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La palestra Ego Fitness di Vibo Valentia

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VIBO VALENTIA – «Siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire. Ciò che non si è capito in oltre un anno di emergenza è che le palestre non sono luoghi di contagio, che qui più che altrove era ed è possibile rispettare le regole e che, soprattutto, il benessere fisico è un aspetto essenziale nella vita delle persone, che incide direttamente sulla salute mentale».

Il 24 maggio scorso, per effetto delle disposizioni governative, anche le palestre, i centri sportivi e le piscine al chiuso, hanno potuto riaprire i battenti dopo i lunghi mesi delle chiusure che hanno, in certi casi, costretto molti gestori ad abbassare le saracinesche per sempre.

Chi ha resistito, chi ha stretto i denti, lo ha fatto affrontando notevoli sacrifici e ingenti perdite. Dovuti ai mancati introiti e alla necessità di dover comunque onorare le spese e i costi fissi. E ora che tapis roulant e panche sono tornate in funzione, spera che la fase più dura sia finalmente alle spalle e che si possa guardare con più fiducia al futuro.

Tra questi vi è Mimmo Limardo, gestore di una palestra molto frequentata di Vibo Valentia, che lunedì ha riaccolto i primi clienti e che ora, pensando ai duri mesi che si è lasciato alle spalle, non nasconde l’amarezza per come l’affaire palestre è stato gestito dal governo.

«Ricordo ancora le parole di Conte che a un certo punto disse che “se le palestre si attengono alla regole non ci sono motivi per chiuderle”. Ebbene, dopo aver rispettato quelle regole, dotando in fretta e furia la struttura di tutti i dispositivi necessari e dopo aver effettuato la sanificazione di tutti i locali, a distanza di due giorni da quell’annuncio le palestre furono chiuse».

Mimmo Limardo nella sua palestra

Limardo non ha dubbi: «Siamo stati quelli più penalizzati, paradossalmente negli ambienti più sicuri. L’intera vicenda è stata gestita male, perché ci si sarebbe dovuti concentrare molto di più sul rispetto delle regole e sui controlli, anziché chiudere del tutto dimenticandosi che questi sono luoghi di benessere. E la mancanza della cura del benessere, lo dice l’Oms, è il terzo fattore di rischio per la salute».

A pesare, evidentemente, è l’aspetto economico. «Tra spese fisse, affitto ed utenze abbiamo dovuto comunque far fronte a tanti costi, senza che ci fosse alcuna sospensione. Costi che per una struttura come la nostra si sono aggirati intorno ai 40mila euro per tutto il periodo di chiusura, senza contare i mancati introiti. E poco o nulla hanno inciso i ristori».

Ottocento metri quadri nel centro di Vibo Valentia, sei istruttori a regime, la Ego Fitness è una struttura molto in voga in città. Nel primo lockdown finì al centro di un fatto di cronaca, ricevendo una visita da parte della Guardia di finanza che creò molto scalpore visto anche il ruolo della sorella del gestore, attuale sindaco della città. «La palestra era chiusa – ricorda Limardo -, ero solo io con un mio amico che ha problemi di salute, con tanto di certificati medici. So che se avessi fatto ricorso lo avrei probabilmente vinto, ma mi sono assunto le mie responsabilità e le conseguenze di quell’episodio».

Un incidente di percorso che si è lasciato alle spalle: «Posso dire ad oggi che la nostra attività osserva scrupolosamente le regole anti-contagio: prendiamo la temperatura all’ingresso, teniamo il registro delle presenze con tutti i dati e le firme. Le distanze sono assicurate e gli ingressi contingentati a 20-30 persone con prenotazione obbligatoria per evitare assembramenti».

La palestra vantava 400 clienti l’anno in epoca pre-Covid. Ora, dalla riapertura di lunedì, sono circa 50 quelli che hanno confermato l’iscrizione. «I più assidui sono tornati – spiega il gestore –, la gran parte non ancora, anche perché i corsi più richiesti (posturale, pilates, yoga) non li abbiamo attivati, visto il periodo non proprio ideale. Anche diversi anziani, alcuni con problemi di Parkinson, che venivano per il loro benessere non sono ancora tornati».

E sì perché la palestra non è un ambiente riservato ai soli body builder. «Ciò che non si è capito è che ci sono tante discipline che assicurano il benessere alle persone prima ancora che il “bell’essere”. Se pensiamo che la vendita di ansiolitici è aumentata a dismisura in questi mesi di Covid – riflette Limardo -, si può comprendere come la chiusura di questi luoghi, dove si cura il proprio benessere, sia un problema serio per molte persone che potrebbero anche lasciarsi andare alla depressione».

Per il futuro non c’è che da sperare che si superi l’emergenza. «Ora confido nella voglia di normalità anche perché così non si più vivere. Se in autunno si dovesse pensare di chiudere di nuovo – conclude Limardo – credo sia più utile studiare forme di convivenza con il virus. Non si può più privare le persone di un bisogno essenziale come il proprio benessere».

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