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Riccardo Gatti

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RICCARDO Gatti, comandante della nave Astrala, poi capomissione, sia bordo che a terra, è presidente di Open Arms Italia, l’unica organizzazione non governativa impegnata nel Mediterraneo nel soccorso ai migranti.

Fa suo l’appello che lanciamo all’Italia affinché prenda in carico la vita della giovane Adja: “Un passaggio chiave questo. C’è una mamma, un bimbo morto, e ci sono tanti bambini sopravvissuti. Chi ci pensa adesso?”.

D. Un dolore che fa parte del “sistema”, poi finisce lì. Anche per la grande stampa…

R. «Sì, è così. Facile scandalizzarsi di fronte a quelle immagini. La tragedia, il clamore, fanno parte, certo, del sistema. Poi nessuno se ne ricorda più. Il punto invece è occuparsi di queste persone sempre. Dobbiamo renderci conto che se sta male una parte dell’umanità, i problemi sono per tutti. L’informazione poi se è nelle mani del potere è un’informazione falsata, manipolata».

D. Che cosa risponde a chi vi accusa di favorire l’immigrazione clandestina, di essere addirittura complici degli scafisti?

R. «Che basta cercare i documenti, e visionarli. Troppo facile fare dichiarazioni sulla base di nulla. Ci sono state molte inchieste, tutte cadute. Siamo tranquilli, se le cose sono false tali restano sempre. E poi si vede anche da lontano chi ha intenzioni malevole, chi manovra per fomentare l’odio a suo vantaggio».

D. La Meloni e Salvini?

R. «Le loro dichiarazioni parlano da sole».

D. Che cosa vuol dire trovarsi di fronte alla morte, lavorare su una nave che raccoglie migranti e spesso cadaveri?

L’appello per la mamma di Yusuf

R. «Il trauma è rendersi conto che la causa di tutto ciò è il modo nostro di vivere. Potrebbe essere evitato, la politica dovrebbe stare in prima fila a fare ciò che avrebbe la possibilità di fare. Ciò che distrugge dentro volontarie e volontari è capire la totale mancanza di interesse di quanti decidono della vita di tutti noi. E anche della morte».

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