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Antonio Biafora e Luigi Lepore

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COSENZA – Due nuove stelle Michelin brillano in Calabria: gli chef premiati da quella che viene considerata la guida più prestigiosa a livello internazionale sono Antonio Biafora con il suo “Hyle” di San Giovanni in Fiore (CS) e Luigi Lepore con il suo ristorante omonimo a Lamezia Terme (CZ). 

Dal ristorante nel cuore della Sila è arrivata una reazione giustamente entusiasta: “Siamo estremamente felici e onorati di aver ricevuto una stella Michelin per la guida 2022. Un premio di importanza enorme che ci rende fieri e orgogliosi dei sacrifici fatti e del lavoro svolto. Abbiamo sfidato cliché e resistito agli stereotipi, portando in Calabria, in Sila, a 1200 metri sul livello del mare, un progetto di alta cucina e ristorazione sapientemente guidato del nostro chef Antonio Biafora, senza il quale tutto questo oggi non sarebbe realtà. Abbiamo riscoperto l’antica via della pece: l’abbiamo ripercorsa dalle colline sul mare fino in cima alle nostre montagne, tracciando una mappa di eccellenze territoriali, individuando agricoltori, allevatori e piccoli produttori e attivando una catena di sostenibilità economico-sociale”. 

Quello di Biafora è un risultato doppiamente significativo perché porta la Stella nel Cosentino (nell’edizione passata il riconoscimento era andato ad Abbruzzino di Catanzaro, Dattilo di Strongoli, Pietramare Natural Food di Isola Capo Rizzuto, Gambero Rosso di Marina di Gioiosa Ionica e Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte: tutti riconfermati).

Esulta sui social Caterina Ceraudo (Dattilo) : “7 Stelle in tutto che brillano nella nostra regione! Sempre più contenta che la Calabria si dimostri una terra di giovani coraggiosi e intraprendenti che hanno deciso di investire qui! Come dico sempre: “l’autostrada del gusto esiste” e diventa sempre più reale. Tantissimi auguri anche ad Antonio Biafora e Luigi Lepore per la loro nuova meritata stella!”.

“Abbiamo fatto della sperimentazione e della ricerca in questo continuum temporale tra tradizione e innovazione, il nostro punto fermo di approccio alla cucina – scrivono ancora da Hyle -. Questo è stato ed è possibile grazie a ragazzi straordinari come Francesco Cardace, Gianmarco Pellegrino, Stefano Genovese, Raffaele Condino, Francesco Abbate e Francesca Mazzei. Infine, un doveroso ringraziamento per l’amore, la passione e l’impegno quotidiano e senza sosta di una famiglia meravigliosa: la grande famiglia Biafora, Giuseppe Biafora, Maria Teresa Veltri e Luca Biafora. Oggi realizziamo un sogno e vogliamo condividerlo con tutti voi e con il nostro amato territorio. In fondo Hyle è materia, la stessa materia di cui sono fatti i sogni. Grazie”. 

E se Biafora è un nome noto – a dispetto della giovane età – nel panorama della nuova scena di cuochi calabresi, Lepore è tornato due anni fa nella sua terra d’origine dopo aver intrapreso il percorso professionale in cucina nel 2008 dopo la Laurea in Scienze Turistiche all’Università IULM di Milano ed il Master in Scienze Gastronomiche e Prodotti di Qualità all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Colorno.  

Fa le sue esperienze in giro per il mondo ed in ristoranti stellati come il Trussardi alla Scala di Milano, il Caino in Toscana, il Can Fabes in Spagna, La Bastide de Capelongue in Francia ed Il Comandante a Napoli. Collabora nelle brigate di grandi nomi dell’alta cucina, al seguito di Andrea Berton, Alfio Ghezzi, Valeria Piccini, Santi Santamaria, Xavier Pellicer, Edouard Loubet, Salvatore Bianco.  

Dopo anni di studio e di affinamento, decide di ritornare nella sua Lamezia Terme e di avviare un progetto gastronomico con il proprio nome. Nel 2019 Luigi Lepore aggiunge così “un nuovo capitolo alla storia contemporanea della cucina calabrese con un format innovativo, dagli ampi orizzonti, ma con le radici ben salde nelle culture materiali che caratterizzano l’identità del territorio – si legge sul sito del ristorante lametino –. Deciso a far parlare il suo Sud attraverso codici non canonici, muovendosi tra sperimentazione e ritorno alle origini, attingendo al valore della contaminazione di saperi e di tradizioni, scegliendo piccoli produttori e aziende locali come compagni di viaggio”.  

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