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La sede dell'Asp di Vibo Valentia

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Per accertare eventuali condizionamenti della ‘ndrangheta nella sanità vibonese dopo l’inchiesta Maestrale-Carthago inviata la Commissione di accesso all’Asp di Vibo

VIBO VALENTIA – Lo avevamo ventilato nei giorni scorsi e adesso il tutto ha assunto i crismi dell’ufficialità. La Prefettura di Vibo ha infatti inviato la commissione di accesso agli atti all’Azienda sanitaria di Vibo per accertare eventuali condizionamenti della criminalità. Nelle scorse settimane presso l’Utg il vertice, durato quasi due ore, avente quest’unico punto come ordine del giorno, a cui hanno preso parte il capo dell’Utg, Paolo Giovanni Grieco, il procuratore di Vibo Camillo Falvo, il procuratore aggiunti di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, i comandanti provinciali di Carabinieri (Luca Toti) e Guardia di Finanza (Massimo Ghibaudo) e il questore Cristiano Tatarelli, è arrivato il responso. Ed è pesantissimo: per la seconda volta nel giro di neanche 20 anni l’Asp di Vibo finisce nel mirino degli investigatori.

Oltre all’Asp, nel vibonese sono operanti altre tre commissioni di accesso: nei Comuni di Stefanaconi, Nicotera e Tropea. D’altronde, a seguito di quanto era emerso soprattutto dalle carte dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, Maestrale-Carthago, era inevitabile che lo Stato accendesse i riflettori sull’attività di palazzo ex Inam dopo che in precedenza l’aveva fatto l’Ufficio del procuratore Nicola Gratteri. Ed a ben vedere, l’indagine aveva portato al coinvolgimento di alcuni dirigenti, tra attuali ed passati, nonché funzionari cui vengono contestate diverse accuse, alcune delle quali particolarmente rilevanti quanto inquietanti come il concorso esterno in associazione mafiosa. E, laddove quest’ultima non viene mossa, vi sono altri reati con l’aggravante della mafiosità.

COMMISSIONE DI ACCESSO ALL’ASP DI VIBO, I DATI DELL’INCHIESTA MAESTRALE-CARTHAGO

Nella prima parte dell’inchiesta gli investigatori evidenziavano a chiare lettere la presenza di una “cointeressenza dell’Asp di Vibo sia con la criminalità organizzata e sia con esponenti politici di vario livello che di fatto condiziona in modo totale l’esercizio delle funzioni dell’Ente, che mediante i propri atti risponde a logiche criminali e politiche invece che perseguire l’interesse pubblico afferente la sanità”. Si riportavano, al riguardo,, diversi episodi che confermerebbero tale prospettazione in particolare i retroscena relativi alla gestione degli appalti da parte dell’Azienda e la “stretta correlazione con la criminalità organizzata che hanno offerto un punto di vista privilegiato ed attuale circa gli assetti dell’Ente sanitario ed i più che evidenti condizionamenti”.

Insomma, dalle carte di Maestrale-Carthago viene cristallizzato il dato di una “Azienda Sanitaria totalmente asservita ai desiderata della criminalità locale” e degli “strettissimi collegamenti tra alcuni pubblici funzionari ed esponenti della ’ndrangheta. In particolare all’interno dell’Asp tali relazioni hanno determinato il condizionamento delle attività dell’ente pubblico per perseguire interessi privati e mafiosi”. Una delle maggiori figure coinvolte nell’inchiesta è quella dell’ex direttore del dipartimento di prevenzione, Cesare Pasqua (accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e abuso d’ufficio con l’aggravante mafiosa nonché di scambio elettorale politico mafioso) che potrebbe avere avuto “stretti rapporti con le Locali di ’ndrangheta di Limbadi e anche quelli con la cosca Fiarè per come emersi anche da una conversazione tra Francesco Fiarè e i fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico (entrambi imputati del delitto di associazione mafiosa nell’ambito del procedimento Petrolmafie) avente ad oggetto una pratica amministrativa relativa all’apertura di un frantoio”.

I LEGAMI PRESUNTI CON LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Ulteriori, presunti, legami tra l’ex dirigente e la criminalità organizzata emergono, infine, anche dai fatti, cristallizzati nelle conversazioni con Domenico Colloca e Gregorio Coscarella (ritenuti entrambi esponenti della ‘ndrangheta di Mileto) aventi ad oggetto la promessa di voti per il figlio del Pasqua candidato per le elezioni regionali in cambio dell’omissione di controlli sulle aziende dell’imprenditore Colloca impegnate nelle mense ospedaliere. In tali dialoghi lo stesso Pasqua si autodefinisce “uomo d’onore”.

La contestazione di scambio elettorale politico-mafioso attiene la presunta ricerca di voti al figlio Vincenzo (poi non eletto), candidato nella lista “Jole Santelli Presidente” a sostegno di Jole Santelli alla carica di presidente della Regione, in occasione delle elezioni del 26 gennaio del 2020. Emblematica, poi, una cena monitorata dal Ros dei carabinieri in cui “emerge un allarmante quadro che vede le scelte operate all’interno dell’Asp strettamente connesse ad una logica clientelare e nettamente schierata con la frangia politica di cui Michelangelo Miceli (non indagato nell’inchiesta, ndr) è interlocutore e strettamente dipendente.

La cena prende inizio con il direttore sanitario che spiega di aver rimosso dall’incarico il vecchio responsabile del reparto di Ortopedia dell’ospedale di Vibo Valentia, in favore di una dottoressa, riferendo altresì che quest’ultima è molto più capace di chi ricopriva precedentemente quell’incarico”. La conversazione prosegue con Miceli che informa i presenti dei problemi generati dalla chiusura dei punti cottura per i nosocomi di Vibo Valentia, Tropea e Serra San Bruno. Riferendo però di essere riuscito a garantire i pasti ai degenti, proprio “attraverso l’utilizzo dei punti cottura della società di Domenico Colloca (indagato nella prima inchiesta)”.

LO SCONTRO IN DIREZIONE SANITARIA TRA PASQUA E IL DG AZIENDALE

Ma racconta anche dello scontro sorto in direzione sanitaria tra Pasqua, lui e l’allora Dg aziendale Angela Caligiuri, a seguito di un esposto pervenuto sul conto di Pasqua. Trattato congiuntamente dagli altri due, ed inoltrato al dirigente dell’ufficio risorse umane, al direttore amministrativo, al direttore contabile e successivamente all’ufficio personale che provvedeva a sospendere l’ex capo del dipartimento di prevenzione bloccandogli anche lo stipendio.

Quest’ultimo ufficio, a distanza di un mese, avrebbe dato un parere totalmente opposto a quanto emesso in precedenza reintegrando il dirigente che, “ben consapevole di arrecare un danno non indifferente all’Azienda sanitaria, procedeva alla chiusura dei punti cottura, al fine di agevolare Gianfranco Ferrante, ex titolare del “Cin Cin Bar” e condannato a 20 anni nel processo Rinascita-Scott per associazione mafiosa “quale partecipe della Locale di ‘ndrangheta di Limbadi e sodale di fiducia di Luigi Mancuso”. Nella rete è finito anche il direttore del servizio veterinario dell’Asp, Francesco Massara, accusato di è accusato di tentata minaccia aggravata dalle modalità mafiose nei confronti della veterinaria dell’Asp Nicolina Corigliano anche se, tuttavia, il gip non ha ritenuto sussistente la finalità di agevolazione mafiosa “in quanto la vicenda in esame appare riconducibile ad un interesse personale dello stesso”.

COMMISSIONE DI ACCESSO ALL’ASP DI VIBO, GLI AUSPICI DI WANDA FERRO E ROBERTO OCCHIUTO

Nei mesi scorsi il sottosegretario agli interni, Wanda Ferro, aveva affermato testualmente: “Credo che sarà necessario avere un occhio attento su tutte le aziende: per esempio, sull’azienda di Vibo Valentia ci sarebbe da fare una riflessione rispetto alla qualità dei servizi erogati, non dovuta ai bravissimi medici che lì operano ma probabilmente a quello che la macchina non riesce a garantire”. Il mese scorso il Quotidiano aveva riportato le parole pronunciate dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in Consiglio rispondendo ad una interrogazione del consigliere dem, Raffaele Mammoliti: “Anche all’interno dell’Azienda sanitaria di Vibo c’è la necessità di approfondimenti in ordine a eventuali infiltrazioni, così come c’è stata in moltissimi comuni della provincia”.

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