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Lina Siciliano, protagonista di "Una femmina", in una scena

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ROMA – Il film “Una femmina” di Francesco Costabile, liberamente ispirato al libro inchiesta “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il Paese dalla ‘Ndrangheta”, del giornalista Lirio Abbate che ha curato anche la sceneggiatura, nelle sale italiane da domani, viene classificato come “Vietato ai minori di 14 anni” dal Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo.

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“Una decisione che coglie di sorpresa – scrivono i produttori in una nota – perché destinata a limitare la visione di un’opera che racconta le difficili e coraggiose scelte di donne che decidono di ribellarsi a organizzazioni criminali di stampo mafioso, una delle piaghe più terribili del nostro Paese. Donne che, con incredibile forza e sfidando ricatti e paure, decidono di opporsi a un destino già segnato e che con il loro esempio dimostrano che c’è sempre la possibilità di scegliere un’altra via, anche se a volte in alcuni contesti sembra quasi impossibile. Un film che si pone dunque come un’importante testimonianza di etica e coraggio, rivolta soprattutto alle fasce più giovani di contesti ad alto rischio, che rischia però di essere bandita proprio in quelle realtà nelle quali ce ne sarebbe più bisogno”.

“Con rammarico e dispiacere apprendo che la commissione per la classificazione delle opere cinematografiche ha ritenuto che il nostro film non fosse idoneo ai minori di 14 anni – dichiara il regista Franceso Costabile – l’abolizione della censura nel nostro Paese dovrebbe restituire alle famiglie il diritto costituzionale di poter scegliere quali contenuti e come accompagnare i propri figli alla visione di determinati film. Soprattutto se si tratta, come nel caso di “Una Femmina”, di un film che denuncia la mafia e la violenza sulle donne. È immorale limitare la circolazione di determinati messaggi. L’arte deve liberarsi definitivamente da limitazioni di questo tipo, è un atto dovuto per la crescita morale del nostro Paese e dei nostri cittadini”.

“Questo è un film che ha come protagonisti gli adolescenti. Ragazze e ragazzi che devono emanciparsi dal pesante dominio di famiglie della ‘ndrangheta. Vietare la visione di “Una Femmina” ai minori di 14 anni – osserva Lirio Abbate – significa impedire di raggiungere quella parte di spettatori che avrebbero più bisogno di un aiuto per comprendere in quali situazioni si trovano, e ad altri fornire strumenti per ribellarsi. Ciò avviene proprio nel momento in cui nelle scuole si parla di mafia cercando di far nascere una nuova consapevolezza contro la ‘ndrangheta. Tutto questo appare come un sinistro monito, tanto più grave perché arriva dal ministero della Cultura: basta parlare di mafia”.

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