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Nicodemo Librandi nei suoi vigneti

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Non è toscano né piemontese. E neppure veneto. È il Megonio 2019 Librandi, rosso Igp Calabria, il miglior vino italiano in assoluto secondo la Guida Vitae 2022, la “bibbia” enologica dei sommelier AIS. Con un punteggio stratosferico – 99/100 – il rosso calabrese è l’unico vino arrivato al vertice della speciale super-classifica dei migliori vini d’Italia, «le 100 bottiglie – spiega la guida – che hanno ottenuto i punteggi più elevati».

Calabrese, il Megonio, anzi calabresissimo. Perché si tratta di un vino dell’azienda Librandi di Cirò Marina e perché è prodotto con un’antica varietà autoctona, il magliocco dolce tipico della regione, un’uva che si coltiva e si lavora esclusivamente entro i confini della Calabria.
Il riconoscimento della guida dell’AIS, con un punteggio che non ha precedenti, incorona il Megonio 2019 rendendo merito all’azienda cirotana e dando valore al potenziale enologico dell’intero territorio calabrese.

Altro che “cenerentola” dell’enologia… La Calabria del vino può finalmente dar sfogo – una volta tanto – a un sano orgoglio regionalistico. E può concedersi pure un pizzico di sciovinismo. Perché la notizia infrange tante certezze vicino l’Arco Alpino, incrina convinzioni consolidate al centro dello Stivale e fa crollare anche presunte superiorità nel Mezzogiorno, isole comprese. Se pur di poco, infatti, il punteggio del Megonio supera quello del mitico Barolo Monfortino di Conterno e di “mostri sacri” toscani, il Brunello Biondi-Santi, il Masseto e il Sassicaia, vini preziosi quanto costosi (anche oltre gli 800 euro). Il Megonio-Davide (prezzo al pubblico 18 euro), batte, insomma, i giganti-Golia.

L’autorevolezza della Guida è fuori discussione. Vitae 2022 (milletrecentoventotto pagine, più di 30.000 vini assaggiati rigorosamente alla cieca da un migliaio di sommelier) è la summa editoriale dell’AIS, l’associazione italiana Sommelier che è il più importante sodalizio enologico italiano.

Con una buona dose – certamente tanta – di fierezza in casa Librandi si festeggia perciò uno dei riconoscimenti senz’altro più prestigiosi. «Si tratta di un premio al vino – commenta Nicodemo Librandi – ma in qualche modo anche al lavoro di tutto il nostro team. Il fatto che lo abbia ricevuto il Megonio testimonia che abbiamo investito e lavorato bene puntando negli ultimi trent’anni nella ricerca sulle varietà autoctone, per studiarle, riscoprirle, in molti casi salvarle dall’estinzione e soprattutto per valorizzare un patrimonio varietale ampio e prezioso, facendo sì che questo fosse accessibile all’intero settore. Il mercato ha sempre gratificato il Megonio fra i nostri vini di punta apprezzati in Italia e nei circa 35 Paesi esteri in cui operiamo e questo premio in qualche modo ne suggella i risultati».

Sulla guida Vitae 2022, del resto, il sensazionale punteggio 99/100 del Megonio è motivato con lusinghiere note di degustazione: “Rosso amaranto lucente, olfatto prorompente e sfaccettato, che regala viole e prughe, pepe di Sichuan, vaniglia e liquirizia, polvere di cacao e sigaro. Avvolgente e di carattere, tannini carezzevoli e rotondità che sanno di velluto. Resta a lungo impresso nella memoria”.

Magliocco in purezza, coltivato con sapienza secolare e le tecniche d’avanguardia della viticoltura di precisione nella Valle del Neto, nella tenuta Rosaneti, il Megonio nasce da vigneti ben individuati, un cru direbbero i francesi, tra le colline più alte dell’azienda. I “segreti” del Megonio? Terreni argillosi-calcarei, basse densità di impianto e resa.
Fu uno choc salutare quando venne alla luce 24 anni fa. Era il 1998 e venne immessa sul mercato la prima annata, il 1995, soltanto in versione magnum.

Fu il primo vino della cantina Librandi firmato dal famoso enologo Donato Lanati, appena ingaggiato e ne circolarono solo 600 bottiglie, in un ambito ristretto di happy few: giornalisti del vino, opinion leader e gli enotecari e ristoratori principali clienti dell’azienda in Italia e all’estero. Lanati, a giugno di quell’anno, aveva assemblato due botti frutto della sperimentazione che Nicodemo Librandi aveva personalmente avviato a Cirò Marina su alcune varietà di magliocco selezionate dal vigneto sperimentale dell’Arsa a San Marco Argentano.

Quell’uva sconosciuta, un tempo diffusa soprattutto per produrre vini da taglio, venne nobilitata dal talento geniale di Lanati che apprezzò subito quel vino carico e intenso, ricco di polifenoli e di levigate tannicità.
Dedicato a un’influente personalità della Calabria del II secolo: Manio Megonio Leone, appassionato viticultore esponente della famiglia dei Megonii di Petelia (Strongoli) proprietari di un immenso latifondo ricco di vigneti che si estendeva da Crotone al Cosentino fino a Cariati e oltre. Nicodemo e Antonio Librandi lo vollero onorare raccogliendone l’eredità ideale.

Quella di impegno e amore per la terra e la produzione del vino.
Coltivano la vite da quattro generazioni, i Librandi e dagli anni ’50 hanno avviato l’imbottigliamento, Mantenendo vive le radici originarie e la pazienza e la tenacia di chi lavora nei vigneti, l’azienda è da tempo fra quelle leader non solo nel panorama meridionale.

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