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Una persona è stata arrestata dagli agenti della squadra mobile di Catanzaro nell’ambito delle indagini sul duplice omicidio, avvenuto nell’aprile 2002 a Gerocarne, nel vibonese, di cui furono vittime i fratelli Loielo. Alla persona arrestata, della quale non sono state ancora rese note le generalità, è stata notificata una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale di Catanzaro. I fratelli Loielo si recarono ad un appuntamento in una strada interpoderale di Gerocarne ma furono uccisi con numerosi colpi di fucile. In manette è finito Emanuele Bruno di 39 anni, ritenuto il mandante e uno degli esecutori del duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo.

Secondo le indagini voleva scalzare i capi indiscussi della zona, con cui aveva iniziato la sua carriera criminale. A Bruno, detenuto per altri motivi, è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Catanzaro, che ha fatto proprie le indagini condotte dalla squadra Mobile di Catanzaro guidata da Rodolfo Ruperti. I due fratelli, considerati i boss indiscussi della zona compresa tra Gerocarne e Soriano, furono uccisi in una strada interpoderale mentre erano ancora nella loro auto, crivellata di colpi di fucile fino a sfigurare entrambe le vittime.

Le indagini permisero di raccogliere elementi utili; infatti, nella zona dell’agguato furono rinvenuti alcuni telefoni cellulari con delle sim card e una pistola, alle quali si sono aggiunte delle intercettazioni in carcere tra i congiunti delle vittime. Così, tassello dopo tassello, è stato possibile ricostruire le dinamiche dell’agguato che, all’epoca dei fatti, destò molta preoccupazione dal momento che erano stati uccisi due personaggi ritenuti di alto spessore criminale. Bruno, secondo le attività della polizia che lo hanno portato in carcere, avrebbe agito per diventare il capo della zona, facendo fuori i due fratelli Loielo che lo avevano «lanciato» nell’ambiente criminale.

«Aveva mire espansionistiche – ha detto Ruperti che all’epoca del duplice omicidio era capo della Mobile Vibonese – e non amava stare agli ordini di qualcuno. A trent’anni aveva già dimostrato di voler essere un capo e di averne il carisma, al punto da avere una propria leadership e un gruppo autonomo». Bruno, hanno riferito gli inquirenti, era detenuto perchè sospettato di avere compiuto due omicidi del Cosentino, per conto della cosca Forastefano, ma anche per avere avviato un traffico di droga tra la provincia di Vibo Valentia e la Puglia. «Nel periodo dopo il duplice omicidio – ha aggiunto il capo della Mobile – abbiamo ritrovato armi di notevole spessore, dai kalashnikov alle bombe, ritenute di Bruno, il quale si stava preparando per contrastare una eventuale reazione e prendere il predominio».

Le indagini hanno anche permesso di stabilire che sarebbero stati almeno due i killer che uccisero i fratelli Loielo, per questo le attività proseguono per identificare i complici di Bruno. Oltre ai tasselli investigativi messi insieme con consulenze e perizie, la squadra Mobile ha potuto utilizzare anche le dichiarazioni di tre pentiti: Enzo Taverniti, il cugino delle vittime, Francesco Loielo, e il nuovo collaboratore Rocco Oppedisano. In questo contesto, il capo della Mobile ha anche ricordato l’omicidio di Placido Scaramuzzino che, secondo le indagini, sarebbe stato compiuto dai Loielo solo perchè ritenevano l’uomo vicino alla cosca rivale dei Maiolo.

«In quegli anni – ha concluso Ruperti – c’è stato un conflitto di mafia per il controllo del territorio e la morte dei due capi bastone del luogo era una dato significativo, considerato anche lo spessore criminale che aveva acquisito Bruno, capace di avere contatti con la criminalità del Cosentino e della Puglia».

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