riferimento alle delibere dei Comuni.

Può sembrare un dibattito noioso e accademico, ma in realtà se c’è parecchia agitazione è perché l’attuazione di questa eventuale futura norma è dietro l’angolo: la prima occasione potrebbe essere l’iter per la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, sulla quale c’è già una proposta di legge depositata da otto consiglieri regionali del centrodestra.

A farsi portavoce del malcontento dei comuni – a partire da quelli interessati – è stata già l’Anci Calabria. Il vicepresidente Carmelo Panetta lo ha fatto in audizione, nella prima commissione regionale, chiedendo lo stralcio della norma dalla proposta omnibus e il suo rinvio. Davanti al niet della commissione, ha reiterato ieri la sua richiesta.

«È necessario un più compiuto approfondimento della modifica proposta e per meglio comprenderne le ragioni e gli effetti. L’argomento ha suscitato vasto allarme tra i sindaci calabresi, legittimamente timorosi che il mutare delle regole vigenti possa implicare un indebolimento o annullamento del ruolo degli enti comunali nell’iter procedurale delle fusioni di Comuni – dice Panetta – Abbiamo, pertanto, ritenuto di riproporre la nostra richiesta di rinvio delle determinazioni sulle norme relative alla fusione di comuni investendo, tramite i Capigruppo, l’intero consiglio regionale della Calabria convocato per domani (oggi, ndr). Il Consiglio Regionale della Calabria sta per assumersi una grande responsabilità, ove si determini sulla questione senza favorire una maturazione della scelta con il coinvolgimento pieno degli enti locali che sono i veri soggetti interessati alla materia».

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