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Vittorio Boiocchi

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Il vibonese Pietro Andrea Simoncini, 42 anni, di Soriano Calabro, ritenuto esponente legato alla criminalità locale, è tra le sei persone arrestate stamani nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Vittorio Boiocchi (70 anni), storico capo ultras della Curva Nord dell’Inter


VIBO VALENTIA – C’è anche il vibonese Pietro Andrea Simoncini, 42 anni, di Soriano Calabro, ritenuto esponente legato alla criminalità locale, tra le persone arrestate stamani nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Vittorio Boiocchi (70 anni), storico capo ultras della Curva Nord dell’Inter commesso a colpi di pistola davanti casa della vittima il 29 ottobre 2022. In tutto sei persone, tra cui anche Andrea Beretta, ex leader della Curva Nord arrestato per aver ucciso Antonio Bellocco il 4 settembre 2024 e dopo quel fatto collaboratore di giustizia, ritenute i “mandanti ed esecutori del delitto”. Gli altri in carcere sono Gianfranco e Marco Ferdico (genero di Simoncini), rispettivamente padre e figlio di 62 e 40 anni, di Milano, Cristian Ferrario, 51 anni, di Cernusco sul Naviglio (MI), Daniel D’Alessandro, 30 anni, di Monza, e Mauro Antonio Nepi (43 anni).

L’OMICIDIO BOIOCCHI PAGATO 50MILA EURO

Quello di Boiocchi fu un omicidio su commissione pagato 50mila euro da Beretta 50mila euro per come da questi raccontato ai pm milanesi.  La vittima fu uccisa poco prima del fischio d’inizio di Inter-Sampdoria, attinta da cinque colpi di arma da fuoco che lo avevano raggiunto al collo e al torace. A sparare, nel dettaglio, erano state due persone col volto coperto a bordo di uno scooter che poi si erano dileguate a grande velocità. Inutile ogni tentativo di soccorso: Boiocchi morì poco dopo il ricovero in ospedale.

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Nello specifico, Simoncini è ritenuto insieme a D’Alessandro l’esecutore materiale del delitto: i due sarebbero giunti presso l’abitazione di Boiocchi a bordo del motociclo Gilera Piaggio, caricato fino al luogo del delitto sul furgone Fiat Ducato noleggiato da Marco Ferdico (uno degli indagati di punta dell’inchiesta “Doppia Curva” e per qualche tempo anche calciatore dell’Ags Soriano, considerato vicino al clan Bellocco di Rosarno.

LE RIVELAZIONI DEL PENTITO ANDREA BERETTA

Eloquenti, per i pm della Dda di Milano, Storari e Ombra, le dichiarazioni del pentito Beretta che racconta di aver conosciuto il suocero di Marco Ferdico: “Franco e Marco  mi presentano, sotto il box di casa di Marco a Carugate, un personaggio, che era praticamente il padre di sangue della moglie di Ferdico, di Aurora… Il suo paese è giù in Calabria, io quei paesi lì non è che sono andato a vedere… so che è calabrese di origini. Mi dice che è esperto di queste cose qui perché al suo paese sono in faida”. Beretta  fa anche una descrizione fisica di Simoncini: “Non più alto di mt. 1.65, fisico atletico, di carnagione scura, capelli scuri, un po’ di barba tipo me”, e aggiunge che diede lui la pistola, una 7.65 col carrello, che aveva sempre in quella che chiama la “mia Santa Barbara”.

Racconta inoltre di aver fornito anche lo scooter “tra i più veloci che ci sono in circolazione, un Gilera GT 7.50, color grigio” da lui intestato a Ferrario che dopo l’omicidio aveva distrutto e formalizzato presso la Stazione dei Carabinieri di Gorgonzola la denuncia di furto dichiarando che era avvenuto nel parcheggio del centro sportivo di Cambiago.

LE MODALITà DELL’OMICIDIO BOIOCCHI E IL RUOLO DI SIMONCINI

Il pentito si focalizza poi sull’azione omicidiaria raccontando, per come appreso da Marco Ferdico, che sullo scooter vi erano D’Alessandro, alias, “Bellebuono”, e il padre di Aurora con l’incarico di “fare fuoco” ma qualcosa andò male poiché i due caddero e quest’ultimo “si ferì a un braccio;  pertanto si erano invertite le parti e a far fuoco fu “Bellebuono””.  Tuttavia un testimone oculare aveva riferito di aver visto sparare un uomo alto circa 1,60 con “un’andatura strana e una corsa difficoltosa”.

Che Boiocchi fosse monitorato era chiaro e lo stesso Beretta lo conferma: “Si erano informati su tutti i vari punti dove lui sarebbe dovuto andare e gli orari che aveva, aveva degli obblighi, doveva essere a casa a quell’orario e loro sapevano queste cose qua”.

Come detto, Beretta avrebbe pagato il delitto 50mila euro, soldi consegnati a Ferdico per mano di Nepi e così suddivisi: “15mila euro a Bellebuono e 15mila al padre di Aurora. E il resto si erano persi per strada”.

I CONTROLLI SU PIETRO ANDREA SIMONCINI

L’individuazione e l’analisi delle utenze riconducibili a Pietro Andrea Simoncini si è basata sui contatti telefonici di soggetti vicini alla vita privata dell’uomo e sugli spostamenti registrati dalle utenze in luoghi compatibili  con la residenza e con altri luoghi dove il soggetto si sarebbe recato, sul territorio nazionale.

All’indagato sono attribuite 5 differenti utenze di cui 4 intestate fittiziamente a cittadini stranieri. La minuziosa analisi oltre a consentire di risalire alle utenze a lui in uso, ha evidenziato il suo spostamento dalla Calabria, dove risiede, in Lombardia nel luglio del 2022, ovverosia quando avrebbe preso corpo il progetto omicidiario nei confronti di Boiocchi ed il successivo ritorno in Calabria dopo l’omicidio.

Simoncini ha abitato nell’appartamento dei Ferdico a Ornate dal 5 al 31 maggio 2022, due giorni dopo l’omicidio di Boiocchi, la sua presenza unitamente a quella di Marco Ferdico, in linea con un possibile primo sopralluogo, è ritenuta ampiamente comprensibile sia perché il primo è stato l’ideatore del progetto omicidiario, sia perché il secondo, non conoscendo il territorio milanese, ancor meno il quartiere Figino, ha sicuramente necessitato dell’ausilio di suo genero in piena veste di “cicerone”. Considerato poi singolare il dato che i due indagati siano nella zona che poi sarà teatro dell’omicidio proprio in orario analogo a quello in cui si consumò l’evento criminoso.

L’UCCISIONE DI BOIOCCHI E I MOTIVI DELL’INGAGGIO DI SIMONICINI

È sempre Andrea Beretta a spiegare ai pm i motivi della scelta di Simoncini in quanto “persona adusa a simili azioni e già coinvolta in una “faida” familiare in territorio calabrese (…già esperto di queste azioni qua perché al suo paese sono in faida …”)”. Gli investigatori spiegano che sebbene i suoi pregiudizi di polizia consentirebbero di ascriverlo alla cosiddetta delinquenza comune (furto, ricettazione, truffa, spaccio di sostanze stupefacenti) la sua prima moglie fu oggetto di denuncia con altre tre persone per il favoreggiamento della latitanza del boss Bruno Emanuele (vicenda conclusasi con un patteggiamento) mentre la cognata era coniugata con Antonino Zupo, ucciso davanti la sua abitazione il 22 settembre 2012, ritenuto esponente di vertice della criminalità locale, collegato col clan degli Emanuele. E il riferimento alla Faida lo si riconduce a quella che ha riguardato le Preserre tra gli anni 80-90 e dal 2012 in poi.

L’AGGRAVANTE MAFIOSA CONTESTATA PROPRIO PER LA PRESENZA DI SIMONCINI

Il Pubblico Ministero ha contestato l’aggravante del “metodo mafioso” ancorandola alla ritenuta contiguità di Simoncini alla ’ndrangheta e al fatto che si tratta di soggetto – direttamente o indirettamente – coinvolto nella faida: “La partecipazione di Simoncini all’omicidio, soggetto apparentemente estraneo al contesto milanese e lombardo, con un ruolo di primo piano sia nella fase preparatoria che in quella di esecuzione materiale, assume pertanto un preciso significato che evoca il contesto “mafioso” nel quale è avvenuta l’uccisione di Vittorio Boiocchi”.

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